L’elettrificazione dei trasporti è un settore green cruciale. E parla anche europeo. Anzi, svedese, visti i nuovi investimenti di Stoccolma sul tema.
Il ramo automotive è da decenni uno di quelli a più alto tasso di concorrenza. I vari merger & acquisition testimoniano di una progressiva concentrazione del mercato per far fronte ad una crescente competitività internazionale, non solo dal lato dei costi ma anche delle tecnologie.
Oggi il comparto ha la pressione della rivoluzione green alle porte. Ciò si traduce in una parola: elettrificazione. Cioè, il superamento del motore endotermico, basato sui carbon fossili, a vantaggio della trazione a batteria.
Gli attuali attori nella manifattura di batterie elettriche per mezzi di trasporto sono Tesla (USA) e le asiatiche Panasonic (Giappone), LG Chem (Sud Korea) e CATL (Cina).
Esistono due tipi di batteria. Uno agli ioni di litio e una solida. La prima utilizza un elettrolita liquido e materiali altamente tossici e infiammabili. La seconda è attualmente in fase di sviluppo, ma non c’è macchina ancora che la utilizzi, nonostante prometta di aumentare la densità energetica.
Dunque, l’attuale processo di produzione è basato perlopiù sugli ioni di litio. È complesso e comporta costi alti per il materiale e l’energia. Per questo motivo deve essere molto efficiente e in grado di lavorare un alto numero di pezzi con il minor numero di scarti possibile. L’obiettivo primario è ottenere un’elevata densità energetica gravimetrica (Wh/kg), cioè capacità di accumulare energia, a fronte di una certa autonomia (il chilometraggio).
Il principio di funzionamento di tutte le tipologie di batterie al litio è essenzialmente lo stesso. Le differenze principali si individuano nella forma costruttiva, nei requisiti e nei materiali utilizzati.
Negli ultimi giorni del 2021 la svedese Northvolt, che ha la finanziaria Vargas Holding come investitore chiave, ha assemblato la sua prima cella di batteria prismatica nella novella gigafactory nel Nord della Paese, divenendo così la prima azienda europea a produrre una batteria automotive.
Il progetto, sorto nel 2016, si staglia nella più generale iniziativa europea EU Battery Alliance, varata nel 2018, volta a creare un’industria manifatturiera di batterie nel Vecchio Continente. In tale quadro, Northvolt, insieme a BMW e Umicore, ha costituito un consorzio tecnologico congiunto per lo sviluppo continuo di una catena del valore dedicata completa e sostenibile.
La fabbrica si trova nella piccola città industriale di Skellefteå, circa 200 chilometri a sud del Circolo Polare Artico, nel principale distretto minerario nazionale. Ha ricevuto oltre 30 miliardi di dollari di contratti da BMW, Fluence, Scania, Volkswagen, Volvo Cars, Polestar e il fondatore di Spotify, l’imprenditore di Stoccolma Daniel Ek.
L’obiettivo è raggiungere una volume di produzione di 60 gigawattora (GWh), mirando a una quota di mercato di almeno il 20-25% in Europa entro il 2030, occupandosi non solo di auto, ma anche di macchinari industriali e traghetti. Nonché aprire almeno altre due fabbriche nei prossimi dieci anni.
Il CEO di Northvolt è Peter Carlsson, ex capo della produzione e della catena di approvvigionamento di Tesla, che ha lasciato nel 2015. Egli sta utilizzando la sua esperienza per aiutare la ditta e la Svezia ad inserirsi nel futuribile mercato dell’auto elettrica.
Northvolt impiega attualmente circa 2.500 persone provenienti da 108 Paesi, e prevede di aggiungere altri 5.000 ingegneri nei prossimi cinque anni. La competizione per il talento è spietata. La maggior parte degli ingegneri di batterie ha sede in Asia, i fornitori asiatici stanno creando stabilimenti in Europa e Tesla sta cercando di reclutare per la sua gigafactory a Berlino.
Carlsson punta sulle credenziali ecologiche della città e dell’impianto per attirare personale qualificato. Skellefteå funziona in gran parte con energia rinnovabile da idroelettrico (abbondante in Scandinavia) ed eolico, rendendo l’impianto rinnovabile al 100%. Anche le batterie verranno riciclate lì, assecondando e anticipando i desiderata del regolamento UE del 10/12/2021 sulla sostenibilità della produzione di batterie, in aggiornamento della vecchia direttiva del 2006.
Non solo. La peculiare attenzione scandinava per l’inclusione lavorativa del lavoratore porta Northvolt a offrire a ogni dipendente una partecipazione azionaria come parte del proprio pacchetto salariale. La ditta sta allestendo un intero ecosistema per accogliere il personale proveniente dalla Corea del Sud, dal Giappone e dall’India con alloggi e attività sociali aziendali, tra cui hockey su ghiaccio e sci di fondo.
Come parte di questo sforzo, l’Università di Tecnologia di Luleå si è ora unita a sei aziende industriali e autorità locali al fine di promuovere le opportunità di lavoro della regione. Secondo Birgitta Bergvall-Kåreborn, vice rettore della scuola, la LTU aumenterà le iscrizioni agli studenti di ingegneria e, a partire dalla prossima estate, inizierà a garantirgli un impiego estivo nel campo prescelto per incoraggiarli a stabilirsi nel nord della Svezia.
In Italia abbiamo un’azienda leader nel settore dell’elettrificazione per l’automotive: la Magneti Marelli. Sin dal 2009 ha cominciato a muoversi in modo avveniristico nell’alternativa elettrica al motore endotermico. Che cosa ne abbiamo fatto?
Parte della galassia FIAT, Marchionne non credeva ancora essere arrivato il momento per investire in quella che rappresentava una nicchia di mercato rischiosa e non ancora remunerativa. Ma non voleva sbarazzarsi della Magneti Marelli.
Appena deceduto prematuramente il manager abruzzese (25 Giugno 2018), la nuova dirigenza americana di FCA ha dismesso questo storico gioiello industriale italiano al fondo giapponese Calsonic Kansei (Ottobre 2018), alle cui spalle c’è il fondo d’investimento americano KKR.
A suo tempo, il Sole24Ore giustificava la vendita, apparentemente controintuitiva per un produttore di automobili, come un concentrarsi sul core business e avvalersi di contoterzisti per il resto. “Non servono tecnologie di elettrificazione proprietarie”, recitava l’articolo del tempo.
Lo stesso pensa oggi Volvo, che accetta di appoggiarsi a Northvolt. Ma questa è di proprietà svedese. Magneti Marelli non è più italiana. Il know-how svedese rimane in Svezia, in Italia passa in altre mani. E ciò non può non richiamare alla mente ciò che accadde con la Olivetti e che con un altro Sistema Paese le prime batterie per auto europee su larga scala sarebbero potute sorgere non nell’Artico, bensì nel Mediterraneo.
Marco Leone
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