L’arcipelago settentrionale della Norvegia ha una cornice giuridica particolare, che ne determina regole e “proprietà”, pur non avendo popolazione autoctona.
Il Trattato delle Svalbard, noto anche come Trattato di Spitsbergen, è un accordo internazionale unico che regola lo status delle isole Svalbard, un arcipelago situato nel Mar Glaciale Artico. Firmato nel 1920 e in vigore dal 1925, il trattato rappresenta un esempio di cooperazione multilaterale per la gestione di una regione strategica e ricca di risorse.
Il Trattato delle Svalbard fu redatto come risultato delle discussioni durante la Conferenza di pace di Parigi del 1919, che seguì la Prima Guerra Mondiale. Le isole Svalbard, precedentemente controllate dalla Norvegia, erano diventate un punto di interesse internazionale a causa delle loro risorse naturali e della loro posizione strategica.
Il trattato stabilisce che le Svalbard siano parte integrante del Regno di Norvegia, ma concede agli altri Stati firmatari il diritto di esercitare attività commerciali, scientifiche e minerarie nell’arcipelago senza discriminazioni. Inoltre, stabilisce il principio della demilitarizzazione delle isole, e conferisce al governo norvegese la responsabilità della sovranità e dell’amministrazione delle Svalbard.
Inizialmente, al momento della stipula il 9 febbraio 1920, i Paesi firmatari erano quattordici, aumentando poi fino al numero attuale di 46. Il Trattato prevede che nonostante la sovranità sia esclusivamente della Norvegia, non tutte le sue leggi siano qui ammissibili. E ogni tipo di unità o personale militare debba necessariamente restare ad almeno 12 miglia nautiche dalle coste delle isole Svalbard.
Il Trattato delle Svalbard rappresenta un importante esempio di cooperazione internazionale nella regione artica. Facendo tesoro della lezione della Prima Guerra Mondiale, i firmatari del trattato decisero di adottare un approccio basato sulla cooperazione e la condivisione delle risorse, anziché sulla competizione e il conflitto.
Questo accordo ha aperto la strada a una serie di attività nell’arcipelago, tra cui l’estrazione mineraria, la ricerca scientifica, il turismo e la conservazione ambientale. Le Svalbard sono diventate un laboratorio unico per lo studio dei cambiamenti climatici, la biodiversità artica e la geologia polare. Nonostante le sue virtù, il Trattato delle Svalbard si trova ad affrontare sfide nel contesto dell’evoluzione geopolitica e ambientale globale.
Il cambiamento climatico, la crescita del turismo e la ricerca di risorse naturali nella regione hanno sollevato interrogativi sulla gestione sostenibile delle Svalbard e sulla necessità di rafforzare la cooperazione internazionale nella regione.
Inoltre, il trattato è stato oggetto di discussione per quanto riguarda la sua applicabilità alle nuove sfide del XXI secolo, come la navigazione marittima artica e la protezione della biodiversità. Tuttavia, rimane un pilastro della governance artica e un esempio di come la diplomazia multilaterale possa contribuire alla pace e alla stabilità in una regione critica.
In questo particolare arcipelago non esiste popolazione indigena, perché il clima è davvero estremo visto che sono incastonate tra i 77° e gli 80° gradi Nord. Un luogo dove non esiste possibilità di allevamento o colture, e dove gli insediamenti umani sono principalmente dovuti alle stazioni di ricerca scientifica. O alle attività minerarie. Qui, però, si svilupparono soprattutto le attività minerarie di Norvegia e Russia, oltre ad essere un’importante base per la pesca.
Questo mondo però è sempre più interessato da altri occhi. Se la Cina è qui presente con le sue attività scientifiche (benché siano attenzionate con scrupolo dalle nazioni dell’area), anche la Turchia è sbarcata qui di recente. Secondo The Barents Observer, infatti, un team di 11 membri del Tübitak Mam Polar Research institute sono giunti sulle isole il 21 luglio scorso, in accordo con la compagnia statale russa Trust Arktikugol, che ha ampie concessioni minerarie sull’isola di Spitsbergen.
Nonostante il Trattato stesso consenta questo genere di attività, e le favorisca, chiaramente tutto ciò che si muove intorno a questo particolare tratto di mondo è visto con una prospettiva ben diversa rispetto a un secolo fa. E la Russia, che qui ha costruito importanti basi economiche e vitali nel corso del Novecento, sta tornando con un deciso passo a farsi avanti su ampie zone delle isole, fondamentali anche il controllo della navigazione polare.
Leonardo Parigi
Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati
Intervista a Matteo Della Bordella, alpinista italiano conosciuto in tutto il mondo, sul suo straordinario…
I Paesi nordici puntano a rafforzare la cooperazione industriale per la difesa, sviluppando nuovi veicoli…
Il colosso degli idrocarburi italiano Eni ha ceduto a Hilcorp il 100% dei suoi asset…
Un mese di eventi tra arte, musica, design e letteratura: Novembre Nordico porta a Roma…
In queste settimane si sta svolgendo a Cali, Colombia, il sedicesimo summit globale per la…
Dal 1 al 17 novembre la mostra promossa dall'Istituto Italiano di Cultura di Copenhagen con…