Danimarca

La via per l’indipendenza di Nuuk

Il nuovo governo in Groenlandia potrebbe dare una accelerata all’indipendenza dell’Isola, ma la coalizione deve riuscire ad individuare una nuova strada comune. 

Cambio di scenario in Groenlandia

Il 6 aprile scorso la Groenlandia è andata alle urne, portando lo storico partito di opposizione – l’Inuit Ataqatigiit – alla vittoria con il 37% dei voti, ottenendo così 12 dei 31 seggi del parlamento, non sufficienti però per governare. Così, dopo alcuni giorni di consultazioni, l’IA ha annunciato una nuova coalizione di governo formata grazie all’appoggio del partito Naleraq – partito nato da una costola del Siumut contraria alle estrazioni minerarie – il quale è storicamente un forte sostenitore dell’indipendenza dell’isola. 

Grazie al Naleraq, la coalizione ora controlla sedici seggi più due. Questi ultimi appartengono al partito Atassut, che si è dichiarato pronto a sostenere le decisioni del governo in parlamento. Ma proprio da questa coalizione potrebbe derivare la sfida più importante per il nuovo leader, che dovrà appunto soddisfare la forte volontà separatista degli alleati senza sacrificare la propria inclinazione: andarci piano con Copenaghen

Un passo alla volta

In realtà, anche il nuovo leader di governo è orientato verso l’indipendenza dell’isola, ma le idee del partito sono molto più pragmatiche e meno risolutive rispetto a quelle degli alleati. L’attenzione di IA all’inizio si concentrerà, probabilmente, soprattutto su questioni interne – come la riforma fiscale per combattere i problemi sociali nell’isola e riforme riguardanti la tutela dell’ambiente, cavallo di battaglia durante la campagna elettorale. 

Fonte: Groenlandia.it

L’intenzione sarebbe quella di avviarsi verso un affrancamento dalla Danimarca molto graduale, a passi lenti, cooperando strettamente con il Regno. Fondamentalmente, nessuna personalità interna al partito vuole tagliare di netto i rapporti con Copenhagen, sostenendo che la cooperazione debba continuare per un certo periodo anche dopo l’indipendenza, ma a condizioni più eguali e con la partecipazione della Groenlandia come stato indipendente. 

A tal proposito, la questione più importante che il governo dovrà affrontare sembra essere il come riuscire a rinunciare al sussidio di 520 milioni di euro che Copenaghen versa annualmente alla Groenlandia, senza mettere mani, o quasi, alle riserve minerarie del Paese, ritenute indispensabili a tale scopo dal precedente governo. 

Le carte sul tavolo

Inuit Ataqatigiit vuole riuscire a guadagnare tempo per trovare un modello economico alternativo al precedente, per rendere ugualmente possibile l’indipendenza. Le elezioni hanno infatti dimostrato il generalizzato rifiuto del modello estrattivo su tutto il territorio.

Il rischio di vedere il Sud della Groenlandia devastato dallo sfruttamento è diventato concreto. Soprattutto a seguito di uno scandalo nato in a causa alla valutazione sull’impatto ambientale della miniera di Kvanenfjeld, presentato dalla Greenland Minerals. L’azienda infatti non si è preoccupata di tradurre in groenlandese i documenti presentati, nonostante l’obbligo presente per legge, e questo ha generato indignazione e preoccupazione tra la popolazione che si è sentita, inoltre, umiliata e offesa.

Con il nuovo governo è già chiaro che il modello di sviluppo ipotizzato negli ultimi anni ha cessato di essere la strada da seguire. All’orizzonte se ne stanno aprendo molte altre. Innanzitutto, potrebbe non esserci una vera e propria rinuncia all’attività estrattiva, perché il governo potrebbe decidere di mantenere attive solo le miniere meno inquinanti

La Groenlandia si sta già impegnando per incrementare le strutture ricettive di alto livello, così da incentivare un turismo più responsabile e all’insegna del rispetto dell’ambiente, escludendo il turismo di massa. Tra le altre opzioni di sviluppo industriale potrebbero esserci oltre all’estrazione di sabbia, zinco e rame, l’installazione di centri dati che fanno gola ai giganti dell’elettricità, ma anche lo sviluppo di nuove tecniche di pesca, come l’acquacultura alla norvegese che andrebbe a ridurre l’impatto sull’ecosistema acquatico. Però poche di queste opzioni sono attuabili nell’immediato.

Opposizione all’indipendenza

Altra problematica potrebbe sorgere a causa dell’opposizione di alcuni partiti all’indipendenza. I membri del Naleraq, infatti, si dicono sfavorevoli per diverse ragioni. La principale argomentazione sostenuta a riguardo sembra essere la possibilità di vedere crollare l’economia groenlandese, dopo l’inevitabile stop della sovvenzione annuale della Danimarca. 

Gli oppositori sostengono che i soli 56 mila abitanti della Groenlandia non saranno mai abbastanza per riuscire a gestire una nazione. In più, sostengono che a seguito dell’indipendenza la Groenlandia non potrà più difendersi, dipendendo ora dal sistema difensivo danese, che è prerogativa di Copenhagen. Questa situazione lascerebbe l’isola con un vuoto di potere di cui potrebbero approfittarne gli Stati Uniti, che già in passato hanno dimostrato l’interesse verso il territorio, facendo passare così la Groenlandia da una dipendenza all’altra.

Queste però sono obiezioni comuni, alle quali i partiti al governo hanno già le adeguate risposte e soluzioni. Prima di tutto, prevedono che la Danimarca continuerà ad assistere la Groenlandia per almeno 30 anni dopo l’indipendenza. Sia per mantenere il legame storico tra i due territori, sia perché Copenaghen, e l’Europa stessa, non abbandonerebbero mai del tutto l’influenza sul territorio, ritenuto troppo importante dal punto di vista strategico.

Di conseguenza – anche per quando riguarda la difesa del Paese – la Danimarca dovrebbe garantirla per ancora per qualche anno, per venire poi sostituita dalla difesa della NATO che garantirà una sicura deterrenza da qualsiasi minaccia russa. Il risultato elettorale del 6 aprile ha segnato sicuramente una svolta. Ma quanto sarà marcata? I primi, veri, segnali di cambiamento attendono all’orizzonte.

Giulia Sacchi

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Giulia Sacchi

Mi sono laureata in Scienze Internazionali ed Istituzioni Europee presso l'università statale di Milano, dove tutt'ora sto continuando con la magistrale in Scienze Politiche e di Governo. Ed è proprio grazie ai miei studi che mi sono appassionata a tutto ciò che è Artico.

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