Il racconto di viaggio di Enrico Gianoli dalla spedizione SOS Arctic 2024, del 28 maggio 2024. Osservatorio Artico è Media Partner ufficiale della spedizione.
N 71° 7′ 12.792″, W 45° 47′ 1.626″, Altitudine: 2457,52m. Qui la nostra posizione esatta!
Guidare la nostra barca a vela sul ghiaccio, come già accennato in precedenza, è un gioco di squadra. Il pilota, ruolo ricoperto a turno da ognuno di noi, è sempre affiancato da un co-pilota. Quest’ultimo, con il GPS alla mano, deve essere pronto a “cantare” la direzione (il rumbo, per dirlo alla spagnola): “356..359..004”, e la velocità: “10km/h…15 km/h”.
In questo modo il pilota è in grado di correggere la navigazione. Se si va troppo veloci, il team che sta riposando in tenda non riuscirà né a dormire né a mangiare. Mentre uno sbaglio anche di pochi gradi, se protratto troppo a lungo, potrebbe compromettere l’intera spedizione.
Arrivando ieri alla latitudine di Ilulissat, ad esempio, siamo dovuti stare attenti a mantenerci ben lontani dalla costa. I crepacci di quella zona, infatti, si estendono fino a un centinaio di chilometri verso l’interno: un’area assolutamente da evitare.
Guidare una slitta di tali dimensioni – quasi 20 metri di lunghezza per 3000 kg di peso complessivo – con il semplice uso di quello che di fatto è un grande aquilone, ha qualcosa di fiabesco. Ci sono però tecniche precise da seguire per andare avanti. I kites, di varie dimensioni per adattarsi alle diverse intensità del vento, vanno dai 3 metri quadrati fino a una mastodontica dimensione di 150 metri quadri.
Scelto il kite più adatto, questo viene collegato al Windsled tramite delle corde di 250 metri. Il volante della nostra slitta, invece, consiste in due semplici manopole collegate alle corde del kite. Tramite una puleggia si può tirare la vela da una parte o dall’altra e, in tal modo, direzionarla.
A seconda delle correnti del vento si eseguono dei semplici ma precisi patterns che permettono di sfruttare la forza eolica adattandosi alle correnti presenti: Otto verticali, otto orizzontali o, se si è abbastanza fortunati e il kite sufficientemente grande, si può fissare la vela in un punto preciso del cielo e mantenerla semplicemente in posizione.
Il tempismo è tutto però: se si tarda anche di un solo secondo nel tirare il kite quando si dovrebbe, la spaventosa forza del vento lo porta a fare delle involuzioni su sé stesso che, se non corrette immediatamente, spesso a quattro braccia con il co-pilota, rendono la navigazione irrecuperabile.
Pertanto, bisogna essere profondamente concentrati sulla vela. Una pratica che, a lungo andare, diventa quasi meditativa, costringendo a riporre tutti i propri pensieri unicamente su quel triangolo nel cielo che ti vola di fronte: “Lo zen e l’arte della navigazione del Windsled“, commentavamo l’altro giorno descrivendo il processo di guida, in cui una breve distrazione può comportare la caduta del kite e una lunga pausa forzata.
In questo momento, la squadra si sta prendendo il riposo che si merita, ma questa notte isseremo di nuovo la vela. Fortunatamente abbiamo superato la pericolosa zona di Ilulissat e imboccato quella che ormai è stata denominata “l’autostrada del vento“.
Ogni giorno si presenta a noi un perfetto vento del Sud con intensità media tra i 20 e i 30 km/h. Improvvisamente, l’enorme Groenlandia è diventata piccola! In un paio di giorni, se tutto va secondo i piani, raggiungeremo il punto finale della spedizione, a circa 100 km dalla costa di Upernavik.
Enrico Gianoli
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