Il potenziale ingresso della Svezia nella NATO è vicino, e le trattative con la Turchia proseguono spedite. Determinante sarà il vertice di Vilnius di Luglio.
Fin dai primi giorni dello scoppio della guerra in Ucraina, la Svezia ha rimesso in discussione la sua posizione esterna all’Alleanza Atlantica. Così come la Finlandia, ha agito nelle prime settimane del marzo 2022 per un cambio di rotta deciso, puntando verso l’ingresso nella NATO.
Un passo storico e non scontato, tanto più per chi aveva fatto della sua “esternalità” un punto di forza a livello di politica interna. Ma la gravità dell’aggressione russa, con una forte carica emotiva e con una spinta decisa verso un cambio di passo nelle relazioni internazionali, ha fatto il resto.
A differenza della Finlandia, però – che è entrata formalmente nella NATO nelle scorse settimane – la Svezia sta ancora trattando con alcuni dei Paesi membri dell’Alleanza. Fra tutti, Ungheria e Turchia. Soprattutto il governo di Recep Tayyip Erdoğan ha da subito utilizzato la volontà svedese per chiedere anche che Stoccolma cambiasse la sua politica di protezione su determinate persone che Ankara considera terroristi, e che vivono in Svezia da molto tempo.
Il prossimo 11-12 Luglio si terrò a Vilnius, in Lituania, il nuovo summit della NATO con tutti i Capi di Stato e di governo. Il Segretario dell’Alleanza Atlantica, Jens Stoltenberg, ha spesso unito questa data alla possibilità che la Svezia raggiungesse il nuovo status di membro. Ma i passaggi sembrano ancora lunghi.
Se dal vertice del Giugno 2022 a Madrid, tutti i membri si erano schierati a favore dell’ingresso dei due Paesi, tranne appunto Turchia e Ungheria, i passi in avanti sono stati molti. Per accogliere le richieste di Ankara, la Svezia (che nel frattempo ha cambiato governo) ha revocato l’embargo sulle armi alla Turchia, che era stato introdotto a seguito dell’intervento di Erdoğan in Siria. E ha approvato una nuova legge antiterrorismo.
Manca ancora qualcosa perché la Turchia sia davvero soddisfatta, ma c’è da aspettarsi che nelle prossime settimane le attività svedesi si faranno notare.
La Svezia, così come la Finlandia, vede nella NATO ormai un naturale punto di approdo storico. Non soltanto per avere un ombrello di protezione, ma perché sa che un’epoca va chiudendosi, e che difficilmente una nazione da sola potrà salvaguardare i propri interessi.
Ma il loro ingresso nella NATO significa un indubbio vantaggio per l’Alleanza stessa. Oltre alle ovvie ragioni geostrategiche, la Svezia porta con sé anche un esercito allenato e in fase di ammodernamento. Nei mesi scorsi l’agenzia svedese per il procurement della Difesa ha assegnato al gruppo Saab un nuovo contratto per l’estensione della vita operativa delle prime due unità per le contromisure mine classe Koster, e ha anche annunciato di aver preso in carico dallo stesso gruppo un primo lotto di esemplari del siluro “Torpedo 47”, di nuova generazione.
Un’arma, quest’ultima, sviluppata soprattutto per la deterrenza e l’attacco nel Baltico, ma la Marina svedese potrebbe anche utilizzarlo anche in contesti di mare aperto oltre le coste norvegesi artiche. Ma oltre a ciò, il governo svedese ha deciso di rafforzare la sua capacità operativa allargando le maglie dell’esercito, che dovrebbe passare da 60 a 90.000 effettivi.
Una speciale commissione parlamentare svedese per la difesa ha recentemente affermato che la difesa del Paese deve concentrarsi sulla minaccia rappresentata dalla Russia e non si può escludere un attacco militare.
“Le azioni aggressive della Russia hanno portato a una situazione di sicurezza strutturale e fortemente deteriorata. La Russia ha ulteriormente abbassato la sua soglia per l’uso militare della forza e mostra un’elevata propensione al rischio”, ha affermato il comitato in un rapporto.
Leonardo Parigi
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