Alcuni possono dire di essere stati al Polo Sud, pochi di aver raggiunto il Polo Nord. Nessuno può vantare di aver raggiunto entrambi i poli, via terra e mare, in un unico viaggio. Fino a ora.
La Transglobal Car Expedition
Partita da New York il 10 gennaio 2024, la Transglobal Car Expedition è giunta a Roma nel suo 176° giorno di viaggio, il 5 luglio, per presentare presso il Centro Ricerche Enrico Fermi i risultati e i progetti scientifici legati alla spedizione. Il team attraversa l’Europa in direzione sud dopo aver completato la fase artica, che ha visto i suoi membri raggiungere il Polo Nord geografico il 6 aprile 2024.
Tra gli ospiti figurano Alessandro Coletta, ingegnere del Programma Cosmo-SkyMed; Tommaso Parrinello, Mission Manager di Aeolus e Cryosat; la professoressa Angela Bracco, presidente della Società Italiana di Fisica; l’astronauta Paolo Nespoli; Rosy Mondardini e Marco Gambrini (PolarQuest/Fermi); James Devine (CERN/CosmicPi). A moderare l’incontro Paola Catapano, giornalista e divulgatrice scientifica al CERN, reporter e documentarista dell’Artico e dell’Antartide, nonché project manager di PolarQuest. Con lei ne abbiamo parlato in maniera più approfondita.
In che modo l’iniziativa PolarQuest, di cui lei è project manager, ha a che fare con la Transglobal Car Expedition?
“PolarQuest ha la sua sede qui a Ginevra, mentre l’associazione che sostiene la Transglobal Car Expedition – Good Gear – ha sede a Nyon. Hanno sentito parlare di noi e ci hanno chiesto di collaborare, dal momento che le loro competenze riguardo l’esplorazione polare e i veicoli impiegati sono soprattutto tecniche, ma non divulgative.
Da una parte, per identificare ulteriori esperimenti da poter condurre durante la spedizione, oltre quello sulla misurazione dello spessore del ghiaccio dell’Università di Brema. Volevano esplorare la possibilità di utilizzare strumenti simili a quelli che avevamo su Nanuq – il veliero impiegato per PolarQuest 2018, la spedizione alle Svalbard ndr. – ad esempio per la misurazione della radiazione cosmica.
Dall’altra, quindi, per colmare la mancata esperienza nell’ambito della comunicazione della scienza. Come PolarQuest lo abbiamo fatto volentieri, perché il nostro prossimo obiettivo è quello di realizzare una spedizione per i cento anni della scomparsa del Dirigibile Italia, che non è solo commemorativa ma mirata alla ricerca dei relitti. Sicuramente con scienza a bordo: quando si va in queste zone è sempre importante fare esperimenti scientifici – che siano di ground truthing o di citizen science – perché i dati sono sempre troppo pochi.
Le piccole spedizioni, soprattutto, hanno il vantaggio di poter fare misurazioni continue e localizzate. Quindi abbiamo proposto a Good Gear di continuare a collaborare e finanziare in parte la nostra futura spedizione”.
A proposito di citizen science, alcuni dei progetti che la Transglobal Car Expedition curerà sono “Particle Hunters Competition” e “Globe at Night”. Di cosa si tratta?
“Abbiamo inserito attività di citizen science al di fuori delle tratte artiche e antartiche. Gli esperimenti previsti lì non sono realizzabili altrove, a eccezione del terzo polo, ovvero i ghiacciai. Un esempio è il Mount Stanley in Uganda, terza cima e ultimo ghiacciaio d’Africa, dove si faranno misurazioni sullo spessore del ghiaccio e un’arrampicata in onore del Duca degli Abruzzi Luigi Amedeo di Savoia-Aosta, il primo esploratore polare italiano che a fine Ottocento riuscì a raggiungere l’ottantaseiesimo parallelo Nord.
Per il resto del tragitto, ci siamo immaginati esperimenti di citizen science che necessitino della raccolta di molti dati, facendo fare ciò ai cittadini ovunque essi si trovino, e mettendo poi questi dati in comune, in un contesto di open science. “Globe at Night” misura l’inquinamento luminoso: una mappa mostrata da Rosy Mondardini rivela che persino in Europa ci sono pochissime zone coperte dalla raccolta dati. Approfittando dei periodi di luna nuova, quando il cielo è scuro, ognuno di noi attraverso un’app deve fotografare una costellazione – visibile nel dato emisfero e momento – e inviare la foto al progetto.
Oltre a educare la cittadinanza all’astronomia, si prende atto delle difficoltà delle osservazioni astronomiche. Al progetto hanno aderito anche Uganda e Libano, dove le scuole coinvolte sono molto attive nella raccolta dati. Mentre “Particle Hunters Competition” riguarda la radiazione cosmica e funziona in modo analogo attraverso un’app, dal momento che il telefono cellulare è esso stesso un sensore in grado di captare e registrare raggi cosmici.
Il valore educativo è enorme, le persone sono coinvolte anche sotto l’aspetto competitivo che stimola ed entusiasma, ma soprattutto la comprensione di ciò che lo scienziato fa dei dati è maggiore, e a ciascuno viene dato credito in fase di pubblicazione. Questo è il punto della citizen science, e si adatta benissimo a ciò che fa la Transglobal Car Expedition, anche attraverso i propri social per motivare il supporto a tali iniziative. Essendo degli eroi per aver raggiunto il polo nord e aver realizzato la misurazione di raggi cosmici più a Nord del pianeta, hanno un certo seguito. Ed è un buon circolo virtuoso – più che vizioso – quello che si viene a creare”.
Gli storici risultati presentati a Roma presso il Centro Fermi sono stati proprio questi: il raggiungimento del Polo Nord geografico e la misurazione più a Nord di un campionamento di radiazioni cosmiche e la prova dello scioglimento del ghiaccio artico. Come sono stati comunicati questi dati in altre occasioni?
“Noi abbiamo realizzato comunicati stampa e una serie di campagne di comunicazione sui social media, dall’inizio della spedizione in poi. Lungo il percorso sono state individuate delle tappe chiave dove realizzare degli eventi aperti a pubblico e giornalisti. Il lancio della spedizione è avvenuto dall’Explorers Club di New York, con la presenza dell’astronauta Paolo Nespoli, che ha fatto tappa anche a Roma e probabilmente ne farà un’altra significativa prima che la spedizione giunga in Antartide.
La stampa ci ha seguito molto, e grazie alla collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana e con e-GEOS abbiamo reso giustizia alla prima foto satellitare di veicoli al Polo Nord. Questo è un grosso primato, perché non ci sono satelliti che hanno la capacità di raggiungere l’area in termini di presa immagini oltre l’ottantaseiesimo parallelo. L’unico è il satellite italiano COSMO-SkyMed, posizionato a 600 km di distanza, e che ha svolto un ruolo fondamentale anche in termini di sicurezza. Grazie a esso, l’Ing. Coletta (ASI) e il collaboratore Oddone (e-Geos) hanno realizzato e fornito immagini mirate sullo stato del ghiaccio tra l’ottantaseiesimo e il novantesimo parallelo, così da guidare gli esploratori a bordo di veicoli russi anfibi – gli Yemelya – per la presenza di intere aree deglaciate. Senza tali immagini satellitari, non sarebbe stato possibile raggiungere il polo nord geografico in sicurezza.. Il ghiaccio non è più una calotta uniforme, spessa e continua fino alle Svalbard, come ai tempi di Nobile. Loro sono arrivati il 6 aprile. Senza riscaldamento globale ed emissioni antropiche, quella sarebbe una zona completamente ghiacciata. Invece alcune misurazioni sono state fatte persino a piedi, man mano che lo spessore del ghiaccio si assottigliava.
Nonostante la tecnologia più avanzata e la conoscenza più avanzata delle zone artiche, in termini di rischio non siamo lontani dall’impresa realizzata dal Dirigibile Italia di Umberto Nobile. Grazie a questi risultati e successi, molte trasmissioni e riviste hanno ripreso la notizia dell’impresa, e il Centro Fermi ha deciso di ospitarci, essendo stato anche il fulcro del progetto di radiazione cosmica fatto con PolarQuest nel 2018″.
A proposito della collaborazione tra il Centro Fermi e PolarQuest, dove si colloca il progetto Extreme Energy Events?
“Il progetto è preesistente a PolarQuest ed è stata la mia ispirazione. Quando ho messo su la spedizione, volevo portare scienza a bordo. Così chiesi uno strumento dal laboratorio del progetto alla professoressa Luisa Cifarelli, che ha preceduto Angela Bracco come Presidente del Centro Fermi. Conoscevo bene il progetto, avendolo avviato al CERN insieme alla prof.ssa Cifarelli, al professor Zichichi e all’allora Ministro Moratti.
È un progetto precursore di citizen science, quando ancora non la faceva nessuno. Il prof. Zichichi accoglieva al CERN scuole da tutta Italia e faceva costruire – con la supervisione dei fisici – rivelatori di radiazione cosmica da distribuire su tutto il territorio nazionale. Si tratta di quel tipo di scienza per cui più è grande ed esteso lo strumento, meglio si riesce a cogliere l’origine del raggio cosmico.
Essi ci arrivano quando impattano con l’atmosfera e fanno un effetto “shower”, ovvero una pioggia di particelle meno energetiche perché si scontrano con le molecole dell’aria. Ciò che si cerca è risalire al raggio primario, che potrebbe arrivarci anche dal Big Bang – 14 miliardi di anni fa.
Il rivelatore dell’Osservatorio Pierre Auger copre tutto il territorio della Pampa Argentina. In Europa il progetto EEE è il più esteso: PolarQuest ha portato questi rivelatori a Oslo, in barca fino all’ottantaduesimo parallelo, e a Ny-Ålesund alle Svalbard, dove si trovano tre rivelatori in pianta stabile presso la base artica italiana Dirigibile Italia sul settantanovesimo parallelo, collegati alle scuole di tutta Italia e di Oslo. Per Transglobal abbiamo impiegato rivelatori Cosmic Pi: ideati dall’ingegnere del CERN James Devine, utilizzano la stessa tecnologia di un rivelatore EEE, ma sono più semplificati e miniaturizzati”.
Lei ha avuto modo di prendere parte ad alcune tappe della spedizione, o la segue da remoto?
“Ho avuto modo di prendere parte all’evento all’Explorers Club di Manhattan in partenza. Ho organizzato l’evento al Fram Museum di Oslo e questo di Roma. Ci sarà un prossimo evento in agosto al CERN dedicato ai raggi cosmici dove ospiteremo le scuole di Uganda e Libano che ci seguono nei progetti di citizen science.
Personalmente io sono una giornalista scientifica avventuriera, sono stata sia in Artico quattro volte che in Antartide due mesi a fare documentari, oltre ad altri posti estremi come il deserto di Atacama a 5.000 metri di quota a coprire l’osservatorio astronomico dell’ESA. Mi hanno invitata a prendere parte alla tappa africana sul Monte Stanley a novembre per documentare l’ultimo ghiacciaio d’Africa”.
E così la Transglobal Car Expedition si concluderà ad aprile 2025 a New York. Invece nel 2028 vedremo una nuova spedizione di PolarQuest, questa volta dedicata alla ricerca del Dirigibile Italia nel centenario della sua scomparsa.
“Grazie ai contatti presi con ASI, ESA e vari satelliti, stiamo cercando di restringere la zona delle ricerche e fare un po’ di fundraising già da adesso. Occorre andare in quelle zone in modo mirato e con una imbarcazione ancora più tecnica, in grado di fuggire il maltempo e tornare sul posto per continuare lo scanning. Ne riparleremo!”
Giulia Secci
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