La regista Elle Márjá Eira dà vita al romanzo di Ann-Helén Laestadius e accende i riflettori del mondo sulla causa del popolo Sami, nel nuovo film “Stolen“
“So come vestirmi a -40⁰, sono abituata a non mangiare né bere per un giorno intero e so come preparare semplicemente una slitta quando vai lontano nella tundra!” spiega Elle Márjá Eira a Glen Pearce di Nordic Watchlist– “Anch’io sono un pastore di renne e mi riconosco nel personaggio di Elsa. Ho sempre sognato di realizzare un film contemporaneo sull’allevamento delle renne, e questa storia è molto importante per Sápmi”.
Figura poliedrica, Eira è regista, compositrice e allevatrice di renne nel distretto Lákkonjárga, situato nella parte norvegese del territorio Sami. Chi dunque meglio di una donna Sami poteva portare sul grande schermo il pluripremiato romanzo Stolen di Ann-Helén Laestadius incentrato sulle discriminazioni subite dalla minoranza etnica autoctona dei Sami e sul progressivo annientamento delle loro secolari tradizioni.
Il film Stolen, uscito in anteprima mondiale su Netflix lo scorso 12 aprile, descrive la lotta di una giovane donna per difendere la propria identità culturale in un mondo ostile e in preoccupante evoluzione. Grattando sotto la superficie delle immagini iniziali della pellicola, che svelano i paesaggi mozzafiato della Lapponia svedese, emergono presto tutte le problematiche e gli affanni che affliggono gli allevatori di renne.
Elsa è solo una bambina quando assiste al brutale assassinio di una delle sue renne, episodio che segnerà per sempre la sua esistenza e la spingerà, in età adulta, a combattere con determinazione per i diritti dei suo popolo.
Il talento di Eira nella direzione della pellicola risiede nell’abilità di aver saputo sviscerare le mille oscure sfaccettature che orbitano intorno alla vicenda. Non solo gli atteggiamenti razzisti, ma il riscaldamento climatico che incombe e l’operatività di una miniera insidiano la tranquilla vita comunitaria, minacciando l’ambiente naturale e sottraendo manodopera giovanile alle imprese familiari tradizionali.
Queste inquietudini finiscono col minare anche gli equilibri interni del popolo Sami, creando tensioni sociali e dolorose ferite psicologiche negli individui. Bullismo, suicidio giovanile e sessismo sono alcuni degli effetti devastanti che hanno origine dalle pressioni e dalle ingiustizie a cui i Sami sono continuamente sottoposti e che sono ben descritti in Stolen.
Esempio emblematico sono i numerosi casi di uccisione di renne perpetrati per dispetto, le cui denunce da parte dei Sami sono rimaste per lo più inascoltate. A testimoniare la scarsa considerazione delle autorità locali per questi crimini, gli animali massacrati sono declassati come merce “rubata”, da qui il titolo del romanzo.
“Abbiamo una storia molto oscura in cui i Sami hanno sperimentato il razzismo, il colonialismo e la discriminazione -afferma Eira – ma questo è qualcosa che sperimentiamo ancora. Penso che le persone generalmente abbiano troppo poca conoscenza e comprensione di noi”.
La scarsa conoscenza e la spettacolarizzazione della cultura Sámi è ben raccontata in una scena del film dove una turista con un velo di sfrontatezza tocca il tradizionale abito gákti della protagonista chiedendo un selfie: un gesto apparentemente insignificante che cela però una scarsa consapevolezza del patrimonio storico e culturale del popolo Sami, i cui costumi sono considerati un elemento folkloristico in mostra per fini di intrattenimento.
Nel 2023 la storia del popolo Sami aveva ispirato un’altra pellicola cinematografica, Let the river flow, diretta da Ole Giæver e ispirata alle contestazioni contro la costruzione della centrale idroelettrica di Alta, in Norvegia, che minacciava le pratiche di pastorizia e di pesca della collettività Sami locale. L’eco di questo dissenso fu tale che molti gruppi di persone arrivarono da fuori i confini nazionali per unirsi alle proteste dei Sami.
Nonostante le contestazioni, il progetto fu completato nel 1987 ma i fatti del 1978 passarono alla storia per aver condotto all’istituzione del Parlamento Sami nel 1989 e successivamente alla stesura del Finnmark Act del 2005. Questi fatti hanno contribuito a riaffermare l’orgoglio Sami, calpestato dal processo di norvegizzazione che ebbe luogo tra il 1850 e il 1970 e che fu votato alla negazione e all’assimilazione della civiltà Sami nella società norvegese attraverso la proibizione linguistica e delle tradizioni, nonchè l’allontanamento dei giovani Sami dal loro contesto culturale nativo.
La proiezione del film ‘Stolen’ alimenta la speranza di sensibilizzare maggiormente l’audience internazionale non solo sulla situazione del popolo Sami, ma anche sulle sfide affrontate dalle popolazioni indigene in tutto il mondo.
Barbara Fioravanzo
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