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Telecomunicazioni satellitari nell’Artico, status quo di una connessione

È partita la corsa alle telecomunicazioni satellitari nell’Artico, fra business e geopolitica (terrestre e spaziale!).

Isolati e connessi

L’Artico e l’area del Circolo Polare sono tra le più remote del pianeta, eppure sono ben poco marginali e anche molto vissute. Popolazioni indigene e abitanti degli Stati artici, insediamenti militari, rotte marittime anche commerciali, turismo, opportunità economiche.

Nel XXI secolo però la distanza geografica dell’Artico inizia ad essere un potenziale limite, proprio mentre la regione si stacca sempre più da quella peculiare aurea generale di isolamento avvicinandosi a interessi crescenti. La stessa sostenibilità, per essere un disegno realizzabile e compiuto, potrebbe aver bisogno di più raggiungibilità, piuttosto che di più distanziamento, dal punto di vista sociale e ambientale, ma anche economico. 

Oil and Gas exploration halted in Arctic National Wildlife Refuge, Alaska © European Union, Copernicus Sentinel-2 imagery

Perciò, ciò che unisce tale necessità all’attuale isolamento è un percorso che transita da connessione e comunicazione. Una nave, da crociera o commerciale, un mezzo di soccorso, una scuola, una piattaforma petrolifera, una piccola base militare con il suo aeroporto, un’attività economica locale.

Diverse situazioni accomunate dalla necessità di poter comunicare, di poter essere connessi, rimanendo comunque nel Nord più Nord del mondo. Il problema che si pone è la vastità dell’Artico, difficile patria di larghe infrastrutture terrestri o sottomarine di comunicazione. 

Nuove capacità tecnologiche

È qui dunque che può tornare utile ciò che l’umanità sta sviluppando da poco più di mezzo secolo: la capacità di raggiungere lo spazio extra-atmosferico e di sfruttare le leggi fisiche del nostro pianeta e dell’universo circostante per orbitare dei satelliti che svolgano dei servizi. Ovvero dove non ci sono migliaia di chilometri di cavi da poggiare e manutenere nel gelo polare, e dove le distanze e le velocità sono molto relative.

Dallo spazio, l’Artico potrebbe essere collegato al resto del pianeta. D’altronde, tra Artico e spazio c’è già un collegamento reale – che abbiamo raccontato: è lo spazio che ci collega alla regione polare, tramite l’Osservazione Terrestre che monitora la regione, e ci rimanda immagini sempre spettacolari e spesso preoccupanti, colmando una parte dell’isolamento dell’area e aumentando sicurezza e trasparenza per tutti gli attori coinvolti.

La possibilità, e necessità, di collegare l’Artico è riconosciuta da molti attori, non ultimi gli ambienti militari. La Senatrice Statunitense dell’Alaska Lisa Murkowski commenta a proposito:

«Connectivity is critical in our modern economy. As the Arctic opens, ensuring the people of the Arctic have access to affordable and reliable broadband will make development safer, more sustainable and create new opportunities for the next generation leading in this dynamic region of the globe».

L’Artico non è solo target e priorità dei progetti di telecomunicazione. Spesso infatti può anche essere un motore per portare avanti programmi e investimenti.

Progetti (troppi?) e sfide (molte!)

Di progetti ce ne sono tanti, e coinvolgono tutti i principali attori degli affari politici, da Stati Uniti e Russia a Canada, Unione Europea e anche Norvegia, Cina. Ma al di là delle implicazioni per la regione artica e le possibili applicazioni nel Circolo Polare, il tema delle telecomunicazioni è molto attuale nel settore spaziale.

Storicamente, le telecomunicazioni satellitari sono un settore dominato da singoli satelliti molto pesanti che orbitano a 36.000 kilometri dalla Terra, nella cosiddetta orbita geosincrona, dove – muovendosi alla stessa velocità della Terra – possono “puntare” in modo fisso su una macro-area geografica (ad esempio Nord America o Europa del Sud, ma non l’area artica).

Questo settore ha conosciuto a partire dagli ultimi anni del secolo scorso una piccola rivoluzione che è continuata fino a noi, facendo piccoli ma importanti progressi. Da grandi satelliti così lontani da noi, molto longevi e sostanzialmente poco veloci (con una latenza elevata nella trasmissione dati), la tendenza attuale porta verso piccoli satelliti a soli 500-700 chilometri dalla Terra, dalla vita corta perché facilmente e frequentemente sostituibili, con latenze minime e riuniti in una “costellazione” per garantire una vasta copertura della superficie terrestre, fino anche ad arrivare a coperture globali. 

Nuova rivoluzione

Per fare ciò, sono necessari dalle centinaia alle migliaia di satelliti in orbita bassa (Low Earth Orbit – LEO), la cui realizzazione presuppone molti capitali da investire e forse un po’ di follia. Le ragioni di questa percezione di difficoltà sono tante: costruire migliaia di satelliti allo stato dell’arte non è accessibile per tutti, e ci vuole del tempo per poter raggiungere produzioni seriali e abbassare i costi.

Segue poi il costo di lanciare tutti questi satelliti e il costo di operarli in orbita; le diverse bande di frequenza che cambiano la resa e la velocità della connessione – specialmente considerando aree remote e spesso in condizioni meteorologiche critiche come l’Artico. Non da ultimi, i rischi che provengono dal mantenere migliaia di satelliti che possono smettere di funzionare, creare detriti spaziali, innescare collisioni a catena attentando alla stessa sicurezza e sostenibilità futura dell’orbita bassa terrestre.

Infine, le costellazioni in LEO devono anche creare un business che sia competitivamente sostenibile rispetto ai satelliti in orbita geosincrona, oltre che alle infrastrutture terrestri. Insomma, la sfida maggiore è proprio mettere insieme tutte le singole difficoltà e creare un business funzionante che sia anche profittevole: fatevi avanti!

Da OneWeb a SpaceX, si passa per l’Artico

Date queste particolarità, e soprattutto la difficoltà di sostenere gli sforzi economici dell’impresa, a fare la differenza potrebbero essere società private, particolarmente forti nel settore spaziale dal punto di vista degli investimenti di rischio.

Una di queste società è OneWeb, start-up londinese di telecomunicazioni fondata nel 2012 e ben presto divenuta miliardaria. OneWeb è nata con l’obiettivo di mettere in orbita più di 600 piccoli satelliti per fornire servizi di telecomunicazione a tutto il mondo, soprattutto alle aree più remote del pianeta e con un’occhio particolare proprio per la regione artica.

L’ambizione di OneWeb non è comunque cosa nuova: alcuni ci hanno provato già a fine anni 90, fallendo. Lo stesso Wyler aveva in cantiere un altro progetto simile prima di fondare OneWeb e dovette rinunciarci, vendendo la start-up O3B (“Other 3 Billion”, quelli che non sono connessi) alla più grande e solida SES, società che mantiene in orbita decine di satelliti di telecomunicazione e ha già alcuni progetti che interessano l’Alaska.

Oltre a OneWeb, allo stato attuale, sono in tanti a volere mettere in orbita migliaia di satelliti con questo scopo: fornire banda ad altissima velocità per più aree del pianeta. C’è Elon Musk, con la sua SpaceX e il progetto Starlink. Jeff Bezos, con il Project Kuiper, ma anche la canadese Telesat con il suo Lightspeed, che coinvolge direttamente l’industria italiana e francese con Thales Alenia Space. E poi c’è l’altro colosso americano, Viasat, così come l’agenzia di ricerca e sviluppo di difesa statunitense DARPA.

Russia, Cina ed Europa

C’è ovviamente la Russia, che procede con un suo progetto minore, più limitato per la LEO: nell’estate del 2020 sono state rese note nuove caratteristiche di satelliti di telecomunicazione che dovranno servire l’Artico. Chiamata Express-RV, questa piccola di costellazione vedrà il coinvolgimento della Russian Satellite Communications Co. (RSCC) per la manifattura di quattro satelliti da porre in un’orbita molto ellittica pensata appositamente solo per offrire copertura alla regione artica.

C’è la Cina, con il suo vasto programma nazionale Hongyan, recentemente ripensato e allargato per fare grossa leva sulla Belt and Road Initiative, in modo da creare una copertura prima asiatica e poi globale. Last but not least, c’è l’Europa.

Da tempo, l’Europa punta a completare la terzina di progetti bandiera composta da Copernicus e Galileo con un programma di telecomunicazioni. L’annunciato progetto GovSatCom punterebbe a questo, ovvero mettere le basi per la condivisione di servizi di telecomunicazione sicuri per le istituzioni europee.

Dal punto di vista strategico, GovSatCom nasce espressamente anche per collegare l’Artico e, ora che si parla finalmente di nuovi progetti per fare passi avanti ed iniziare a fare sul serio su una costellazione europea, rimane un richiamo alla regione polare e alle potenzialità in chiave strategica e di sicurezza di un simile progetto.

Dall’Alaska al Polo Nord

Tra tutti questi, Starlink è quello in fase più avanzata, con una sua beta avviata e un modello di business che potrebbe far sperare Musk sulla tenuta del progetto nel prossimo futuro. Gli ambienti militari statunitensi, nel corso del 2020, hanno richiesto informazioni circa l’utilizzo di Starlink – che ricordiamo nasce come servizio puramente commerciale – per la regione artica, evidenziando la necessità di un servizio del genere alle più alte latitudini e sottolineando allo stesso tempo il peso che ormai la società di Musk riveste all’interno del ambienti governativi americani.

Una necessità variamente sottolineata dal comandante dello United States Northern Command e dallo North American Aerospace Defense Command, che rese chiaro al Congresso americano l’assoluta necessità e priorità della questione artico e telecomunicazioni.

Fonte: Space X

Per di più, nel gennaio scorso SpaceX ha ottenuto il via libera per il lancio di satelliti Starlink in orbita polare, in modo da accelerare i tempi per la copertura dell’Alaska e probabilmente anche in chiave futura per concentrare la potenza di fuoco sul Canada, avvantaggiandosi sul competitor canadese Telesat, molto in ritardo sulla sua tabella di marcia. 

Con l’autorizzazione a lanci sopra il Circolo Polare, SpaceX andrebbe a coprire perciò più caselle, all’interno di una tattica espressamente votata a servire più attori, militari e civili, accomunati dalla posizione geografica a Nord del mondo. Tutti gli altri attori pubblici e privati al momento sembrano destinati a dover inseguire SpaceX e gli oltre mille satelliti già in orbita, ciascuno per ragioni diverse, che hanno a che fare con gli aspetti tecnici di un’avventura del genere, economici ma anche politici.

Business e politica

Esempio massimo è OneWeb, passato dall’idillio del primo lancio alla bancarotta fino alla risurrezione, grazie agli investimenti del governo inglese (un’avventura da vero The Revenant, con diversi orsi in agguato), e risorto ancora una volta mantenendo la bussola a nord:

«Launches will continue throughout 2021 and 2022 and OneWeb is now on track to begin commercial connectivity services to the UK and the Arctic region in late 2021 and will expand to delivering global services in 2022».

Allo stesso tempo c’è anche chi fa leva su infrastrutture già presenti e sostanzialmente all’avanguardia come Iridium, storica società di telecomunicazioni satellitari che opera una costellazione di circa 60 satelliti a 780 chilometri, ma su una banda (L-band) più lenta e quindi adatta alla telefonia piuttosto che alle connessioni veloci.

Queste connessioni sono stabili, con latenza minima e perfette per lo scambio di dati, tipiche invece delle bande K che contraddistingue le costellazioni più recenti come Starlink e OneWeb. Allo stesso tempo, non va sottovalutato la maggiore resistenza della L-band ad agenti esterni, come anche gli agenti atmosferici, che la rendono comunque affidabile proprio in zone estreme come l’Artico.

Raggiunto in un’intervista mail con Osservatorio Artico, il direttore delle comunicazioni istituzionali di Iridium Jordan Hassin sottolinea che la società non solo mantiene già delle operazioni in Artico – in particolare alle Svalbard con delle apposite “Arctic Field Station” e anche per il governo statunitense grazie al prodotto Iridium Certus, ma ha sottoscritto un Memorandum of Understanding con OneWeb per potenziare ed allargare i rispettivi servizi, anche in prospettiva per la regione artica. A gennaio 2021, proprio Iridium si concedeva il lusso di twittare “anche alle rigide temperature artiche”. 

Giancarlo La Rocca

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Giancarlo La Rocca

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