Ricerca e sviluppo, ma non solo. Il Giappone guarda alle opportunità del Grande Nord per cambiare anche la propria politica estera.
Una nuova visione globale
Le opportunità offerte dalla regione artica, esacerbate dai cambiamenti climatici e la conseguente apertura di nuove rotte commerciali e dalla disponibilità di nuove risorse, hanno sempre attratto Paesi geograficamente lontani dalla regione stessa, ma interessati ad esercitare la loro influenza per non rimanere indietro nella corsa al Grande Nord. Il Giappone è uno di questi.
Questo Paese, come l’Italia, ricopre il ruolo di osservatore nel Consiglio Artico dal 2013. Ha definito le sue priorità in una policy dello stesso anno, The Basic Plan on Ocean Policy, includendo aspetti come l’osservazione e la ricerca dell’Artico attraverso una prospettiva globale, la cooperazione internazionale nella regione e lo studio dell’accessibilità della Rotta Artica come nuovo sbocco commerciale.
Nella “Arctic Policy” del 2015 appare chiaro il desiderio di Tokyo di stabilirsi come uno degli attori chiave nella regione, contribuendo attivamente alla pace e allo sviluppo della regione artica attraverso la cooperazione internazionale.
La ricerca come base di sviluppo
Il Giappone ha una lunga storia di interesse nella regione. Negli anni ‘90 è stato il primo paese non-artico a stabilire una stazione di ricerca nel territorio artico, nelle isole Svalbard. Da allora Tokyo fa spesso parte di progetti di ricerca, e continua a investire risorse e conoscenze per contribuire allo studio di come i cambiamenti climatici influenzano la regione.
Inoltre, appare chiaro dalle mosse giapponesi degli ultimi anni come questo Paese sia particolarmente interessato a ottenere accesso alla regione artica attraverso le nuove rotte commerciali, che permettano di offrire alternative alle più tradizionali linee di commercio internazionale.
La Northern Sea Route, infatti, permetterebbe di ridurre del 40% la lunghezza della tradizionale rotta che attraversa il canale di Suez, portando numerosi benefici anche per la nazione asiatica, soprattutto perché aprirebbe al Giappone, che dipende dalle importazioni di energia naturale, una nuova (e più efficiente) rotta di approvvigionamento energetico.
Energia e nuove rotte
Queste nuove rotte commerciali hanno ricevuto rinnovata attenzione a seguito dell’episodio della nave container rimasta bloccata nel Canale di Suez nel Marzo dello scorso anno. Molti Stati non-artici hanno da allora iniziato a dotarsi di rompighiaccio per condurre ricerche nella regione, per indagare sulla accessibilità delle rotte e la disponibilità di nuove risorse naturali, che con gli effetti del cambiamento climatico stanno ora venendo alla luce.
Anche il Giappone ha approfittato di questa situazione. Lo scorso anno, infatti, l’ente di ricerca giapponese JAMSTEC (Japan Agency for Marine-Earth Science and Technology), assieme alla marina giapponese, hanno iniziato la costruzione di una rompighiaccio di 128 metri e 13.000 tonnellate per lo studio del fondale artico, delle risorse biologiche della regione e per misurazioni oceaniche e atmosferiche.
Grazie a questa nuova nave il Giappone avrà così l’opportunità di condurre ricerche anche durante i periodi invernali, quando il ghiaccio ha una copertura maggiore nella regione, a partire dal 2026, anno in cui è prevista l’entrata in servizio della nuova rompighiaccio.
Scenari e possibili contromisure
Gli sviluppi storici attuali, però, rischiano di avere un impatto sul ruolo del Giappone nella regione artica. Il Giappone, infatti, ha numerose relazioni di cooperazione con la Russia artica.
Soprattutto per quanto riguarda la sicurezza energetica, che vede imprese giapponesi collaborare e investire in progetti russi per la produzione di gas naturale liquefatto (liquified natural gas, LNG), e a livello commerciale, per quanto riguarda la già menzionata Northern Sea Route.
A seguito degli eventi recenti in Ucraina, alcune imprese e lo stesso governo giapponese hanno annunciato la loro uscita da progetti energetici russi, assieme all’imposizione di sanzioni sullo stampo di quelle delle altre potenze internazionali. Ora bisognerà vedere come la situazione si svilupperà per capire le reali conseguenze che questo conflitto avrà sulla presenza giapponese nell’Artico.
Giulia Prior
Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati