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C’era una volta il tunnel Helsinki-Tallinn

Nuove energie per il progetto sottomarino

Il collegamento via mare tra Helsinki e Tallinn torna all’ordine del giorno in Estonia. Tra luci e ombre.

Il tunnel ferroviario sottomarino più lungo del mondo

Talsinki. Questo il nome colloquiale del traforo subacqueo che dovrebbe collegare Helsinki in Finlandia a Tallinn in Estonia. È il progetto FinEst Link, un’opera in grado di rivoluzionare le rotte logistiche e gli spostamenti non solo tra i due Paesi, ma in tutto il Nord-Est dell’Europa.

Risale a Gennaio 2016 la sottoscrizione di un apposito memorandum di cooperazione tra il ministro dell’economia estone Kristen Michal, quello dei trasporti finlandese Anna Berner, i sindaci di Tallinn ed Helsinki, Taavi Aas e Pekka Sauri, il governatore della contea estone di Harju, Ulle Rajasalu, e il Presidente della regione di Helsinki-Uusimaa, Ossi Savolainen.

L’impresa potrebbe essere realizzata entro il 2030 e sarebbe parte della Rail Baltica, la ferrovia che collegherà Tallinn a Varsavia entro il 2025 in sole 4 ore e quindici minuti. Una linea veloce da Helsinki fino a Berlino e al cuore del Vecchio Continente.

80 chilometri di strade ferrate, di cui 50 sotto il Mar Baltico. Le due ore di traghetto tra le due città ridotte a mezz’ora di treno. I 60.000 estoni che lavorano a Helsinki avrebbero la possibilità di trasformare il rimpatrio del fine settimana in pendolarismo. Non solo. Facile immaginare che crescerebbe l’interscambio turistico tra le due sponde e che parte del commercio marittimo sarà spostato su rotaia.

È ciò che prevede lo studio di fattibilità del 2018 commissionato dall’European Regional Development Fund, in collaborazione con il Central Baltic Programme: un aumento dei viaggiatori annuali dai 9 milioni attuali ai 23 del 2050 e un beneficio aggregato per la macro area pari all’incremento annuo del PIL del 5%. E i responsi geo-ingegneristici sono confortanti. Tanto che anche Hyperloop si è fatta avanti con una proposta alternativa. Tutto bene, dunque? Non proprio.

Tutte le strade portano a… Helsinki 

Il progetto di collegare le due rive attraverso una galleria sottomarina di circa 100 chilometri ha assunto una certa risonanza grazie agli intenti dell’ambizioso imprenditore finlandese Peter Vesterbacka, fondatore della Finest Bay Area Development  e conosciuto ai più per aver contribuito a sviluppare il videogioco Angry Birds

Il suo nome si lega ora alla realizzazione del tunnel, di cui è un fervente sostenitore, intravvedendovi ritorni economici strategici per la Finlandia. La possibilità di arrivare a Tallinn in circa trenta minuti, infatti, è parte di un disegno mirante a connettere più velocemente i Paesi nordici con il resto d’Europa, come dimostrano anche i piani infrastrutturali della Rail Baltica  e dell’Arctic Railway Line

Con l’obiettivo sin troppo ambizioso di realizzare l’installazione entro il 2024, nel marzo 2019, la Finest Bay Area Development ha siglato un memorandum d’intesa con tre società ingegneristiche cinesi (China Railway International Group, China Railway Engineering Company, China Communications Construction Company) e un gruppo di investimento londinese con capitali cinesi, Touchstone Capital Partners, che ha promesso ben 15 miliardi di euro di finanziamenti in cambio di una quota di minoranza nell’iniziativa. Tuttavia è proprio questo un punto critico per la sua realizzazione per uno dei partner, l’Estonia.

Paletti estoni

Così, al piano pubblico finanziato dall’UE si è affiancato quello mist dell’imprenditore Peter Vesterbacka, attivo, inoltre, nella progettazione di una ferrovia Rovaniemi-Kirkenes, tratto dell’Arctic Railway e della Polar Silk Road cinese, impegno preso all’Arctic Business Forum del 2019.

Il problema per l’Estonia è proprio l’ombra cinese proiettata dietro l’intraprendenza del vulcanico uomo d’affari finnico. Nei rapporti annuali dell’intelligence la parola “Cina” finora compariva sporadicamente e solo in relazione alla Russia e alla Corea del Nord. Negli ultimi tempi, improvvisamente, il vento è cambiato, in parallelo con la crescente attenzione statunitense per l’Artico.

Nel report 2019, il termine “Cina” è citato 36 volte, insieme allo specifico paragrafo “China’s growing influence” (pagg. 59/60). Nel report 2020, i riferimenti sono ben 123 (!) e le pagine dedicate salgono a dieci, di cui una intitolata espressamente “The background of the Tallinn-Helsinki investors”.

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Fonte: China Investment Research

La fama del proprietario della su citata finanziaria Touchstone, Kenny Fuzai Song, viene messa in dubbio e vista come trojan della mano pubblica cinese.

Occhi sulla Cina

Più in  generale, si mette in guardia contro il capitalismo di Stato di Pechino, allertando sul fatto che la catena di comando di molte società apparentemente private afferisca a imprese governative. E inoltre, che cittadini e aziende abbiano l’obbligo di partecipare al Sistema di Credito Sociale e che la legge sulla cybersicurezza, in vigore dal 1° Giugno 2017 richieda agli operatori economici cinesi all’estero di cooperare con l’intelligence nazionale.

Nel dettaglio, gli altri partecipanti al memorandum attenzionato, China Railway International Group, di cui China Railway Engineering Company è una filiale, e China Communications Construction Company, sono partecipati rispettivamente al 61% e al 83% dalla SASAC (State-Owned Assets Supervision & Administration Commission of the State Council), una sorta di IRI cinese, ovviamente dipendente dal Partito Comunista, che in Cina è lo Stato.

Con tale questione si dovrà confrontare il nuovo governo insediatosi questo Gennaio a Tallinn, il quale ha riproposto in agenda sia la Rail Baltica che il tunnel. E la neo premier Kaja Kallas pare la persona adatta allo scopo, essendo “figlia d’arte” di Siim Kallas, in passato Commissario comunitario ai Trasporti (2010-2014), oltre che ex Presidente della Banca d’Estonia (1991-1995) e già capo dell’esecutivo (2002-2003) e ministro in vari governi.

BRI Artica

L’interesse cinese al progetto si collega alla Polar Silk Road, il che ne accresce la pericolosità per Washington. Uno studio del 2017 della banca d’affari londinese Grisons Peak rivela che le aziende cinesi hanno annunciato piani d’impiego in nove porti d’oltremare per 20 miliardi di dollari. Riguardo la rotta artica, si accenna a progetti di costruzione di terminal container a Kirkenes, porto norvegese sul mare di Barents, ad Arkhangelsk, sul Mar bianco della Russia.

Pianificazioni perlopiù “greenfield“, cioè in assenza di infrastrutture preesistenti, dunque da costruire quasi da zero. Non solo porti. Per Arkhangelsk si parla anche di migliaia di chilometri di rotaie verso il nucleo del continente europeo. La fattibilità su Kirkenes è associata ad altre opere costose, come accennato (tratta merci Rovaniemi-Helsinki, tunnel Helsinki-Tallin e ferrovia baltica). Senza contare le difficoltà di fare collimare quadri normativi diversi e le incertezze ambientali (la tratta Kirkenes-Rovaniemi, per esempio, sconta le resistenze di una importante minoranza norvegese e finlandese, il popolo dei Sami).

Un’infrastruttura critica per le relazioni di Bruxelles

L’opportunità di crescita del mercato interno e dell’occupazione che il tunnel offrirebbe attirano l’attenzione dell’UE, rientrando nella politica della rete transeuropea di trasporto (TEN-T) integrante linee e terminali ferroviari, strade, vie navigabili interne, rotte marittime, porti, aeroporti. Ma accettare i finanziamenti cinesi comporterebbe conseguenze geopolitiche di tutto rilievo per Bruxelles. 

Da una parte, la preoccupazione principale delle cancellerie europee è mantenere salde le relazioni con gli USA, ai quali la maggior parte degli Stati membri dell’UE è alleata nella NATO (Finlandia e Svezia, ufficialmente, non ne sono parti in quanto neutrali). La posizione dell’Amministrazione Biden sulla Cina, infatti, non cambia.

È per questo che Bruxelles deve valutare bene la possibilità di un investimento cinese, specialmente in un momento in cui il recente accordo di principio sulla reciproca apertura dei mercati con la Cina (EU-China Comprehensive Agreement on Investment) rischia di divenire un elemento di frizione nei rapporti con gli USA.

Dall’altra parte, il progetto è una strategica occasione per l’Europa per dare un ulteriore colpo ai rigurgiti egemonici russi verso la Finlandia e l’Estonia, che potrebbero essere assorbite ancora di più nella sfera occidentale grazie ad un’opera che taglierebbe fuori ogni possibilità di controllo da parte di Mosca. Insomma, in fondo al tunnel si vedono luci ma anche ombre (cinesi). [Per maggiori dettagli sul progetto a livello tecnico: Report Finale].

Francesca Chierchia e Marco Leone

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