Valentina Tamborra racconta i Sami e svela l’anima nera dell’Artico: quando la transizione ecologica diventa esclusione e greenwashing.
Valentina Tamborra, vivere tra i Sami
Tra gli ospiti di quest’anno della quarta edizione di Italia Chiama Artico, il festival annuale di Osservatorio Artico, era presente anche Valentina Tamborra, fotoreporter e giornalista che ha lavorato per 4 anni con e per il popolo Sami, nel territorio del Sapmi norvegese, fotografando e raccontando la cultura e le tradizioni di questo popolo nomade della tundra artica.
Sapmi e non Lapponia, come siamo abituati ormai a leggere e sentire anche nelle comunicazioni ufficiali, contribuendo inconsciamente al continuo perpetrare un linguaggio razzista tipicamente coloniale. Se interessati a saperne di più su questo argomento, consigliamo questo articolo dell’attivista Sami Petra Laiti.

Ma Valentina ha anche fatto altro: ha cercato di fare luce sulle difficoltà di questo popolo nel far sentire la propria voce all’interno del quadro del mondo attuale, della transizione tecnologica e, soprattutto, dell’impatto delle cosiddette “politiche green” sulla loro esistenza.
Pensando ai Paesi nordici, siamo subito portati ad associarli ai Paesi “green” per eccellenza. Tuttavia – e forse proprio in virtù di questa nomea – questi Paesi, e in particolare la Norvegia, riescono a nascondere aspetti molto poco “green” delle loro politiche (soprattutto) economiche.
Non è tutto “verde” quel che luccica
La parola che viene associata a questa pratica è il cosiddetto “greenwashing” che, come ci dice Valentina, sta ad indicare “il nascondersi dietro a manovre in virtù dell’aiuto dell’ambiente senza però valutare tutti gli attori in campo e quindi i danni collaterali che vai a fare ad altre realtà.” Questa pratica è purtroppo molto comune quando si parla di popolazioni native, e i Sami dell’Artico sono solo una delle popolazioni indigene che subiscono i danni collaterali dei retaggi coloniali delle potenze di cui abitano – da molto prima della creazione degli stati nazionali con cui siamo oggi familiari – i territori.
Basti pensare al caso della miniera di Kiruna, in Svezia, dove quando è stato scoperto un giacimento non indifferente – per usare un eufemismo – di Terre Rare, l’intera città è stata rilocalizzata a pochi chilometri di distanza. Oppure ancora, le coste del Repparfjord, dove è stato scoperto il più grande giacimento di rame incontaminato della Norvegia.
Fra tradizione e modernità
Cos’hanno in comune questi due luoghi? Sono entrambi territori che fanno parte del Sapmi, il territorio tradizionale della popolazione indigena nomade dei Sami. Ma il settore minerario non è l’unico settore che ha un impatto diretto sulla vita di questo popolo: anche quello dell’energia rinnovabile, e in particolare delle pale eoliche, che vengono posizionate all’interno di territori tradizionalmente adibiti alla pastorizia delle renne.
“I Sami non sono contrari all’energia pulita” – racconta Valentina, che con i pastori nomadi Sami ha avuto modo di avere un confronto diretto e di vedere con i propri occhi la realtà che vivono e come questa è cambiata anche solo nell’arco di 4 anni. Un esempio: la prima volta che si è recata con loro nella tundra ha osservato renne vivere libere e temere l’uomo, durante il quarto viaggio molti pastori si erano risolti a realizzare un allevamento semi-nomadico, tenendo le renne recintate e più vicine alle abitazioni.

“I Sami non sono contrari alle pale eoliche, alla tecnologia, che infatti utilizzando – basti pensare che ad oggi la transumanza si svolge con motoslitte, quad e elicotteri – ma semplicemente chiedono di essere ascoltati, e di non mettere pale eoliche sui terreni di transumanza, di valutare cosa significa realizzare una miniera, di quali terreni si vanno a distruggere e di come questo possa impattare sull’ambiente. I Sami hanno abbracciato la modernità, ne utilizzano loro stessi le tecnologie, ma semplicemente chiedono che ci sia un giusto equilibrio tra le parti, cosa che in questo momento pare evidente non esserci”.
Il problema dell’eolico
Il problema della presenza di queste pale sui territori di movimento delle renne è serio, poiché questi animali si spaventano, non riescono più a percorrere i loro percorsi abituali, e non riuscendo più a trovare il cibo muoiono di fame. Tra le persone più vocali su questo problema c’è Aili Keskitalo, ex presidente del parlamento sami di Norvegia, che oggi è ad Amnesty International per difendere i diritti dei nativi.
E Aili Keskitalo ci dice: “senza il nostro ambiente, senza le nostre terre, senza la nostra acqua non abbiamo più motivo di restare qui, non abbiamo più motivo di esistere”. Già nel 2023 erano nate proteste pacifiche in Norvegia, alle quali avevano preso parte attivisti come Greta Thunberg, per condannare la continua operatività del parco eolico di Fosen, nonostante il giudizio a favore dei Sami della Corte Suprema Norvegese.

“Il fatto che bisogni ricordarsi che la natura va rispettata sembra un discorso banale” – racconta Valentina – “ma non lo è affatto. Per esempio, durante il Sami Grand Prix del 2022, un talent musicale simile al nostro X-Factor, a vincere la sezione dedicata agli yoik (canti tradizionali della cultura Sami) è stato un pastore svedese, con un pezzo dedicato alle sue renne e alle pale eoliche. Io ho visto celebrare delle messe dedicate alle renne, per la paura delle sorti di questi animali. Quindi è qualcosa che tocca i Sami a tutti i livelli, persino quello spirituale, essendo loro effettivamente un tutt’uno con la natura, legati ad essa da tutti i punti di vista.”.
Logiche colonialiste
E quindi che cos’è il greenwashing in relazione ai Sami?
Secondo Valentina, è proprio questo: “Il vantarsi di un’identità che ha la Norvegia in relazione al fatto che sono un Paese dedito alla salvaguardia dell’ambiente dimenticandosi di raccontare che sul loro suolo vive l’urfolk, che per loro significa “popolo antico”. Se quindi definisci i Sami un popolo antico, allora significa che stai riconoscendo in qualche modo il fatto che loro erano lì prima di te o comunque da molto tempo. E quindi questo come ti può dare il diritto a non ascoltarli?”


Di queste problematiche che continuano ancora oggi Valentina Tamborra ha raccontato nel suo libro “I Nascosti”, edito da Minimum Fax, un reportage narrativo e fotografico che racconta dei Sami, tra tradizione e modernità, e dei quali si fa portavoce. Perché, come racconta Valentina, solo in anni recenti (1997) il re di Norvegia Harald V ha riconosciuto che lo stato norvegese è stato fondato sul territorio di due popoli nativi, e ha espresso rammarico per le politiche di “norvegesizzazione” che sin dal 1800 hanno tentato di cancellare la cultura indigena di questi territori nel nome del nazionalismo, definendole un’ingiustizia.
“Oggi la green economy e il greenwashing rischiano ancora una volta di cancellarli, soltanto che adesso questo processo avviene in una maniera più furba, mascherata. Da un lato non dico più che considero queste popolazioni un popolo inferiore, parlo anzi dei loro diritti come nativi, ma dall’altra parte continuo a violarli” – ha continuato Valentina. “Per queste persone, il poter vivere nel proprio modo e con le proprie regole è una questione di sopravvivenza. Oggi il loro nemico principale è sicuramente il cambiamento climatico, ma anche questa green economy che non tiene conto dei loro diritti e delle loro necessità”. E ci lascia con una domanda che vuole essere una provocazione e portarci a riflettere: “Nel nome del benessere di molti possiamo sacrificare i pochi? E soprattutto, chi decide chi è sacrificabile?”.

Chi è Valentina Tamborra
Valentina Tamborra è fotografa e giornalista. Si occupa principalmente di reportage e ritratto e nel suo lavoro unisce scrittura e immagine. Collabora con alcune fra le principali ONG ed Enti Nazionali ed Internazionali come AMREF, Medici Senza Frontiere, Albero della vita, Emergenza Sorrisi e Croce Rossa Italiana. I suoi progetti sono stati oggetto di mostre a Milano, Venezia, Roma e Napoli.
Numerose le pubblicazioni sui principali media nazionali, e ha partecipato come ospite a diverse interviste radiofoniche e televisive.
È docente di fotografia presso Istituto Italiano di Fotografia, a Milano. Ha realizzato e realizza workshop e speech in alcuni fra i più prestigiosi istituti italiani quali Naba (Nuova Accademia di Belle Arti, Milano) e IED (Istituto Europeo Di Design). Nel 2024 ha pubblicato con minimum fax il volume fotografico e narrativo “I Nascosti” in doppia edizione italiana e inglese.
Di seguito alcuni consigli per approfondire la cultura Sami, attraverso le voci dei Sami stessi:
- “La ragazza delle renne”, libro di Ann-Helén Laestadius, scrittrice e giornalista di origine sami. Edito da Marsilio (2024). Da questo libro è stato tratto un film di successo per Netflix.
- “Sami blood”, film del 2016 scritto e diretto da Amanda Kernell (disponibile su Prime Video)
- “L’ultimo lappone”, libro di Olivier Truc, edito da Marsilio (2020)
- “Vita del Lappone”, libro di Johan Turi, edito da Adelphi (2023)
Giulia Prior