Politica

La fame di Trump verso la Groenlandia

A pochi giorni dal suo prossimo insediamento, il Presidente eletto Donald Trump punta ancora sulla possibilità di acquistare la Groenlandia, facendo drizzare le antenne di Copenhagen e di Nuuk.

Sfatare il tabù

Nelle oltre mille pagine del romanzo di David Foster Wallace, The Infinite Jest, una parte del Canada è stata assorbita dagli Stati Uniti, sia politicamente sia economicamente. Perché culturalmente, il Canada è per molti tratti un’estensione nordica dell’american way of life, in tutto e per tutto. E su questo pare fare leva il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che torna alla Casa Bianca dopo quattro anni.

Le dimissioni del premier canadese Justin Trudeau, al potere a Ottawa da quasi quindici anni, sono state l’occasione perfetta per Trump per evocare una possibile annessione dell’intero territorio canadese agli Stati Uniti. Un’idea folle, una boutade, o una reale possibilità futura?

Il ritorno di Trump è in grande stile, e non potrebbe essere altrimenti. Dopo essere scampato per un soffio all’attentato della scorsa estate, e aver superato Kamala Harris nella corsa presidenziale, Trump ha già inanellato una lunga serie di oscure o eccitanti premesse alla sua prossima amministrazione, a seconda dei punti di vista.

L’anomalia della Groenlandia

Un’isola colossale, slabbrata dalla carta di Mercatore (la sua estensione è sì enorme, ma ben minore rispetto a ciò che siamo soliti osservare su una qualsiasi carta), di cui sappiamo ancora poco o niente. In primis, perché non siamo neanche certi che la Groenlandia sia effettivamente un’isola.

Le misure corrette della Groenlandia, paragonate alle mappe che siamo soliti osservare. Fonte (consigliata!): www.thetruesize.com

I chilometri di calotta glaciale groenlandese, infatti, restano impenetrabili ai satelliti e ai rilevamenti. Lì sotto potrebbe esserci un’isola, un arcipelago, o altro ancora. Seguendo questo trend climatico, purtroppo è possibile che lo scopriremo presto. Ma l’interesse di Trump per l’isola, stato semi-autonomo ma facente parte del Regno di Danimarca (e quindi dipendente da Copenhagen per difesa e sicurezza, ad esempio), non è dato tanto da questioni scientifiche o ambientali. Quanto piuttosto dalla sua geografia, e dai suoi tesori minerari.

In un post pubblicato sul suo social media, Truth, il nuovo Presidente statunitense annuncia: “La Groenlandia è un posto incredibile e la sua gente, se e quando diventerà parte della nostra nazione, ne trarrà enormi benefici”, aggiungendo poi: “Proteggeremo la Groenlandia e la custodiremo”.

Un’idea sempre attuale

L’idea che la Groenlandia possa diventare il 51esimo stato americano (o 52esimo, a seconda delle intenzioni di “The Donald” sul Canada!) non è nuova, e ha anche radici storiche. Durante il suo mandato, nel 2019, dopo una serie di consultazioni con i propri collaboratori – i quali gli avevano riferito di come la Danimarca facesse fatica a finanziare il sussidio annuale dell’isola – Trump aveva espresso la volontà di comprare la Groenlandia dalla Danimarca.

La chiusura a questa ipotesi, giunta a stretto giro dal governo danese, sembrò poi certificare la personalità di Trump, a metà tra personaggio e presidente. Ma le ambizioni, per quanto potessero sembrare irragionevoli, avevano basi concrete. Del resto, non sarebbe stata la prima volta, visto che nel 1867 Washington riuscì nell’affare del secolo, versando una quota modesta nelle casse dello Zar per l’acquisto dell’intera Alaska.

La proposta semi-seria di Trump dell’estate 2019 guardava a un orizzonte ben più ampio del singolo possesso della Groenlandia, che nei fatti è già un avamposto militare statunitense. Copenaghen versa ogni anno un sussidio di circa 520 milioni di euro alla “sua” enorme e complessa isola artica, che nel 2018 ha raggiunto un PIL pro capite di 54.000$.

Senza il fondo della capitale, quale gli inuit (circa l’88% della popolazione) non sarebbero in grado di dotarsi del welfare del quale dispongono. Il prezzo della libertà, ovvero la rinuncia al fondo danese – secondo il governo groenlandese – è la concessione del maggior numero possibile di miniere alle grandi corporazioni internazionali. 

Un futuro da scrivere per Nuuk

Il figlio maggiore di Trump visiterà quindi la Groenlandia a breve, approfittando anche del nuovo aeroporto di Nuuk, capitale dell’isola, che rappresenta un trampolino di lancio per le ambizioni turistiche del Paese. “Abbiamo preso atto della prevista visita di Donald Trump Jr in Groenlandia”, ha confermato il ministero degli esteri danese all’Afp, specificando che non si tratta di “una visita ufficiale americana”.

Il premier groenlandese, Múte Egede, ha inaugurato il 2025 rilanciando l’idea che la politica nazionale debba plasmare il proprio futuro in autonomia, facendo passi in avanti sulla cooperazione internazionale. E lanciando il sasso nello stagno delle relazioni internazionali.

Il Primo Ministro groenlandese Múte Bourup Egede. Fonte: www.arcticcircle.org/forums/arctic-circle-greenland-forum

Se la Groenlandia da una parte continua a guardare con estremo interesse a una vera autonomia strategica, staccandosi definitivamente dalla Danimarca, dall’altro è chiaro che non sarà così semplice. E così indolore, visto che il possesso dell’isola serve a Copenhagen per avere un peso politico enorme in ambito internazionale, visto che le coste artiche dell’isola rendono il piccolo regno europeo un colosso politico artico, unico stato costiero della UE a potersi dire “Nazione artica” in termini assoluti.

Nello scorso marzo, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen era arrivata in Groenlandia per inaugurare ufficialmente un ufficio di rappresentanza nella capitale Nuuk, con una forte componente politica e strategica. Von der Leyen aveva firmato due accordi di cooperazione per un totale di quasi 94 milioni di euro, nell’ambito del Global Gateway, la strategia di investimenti dell’UE per il mondo.

Come sottolineato da Giuseppe Marzo su ID (Rivista dello Stato Maggiore della Difesa, 2/2024): “Le speranze dell’UE sono riposte in un maxi giacimento da oltre un milione di tonnellate di REE (Rare Earth Elements, “terre rare” ndr.) scoperto in Svezia lo scorso gennaio e in progetti, sebbene ancora allo stato embrionale, di estrazione del litio in Finlandia e Portogallo – mentre altri ancora più lontani riguardano l’Austria, la Germania e la Spagna”.

Tra USA e Unione Europea

Grazie al pacchetto “Global Gateway”, la Groenlandia otterrà 225 milioni di euro, nel periodo compreso dal 2021 al 2027, andando a sostenere i settori dello sviluppo sostenibile, della crescita verde e dell’istruzione, integrando i 94 milioni stanziati la scorsa settimana. “La Groenlandia ospita 25 delle 34 materie prime critiche necessarie per la transizione verde e digitale. L’UE sosterrà la Groenlandia nello sviluppo di attività ad alto valore aggiunto lungo la catena di approvvigionamento, garantendo nel contempo i più elevati standard di sostenibilità in Europa”.

Le ultime uscite di Trump hanno subito dato slancio alla comunicazione dell’enorme aumento della spesa per la difesa della Groenlandia da parte di Copenhagen. Poche ore dopo l’annuncio del Presidente Usa, il ministro della Difesa danese Troels Lund Poulsen ha parlato di un “importo a due cifre in miliardi” in corone, ovvero almeno 1,5 miliardi di dollari.

Poulsen ha sottolineato come il nuovo pacchetto di spese militari comprende anche nuove unità per la marina, due nuovi droni a lungo raggio, e due squadre extra per le Siriuspatruljen. Ma non solo, perché il finanziamento andrebbe anche a coprire l’aumento del personale presso l’Arctic Command nella capitale Nuuk e l’ammodernamento di uno dei tre principali aeroporti civili della Groenlandia, per consentirgli di gestire i caccia supersonici F-35.

Leonardo Parigi

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Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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