La tragica spedizione artica di Henry Hudson e la scoperta del Canada artico, a cavallo fra geografia, storia e leggenda.
La drammatica avventura di Henry Hudson si inscrive nella ricerca della più complessa delle rotte artiche: il passaggio di nord-ovest. Tale itinerario ha tenuto impegnate generazioni di navigatori ed esploratori per un arco di tempo di quasi mezzo millennio, prima di svelarsi interamente ad inizio XX secolo.
Il passaggio comprende tutto l’intricato arcipelago settentrionale canadese che separa Alaska e Groenlandia, dall’estremo orientale dello Stretto di Davis a quello occidentale del Mare di Beaufort. Il complesso di vie d’acqua che si dirama tra isole e penisole d’ogni dimensione è riconosciuto come parte del Mar Polare Artico [nota 1]. Questo elemento, assieme a una geografia insulare complessa, rappresenta l’altra grande insidia del passaggio che per questa ragione ha costituito, da un punto di vista esplorativo, uno dei momenti più drammatici nella storia delle scoperte geografiche.
Mentre le cartografie, dalla fine del ‘400 in poi, iniziavano mano a mano a svelare le terre fino ad allora inesplorate, quello spicchio di mondo sarebbe rimasto per la maggior parte ancora bianco, tra gli ultimi a resistere prima che l’umanità passasse alla tappa finale della scoperta del mondo: i poli.
Prima di entrare nel vivo della vicenda, occorre comprendere perché le potenze europee coinvolte insistettero per l’esplorazione dell’estremo nord americano. Lo scopo della ricerca era una rotta più rapida verso le Indie Orientali. L’unica rotta praticata, oltre alla circumnavigazione del continente africano scoperta dai portoghesi, era quella sud americana aperta da Ferdinando Magellano con la scoperta dell’omonimo stretto che, imboccato dopo aver solcato le coste patagoniche fino all’estremo sud, consente di passare direttamente dall’oceano Atlantico al Pacifico. Lo stretto però risulta essere difficilmente navigabile, per via dei venti, delle tempeste e dei bassi fondali [2].
Dunque rotta a nord ovest, in cerca d’una via che si rivelerà più dura delle due suddette. Quando, a metà aprile del 1610, Henry Hudson partì alla volta del Canada artico dall’estuario del Tamigi, alle spalle aveva già tre importanti esplorazioni portate a termine in tempi recenti. Le prime due, per conto della Compagnia della Moscovia, tentarono il raggiungimento delle Indie passando rispettivamente per il Polo Nord e per i mari settentrionali siberiani, attraverso l’ambito passaggio di nord-est, ma entrambe si rivelarono fallimentari.
Poi vi fu quella del 1609 finanziata questa volta dalla “Compagnia olandese delle Indie Orientali”, che lo condusse in nord America, alla ricerca del passaggio. Al comando della nave Half Moon, il navigatore risalì il fiume che oggi porta il suo nome nella speranza che costituisse il corridoio tanto atteso per passare da oceano a oceano; tuttavia, si constatò che il corso d’acqua si restringeva sempre di più verso settentrione al punto da costringerlo a desistere. Di grande rilievo in questa terza esplorazione furono i contatti con le diverse tribù di indiani lungo il fiume, nonché l’osservazione del paesaggio circostante e le considerazioni in merito ad un eventuale e futura città d’Olanda sulle sue terre [3].
Per quanto la spedizione del 1609 non avesse rivelato alcun passaggio, il suo resoconto risvegliò l’interesse inglese per la rotta, che negli anni precedenti si era affievolito a seguito di passati viaggi fallimentari. Così fu un gruppo di mercanti londinesi a conferire ancora ad Hudson il comando di una nuova spedizione al comando della nave Discovery, l’ultima esplorazione della sua vita.
Dapprima fece rotta per l’Islanda, che di notte in quei giorni era uno spettacolo di luci per l’eruzione del vulcano Hecla. In seguito fu la volta della Groenlandia, doppiata in direzione dello Stretto di Davis, e poi delle coste del Labrador. Risalendo verso nord, a giugno del 1610, l’equipaggio giunse alle porte di un canale che si apriva verso ovest, forse già in parte ispezionato da esploratori precedenti, ma mai fino in fondo [4].
Percorso interamente, il canale volgeva a sinistra e dinanzi lasciava spazio ad una distesa di acque immensa: nell’animo di Hudson si convinse che, finalmente, si fosse giunti a circumnavigare da nord il continente americano. Prese a solcare quelle acque verso sud, mantenendosi vicino alle coste occidentali del Labrador, fermamente convinto che quella fosse la direzione per la Cina. A un tratto, tuttavia, la costa volse a occidente e poi di nuovo verso sud, fino ad un insaccatura che, una volta raggiunta, fece sfumare ogni speranza di prosecuzione dell’itinerario. Il navigatore era in realtà entrato in un immenso mare interno, e quanto questo fosse distante dalle acque del mare di Beaufort è ben visibile osservando un odierno mappamondo.
Erano i primi giorni di ottobre del 1610. L’equipaggio era allo stremo e alla stanchezza dei mesi di navigazione si affiancava la frustrazione dovuta all’estrema severità del comandante. In aggiunta, presto i ghiacci circondarono la nave e l’unica scelta possibile fu quella di svernare nella baia fino alla successiva primavera. Furono mesi durissimi: la caccia e la pesca erano le uniche attività possibili per procacciarsi del cibo, ma venivano praticate a temperature proibitive.
Quando arrivò la primavera del nuovo anno, lo sgelo liberò dai ghiacci la nave e i componenti della spedizione iniziarono i preparativi per il ritorno. Tuttavia la situazione precipitò. Probabilmente le cause furono molteplici, senza ombra di dubbio il carattere del comandante e la stanchezza dei marinai giunta al culmine dopo una stagione di stenti contribuirono più di tutte al corso degli eventi, ma la rivolta scoppiò quando Hudson paventò una ripresa delle esplorazioni nonostante le sofferenze patite.
Il 21 giugno 1611 l’equipaggio fece scendere di forza il capitano in una piccola imbarcazione, accompagnato dal figlio e da altri marinai in condizioni di salute non ottimali. La Discovery, sotto il comando degli ammutinati, fece rotta verso casa [5].
Del capitano e dello sparuto gruppo dell’imbarcazione nessuno ebbe più notizie da allora, ma quel che è ipotizzabile è un contesto nel quale la sopravvivenza risultava quantomeno complessa. Nelle biografie di Hudson la data di morte spesso coincide con l’anno dell’abbandono, altri studiosi si sbilanciano con “Dopo il 1611” ipotizzando il raggiungimento del fiume Ottawa e ponendo l’attenzione sul ritrovamento di un rifugio in una spedizione del 1631-1632 che, si presume, possa esser stato costruito dagli uomini abbandonati [6].
Quel che invece è certo è che in Inghilterra ci si convinse che l’esploratore avesse trovato il passaggio, tanto che i pochi finanziatori dell’impresa ottennero un riconoscimento ufficiale del loro gruppo in “Compagnia mercantile di Londra per il Passaggio di Nord-Ovest”, finalizzata alla promozione di viaggi commerciali verso l’Asia passando per il nord America.
La prima esplorazione ufficiale della Compagnia, affidata a Thomas Button e intrapresa nel 1612, fu una spedizione che ebbe il duplice obbiettivo di rintracciare Hudson seguendo fedelmente la sua rotta e, ovviamente, di rimettersi alla ricerca del passaggio. Erano però trascorsi già due anni, di lui e dei pochi abbandonati non c’era alcuna traccia. Button, inoltre, tornò deluso anche dalle aspettative del passaggio, la cui ricerca si rivelò più problematica di quanto in patria si pensasse.
Da quegli anni in avanti, il nord-ovest costò naufragi e sofferenza, ma l’incommensurabile coraggio di chi si avventurò tra i suoi canali e ne svelò l’ignoto cartografico di spedizione in spedizione condusse, dopo tre secoli, al trionfo della totale scoperta di quell’area di mondo con la traversata di Amundsen del 1906. Lo stretto e la baia nella quale si concluse l’esplorazione del navigatore inglese sono noti alle carte geografiche come “Stretto di Hudson” e “Baia di Hudson”.
Per approfondimenti:
ALAN DAY, The A to Z of the Discovery and Exploration of the Northwest Passage, Plymouth, The Scarecrow Press, 2009.
JOHN EDWARDS CASWELL, “Henry Hudson”. Encyclopedia Britannica, 20 Apr. 2020, https://www.britannica.com/biography/Henry-Hudson. Accessed 19 April 2021.
DONALD S. JOHNSON, Charting the Sea of Darkness: The Four Voyages of Henry Hudson, International Marine, 1993.
DOUGLAS HUNTER, Half Moon: Henry Hudson and the Voyage That Redrew the Map of the New World, Bloombury USA, 2009.
PETER C. MANCALL, Fatal Journey. The Final Expedition of Henry Hudson, Basic Books, 2009
Filiberto Ciaglia
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