Dopo l’alt imposto dal Governo norvegese, i proprietari del remoto terreno artico sono pronti a ricorrere alla Corte Internazionale di Giustizia. Secondo diversi esperti, la Norvegia avrebbe infatti violato il Trattato delle Svalbard.
Il Søre Fagerfjord
Abbiamo recentemente discusso dell’alt imposto dal governo norvegese alla compravendita, da parte di investitori cinesi, del Søre Fagerfjord, terreno privato di 60 km quadrati nella natura vergine e incontaminata delle isole Svalbard, a causa di preoccupazioni strategiche.
Abbiamo anche parlato del fatto che un trattato “anziano” come quello delle Svalbard potrebbe faticare a restare al passo con i tempi. Gli interessi che sono ora in gioco sono infatti diversi da quelli che esistevano ai tempi in cui questo fu scritto, e l’inquadramento legale fornito da questo documento, di importanza fondamentale per le relazioni internazionali in questa delicatissima area geografica, rischia, giorno dopo giorno di diventare obsoleto.
In un altro colpo di scena, la stampa specializzata è però tornata a occuparsi della questione. Vari esperti legali, tra i quali noti professori universitari norvegesi, si sono infatti espressi contro l’interruzione alla vendita del terreno, giudicandola illecita in base a quanto stabilito dal famoso Trattato.
Cosa dice la giurisprudenza
La Norvegia è sovrana, e il suo governo ha ritenuto di avere il diritto di impedire la vendita del Søre Fagerfjord a stranieri, nonostante diverse fonti ne avessero sostenuto la sostanziale inutilità strategica ed economica. Preoccupato che, un domani questo remoto angolo di mondo potesse acquisire un’importanza ora ancora tutta da immaginare.
Esperti legali e professori di legge dell’Università di Oslo, tra i quali Mads Andenæs e Geir Ulfstein, due tra i massimi esperti a livello mondiale del Trattato delle Svalbard, sostengono quindi che questa decisione del governo violi il trattato e in particolare l’Articolo 7, che garantisce pari diritti di acquisto di proprietà immobiliari ai cittadini di tutti gli Stati contraenti. Lo riportiamo qui di seguito in traduzione:
Per quanto riguarda i metodi di acquisizione, godimento ed esercizio del diritto di proprietà di beni immobili, compresi i diritti minerari, nei territori specificati all’articolo 1, la Norvegia si impegna a concedere a tutti i cittadini delle Alte Parti Contraenti un trattamento basato sulla completa uguaglianza e conforme alle disposizioni del presente Trattato. Si potrà ricorrere all’espropriazione solo per motivi di pubblica utilità e dietro pagamento di un adeguato indennizzo.
La questione, qui, è estremamente affascinante. Si tratta infatti di uno Stato che procede con determinazione a limitare libertà sancite per iscritto in nome della sicurezza nazionale. La questione potrebbe addirittura approdare alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, interrogata per l’ultima volta nel 1993 su questioni riguardanti il trattato stesso. Gli esperti sono convinti che, se ciò dovesse accadere, il governo norvegese si troverebbe a dover affrontare un gran bel grattacapo.
Quali conseguenze
Governo norvegese che, da parte sua, afferma con assoluta sicurezza che la decisione non violi l’accordo. Si discuterebbe infatti di una mera questione di interpretazione. Il procuratore generale del Regno di Norvegia, Fredrik Sejersted, ha dichiarato che la decisione non contraddice alcuna norma del trattato. L’articolo 7, infatti, non si occuperebbe di legiferare su questo caso specifico, che vede il governo imporre restrizioni alla vendita di una proprietà e ai suoi attuali proprietari, richiedendo loro di notificarne formalmente l’intenzione di venderla e, quindi, di attendere l’approvazione statale per poter procedere.
Secondo le dichiarazioni di altri attori coinvolti nel caso, se la Corte di Giustizia Internazionale dovesse esprimersi con parere favorevole nei confronti dei proprietari (nel caso in cui dovesse dibatterne), le ripercussioni sul trattato potrebbero essere serie e molto “difficili da prevedere”.
I firmatari della carta, con i quali la Norvegia non ha diretti rapporti in materia di cooperazione dal 1925, potrebbero essere i primi a mettere in dubbio la capacità norvegese di esercitare una efficace governance sull’arcipelago, sfruttando il caso come precedente per dimostrarne la malafede una eventuale decisione dell’ICJ sfavorevole alla Norvegia e arrivando potenzialmente a dubitare della sua sovranità.
Articolo pubblicato originariamente su The ACentury
Tommaso Bontempi
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Nè gli amministratori nè i cittadini occidentali sono minimamente consapevoli di tutto quelllo che sta accadendo al nord. L’attenzione, guidata dai media – ricordarsi che l’Italia è in fondo ala classifica internazionale per libertà di stampa, quindi i media nostri sono “veramente” asserviti, non è una polemica grilllina – è focalizzata su pochi argomenti tralasciando completamente questo episodio fondamentale dela cronaca geoplitica attuale. Grazie quindi. Seguo da sempre questo filone. Son stato diverse volte al Nord; Finlandia, Svezia, Norvegia, per lavoro (sono musicista jazz); in particolare collaboro con un artista Sami e sono molto, molto preoccupato per la loro cultura: si tratta del’utima minoranza etnica autoctona europea, una sorta di etruschi del nord 🙂 e assistere impotente al’avanzata del sistema turbocapitalista anche lassù desta sgomento. Altro che green! Nessuno stato è davvero inteeressato all’ecologia.. il riscaldamento globale fa sciogliere i ghiacci e apre nuove vie commerciali, ed è questo che interessa davvero, perchè il mostro del consumo infinito non si sazia mai! E’ il modello economico che va cambiato, altro che auto elettriche (alimentate da centrali a petrolio spesso) ! Questo è il problema da un secolo! Geografia, storia, finanza, economia, politica sono collegate! E serve soprattutto CULTURA e INTELLIGENZA! Buon lavoro!