Una via della seta “polare” per la cina

Tòrshavn – Nel 1992 Francis Fukuyama mandava in stampa il suo celebre libro “La fine della storia”, un testo conosciuto e dibattuto in cui si ipotizzava che si fosse raggiunto l’apice massimo della democratizzazione e del ruolo umano. Sappiamo che la storia ci racconta un’altra versione, e potremmo essere all’inizio di una fase ulteriore. A Tórshavn, la capitale delle Isole Faroe, si discute del futuro dell’Artico e del Polo Nord. [articolo pubblicato sull’Avvisatore Marittimo]

Un incontro internazionale, il settimo organizzato dall’Arctic Circle Assembly, che tra martedì 8 e mercoledì 9 si propone di analizzare il livello di cooperazione fra gli Stati costieri. La regione artica è uno dei punti cruciali del futuro del pianeta, per svariati motivi. Le enormi riserve di gas naturale, petrolio e terre rare sono in cima alla lista di Stati Uniti, Russia, Danimarca, Canada e Norvegia, gli unici Paesi che possano vantare la sovranità su queste porzioni di ghiaccio e terra. Lo scioglimento dei ghiacci è ormai una realtà, e i trend raccolti da tutti gli organismi scientifici globali raccontano che nell’arco di pochi lustri ci saranno stagioni in cui il ghiaccio sarà completamente assente. Una tragedia a livello ambientale, che però regala ampie opportunità a tutti gli attori internazionali. Il summit vede presenti decine di Stati nazionali e organizzazioni internazionali, e nonostante le dichiarazioni di estrema collaborazione, le diplomazie si muovono da anni per competere nell’area. L’ospite più atteso e “scomodo” non può che essere la Cina.

Nel 2013 Pechino raggiunge lo status di “Osservatore” all’interno dell’Arctic Council, uno degli organismi internazionali che si prefiggono l’obiettivo di una cooperazione sostanziale nella regione. E da allora sono stati fatti grandi passi avanti. Il lancio della Belt and Road Initiative – il nuovo nome del grande progetto One Belt One Road – comprende anche questa regione, sotto molti punti di vista. In attesa che i ghiacci permettano un passaggio a Nord Est stagionale continuo, la Cina ha già iniziato a muoversi nei Paesi del Nord Europa attraverso una politica chiara e semplice: investimenti. «Il nostro punto di vista è semplice», afferma Gao Feng, Rappresentante Speciale per gli Affari Artici cinese. «Come in ogni altra parte del mondo, ci muoviamo per rendere possibili investimenti in infrastrutture e in sviluppo commerciale. Ma qualsiasi accordo facciamo, sarà sempre all’interno di una cornice di legalità». Ma Pechino è un ospite molto scomodo in questa zona del mondo. La Groenlandia e le Isole Far Oer fanno parte del Regno di Danimarca, ma da qui Copenhagen è lontana e mal sopportata. E quando la Cina ha proposto un accordo con la Groenlandia da 600 milioni di euro per la costruzione di un aeroporto commerciale, sono giunti gli stop da parte della capitale danese e di Washington. La partita a scacchi che si gioca in quest’area comprende quasi tutti gli aspetti. Dal commercio all’energia, dagli investimenti in infrastrutture alle questioni militari. Ma non solo.

Fra i Paesi partecipanti al summit, spicca una piccola porzione dell’Unione Europea che desidera ardentemente raggiungere lo status di “Paese artico”, pur non essendolo: la Scozia. «La nostra strategia», racconta alla platea Alasdair Allan, Ministro per lo Sviluppo Internazionale del governo scozzese, «è di diventare rilevanti all’interno di questa zona. Condividiamo costumi, cultura e storia con le nazioni scandinave, e guardiamo a nuove opportunità». Una partita non semplice, affermarsi all’interno di un club dove gli interessi sono così ampi, ma Edimburgo sta investendo molto in questa direzione. Mentre si assiste alle difficili contrattazioni fra Londra e Bruxelles per gestire la Brexit, la Scozia non fa mistero che legarsi a opportunità economiche e politiche diverse potrebbe essere una chiave di volta interessante. Per questo la Primo Ministro Nicola Sturgeon aveva organizzato a Glasgow uno dei forum preparativi dell’Arctic Circle, lo scorso dicembre. E per questo «è sempre più necessaria una cooperazione forte, anche per contrastare i cambiamenti climatici che già affliggono i nostri Paesi», secondo Allan.

Leonardo Parigi

 

Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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