Per approfondire il nostro studio sulla società e la cultura della Russia artica, abbiamo scelto di parlare direttamente con un nativo di una delle cittadine più estreme del mondo, Norilsk.
La città è situata in Siberia sopra il Circolo Polare Artico. Porta d’accesso alla penisola del Tajmyr, Noril’sk posa su uno dei territori più ricchi di terre rare dell’intero pianeta. La città si è resa tristemente nota per il record di inquinamento dovuto principalmente alle industrie e alle miniere che ne costellano il territorio.
Si configura infatti come il principale produttore a livello mondiale di palladio (39%) e di nichel (14%) per la produzione di smartphone e apparecchi elettronici. Come si può immaginare, il settore metallurgico dà lavoro alla maggior parte dei suoi abitanti.
Questi dati sono stati trattati da molte fonti autorevoli, e non è il nostro compito quello di aprire un ulteriore dossier a riguardo: ci interessa quello che le riviste scientifiche non dicono, ovvero cosa significa vivere in queste condizioni climatiche e sociali, e come la gente si è adattata per condurre una vita “normale” in questo angolo di mondo.
Se pensiamo agli ultimi mesi trascorsi in regime di lockdown, riusciamo ad avvicinarci alle condizioni di vita in questa cittadina della Siberia. Il vero nemico qui è il freddo: indiscreto, pungente, assoluto, che per diversi mesi tiene le persone all’interno. Infatti, le temperature in inverno possono arrivare anche a – 50°C.
Un’altra condizione a cui devono stare gli abitanti della cittadina sono le difficoltà di collegamento con il resto della Russia. Non esistono strade che portino a Noril’sk dalla “terraferma” (così i suoi cittadini si riferiscono al resto del Paese), ma l’insediamento è raggiungibile soltanto in aereo o in traghetto sul fiume Yenisej, durante i pochi mesi all’anno in cui non è ghiacciato.
Con questa intervista cercheremo di conoscere dall’interno una delle città più inumane concepite per l’insediamento di una comunità: a rispondere alle nostre domande sarà Ivan, nato a Noril’sk nel 1994, e che ha poi passato gran parte della sua vita in Italia.
Per essere nato in una delle città più sperdute del pianeta, il tuo percorso è molto particolare: quanto tempo hai vissuto a Noril’sk e quando?
Sono nato a Norilsk nel 1994 e ci ho vissuto fino all’età di 6 anni, poi mi sono trasferito in Italia con mia madre. Qui ho fatto tutte le scuole e ho iniziato a lavorare. Nel 2013 per esigenze familiari sono tornato a Noril’sk e ci sono rimasto fino al 2016, finché non ho deciso di trasferirmi a San Pietroburgo, dove vivo attualmente.
Essendo nato in questa città sei una delle poche persone che vi si possono recare in qualsiasi momento, non è vero?
Innanzitutto, non direi che sono una delle poche persone che può farlo ora come ora: non sono più così severi come quando era una città chiusa in epoca sovietica, però per entrare bisogna poter dimostrare di essere stati invitati da qualcuno e quella persona deve dare garanzia di prendersi cura di te.
Senza questa condizione, l’amministrazione della città non permette l’ingresso, né a cittadini stranieri né ai connazionali. Personalmente, non mi è mai capitato di dover invitare nessuno: non è proprio una città che si vorrebbe far vedere ad amici di altre parti del mondo…
Quali sono stati gli aspetti della vita quotidiana più difficili per te?
Il clima è la cosa peggiore della vita in quella città, anche più dell’inquinamento. Non ci sono stagioni, l’inverno dura sei mesi, l’autunno cinque e l’estate è più o meno di un mese. Fa sempre freddo, il vento “porta via anche i tetti” [modo di dire russo, NdA]. Il buio è una costante ed è sconfortante non vedere mai la luce del sole. L’unica cosa che mi ha regalato la notte polare sono state una decina di aurore boreali: uno spettacolo fantastico.
Quali sono i servizi di utilizzo quotidiano meno efficienti nella città?
Internet funziona molto male, è lentissimo e costa veramente tanto, sia per computer che per cellulari. Anche il cibo è molto costoso, soprattutto frutta e verdura. A Noril’sk non cresce nulla, perciò gli alimenti vengono importati in aereo, quindi nel prezzo del prodotto è inclusa una grossa percentuale di spese di spedizione.
Com’è la situazione lavorativa in città?
Il lavoro c’è sempre, soprattutto in fabbrica ma anche nei servizi: banche, supermercati, trasporto pubblico. Di solito i mariti lavorano in fabbrica e le mogli si trovano un posto come cassiere al supermercato… Gli anziani sono affezionati alla città e non se ne vanno, ma i giovani si guardano intorno e cercano opportunità migliori.
A livello di stipendi, qual è il vantaggio di vivere a Noril’sk?
Rispetto ad alcune decine di anni fa non è più così conveniente vivere qui in rapporto alla qualità della vita. Il rublo lungo [stipendi molto alti in relazione a pochi anni di lavoro, NdA] è finito con il crollo dell’Unione Sovietica, e ora gli unici che vengono pagati di più sono gli operai impiegati in miniera o in fabbrica.
Se lavori in un altro settore lo stipendio è uguale a una città russa medio-grande (per esempio, qui a San Pietroburgo guadagno di più) ma le condizioni di vita sono nettamente inferiori. Gli stipendi dipendono da un sacco di fattori: se sei nato a Noril’sk o se sei immigrato, da quanti anni lavori… Il motivo principale per cui la gente lavora in fabbrica o in miniera è il fatto che godono della pensione anticipata: è questo che li attira più di tutto.
E poi, una volta in pensione, si trasferiscono a godersi la vita altrove?
In molti si trasferiscono, ma molti altri restano: c’è tanta gente che ama questo posto orrendo, soprattutto chi è nato qui o ci vive da tanto tempo. È difficile da capire, soprattutto per chi ha visto altri posti e si rende conto della differenza.
La presenza delle fabbriche quanto influenza la qualità della vita? Che atteggiamento ha la gente nei confronti dei possibili danni alla salute?
Dipende dal modo in cui si guarda la situazione: le fabbriche garantiscono il lavoro, questo è il punto principale. Noril’sk è una delle città più inquinate, di conseguenza per quanto riguarda la salute non è il posto migliore per vivere. Nei momenti in cui c’è poca gente in giro (di solito in ore lavorative o di notte) le fabbriche rilasciano i gas tossici che accumulano durante la produzione.
L’aria diventa blu e fa bruciare occhi e naso, danneggia i polmoni. Spesso ci sono piogge di colori strani. La gente è abbastanza indifferente: sono abituati e comunque sanno di non poter fare nulla per cambiare la situazione.
Cosa pensi dell’incidente della scorsa primavera [collasso ed esplosione di una cisterna di petrolio dovuta allo scioglimento del permafrost su cui poggiava e dispersione nell’ambiente dello stesso, NdA]? C’è stata preoccupazione fra i cittadini per il futuro dell’ambiente, delle loro case, della loro città?
Il petrolio si è disperso in mare e in un lago che è stato dichiarato morto. La gente non può farci niente, quando succedono queste cose: protestare contro questi eventi sarebbe come protestare contro le fabbriche, quello che dà il lavoro. Non ha molto senso per delle persone che vivono lì solo per quello. La società ha dichiarato che si è trattato di un incidente e si spera che non si ripeta.
Cosa ti sorprende di più della vita a Noril’sk?
La cosa più sorprendente del modo in cui la gente vive in questa città è che ci siano persone che dichiarano di amarla, rifiutano di trasferirsi e addirittura la descrivono come bella. Noril’sk è una città-emergenza fin dalla sua fondazione, quando i deportati dei gulag fondarono il campo di Norillag.
Oggi i problemi incombenti sono il cambiamento climatico, che minaccia le strutture del centro abitato, e (come abbiamo visto) l’ambiente circostante, l’inquinamento smodato e i suoi effetti sulla salute delle persone. Qui il pensionamento anticipato è compensato da un’aspettativa di vita inferiore di 10 anni rispetto ad altre zone della Russia e l’incidenza di tumori è doppia rispetto al resto del territorio nazionale.
Il clima artico fa da cornice a questa situazione congelando e mettendo a tacere molte di queste problematiche a livello di opinione pubblica. In condizioni climatiche estreme e di totale isolamento, sembra che la gente sia talmente sfinita dalla lotta contro l’ambiente da non riuscire a pensare al proprio futuro o anche solo a migliorare il presente. In una certa misura, ciò dimostra la straordinaria capacità di adattamento dell’uomo a qualsiasi condizione meteorologica, fisica, psicologica, economica, sociale e sanitaria.
In questa condizione di adattamento, l’uomo costruisce una società fondata su valori diversi da quelli che conosciamo: è mosso da tale resilienza nei confronti delle sfide quotidiane da rassegnarsi a una città che crolla sotto i suoi piedi e lo distrugge dall’interno.
Per approfondire la vita a Noril’sk:
Corinna Ramognino
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