Come stanno cambiando i comportamenti delle nazioni e delle organizzazioni internazionali in Artico? Un estratto di una degli approfondimenti del nuovo numero di Borealis, “Risiko Artico“.
“Di fatto, a lungo non c’è stato nulla di più lontano della Finlandia dai sentieri battuti dal commercio. Essa è collocata sul bordo nord-orientale del Baltico, un mare solo di nome, essendo in definitiva un enorme lago. Nel lontano passato, il Mar Baltico era un’arteria di scambio di prodotti primari come pellicce, legno e ambra, ma la Finlandia era troppo a Nord per poterne trarre vantaggio: i suoi porti potevano essere tenuti aperti per tutto l’anno solo grazie all’intervento dei rompighiaccio […].
Nell’ultima metà del secolo scorso, il Paese è rimasto schiacciato tra le sfere di influenza delle due superpotenze rivali: gli Stati Uniti e la NATO a Nord e a Ovest; l’Unione Sovietica e il Patto di Varsavia a Est e a Sud. Sebbene la sua società e il suo governo siano da sempre liberi e pluralisti, tutti nel Paese (e nel resto del mondo) compresero che il prezzo da pagare per una simile situazione sarebbe stato l’impegno alla neutralità. La “finlandizzazione” è entrata così nel volabolario politico come termine dispregiativo: nessuno vuole essere come la Finlandia”.
Questo il pensiero di Kenichi Ohmae, autore nel 2005 de “Il prossimo scenario globale”. Molto è cambiato da allora, se consideriamo che oggi la Finlandia è un Paese tutt’altro che esterno dal gioco geopolitico. Certamente la geografia non è cambiata, così come gli schieramenti in campo non hanno mutato opinione di sorta. Anzi, la contrapposizione tra Russia e NATO è quanto mai attuale a queste latitudini.
Ma le opportunità sollevate dal cambiamento in atto nella regione artica hanno decuplicato le possibilità dei Paesi costieri o delle nazioni e delle regioni comunque interessate a ciò che potrebbe avvenire. Per tutti questi motivi, anche la “piccola” Finlandia è un buon esempio di ciò che sta avvenendo, a livello di difesa.
All’inizio di Dicembre le Forze Armate di Helsinki hanno annunciato ufficialmente l’acquisto di 64 nuovi F-35A, anche per rinnovare completamente la flotta aeronautica, in dismissione entro il prossimo decennio. Un investimento da circa 10 miliardi di euro, che rende la Finlandia il terzo Paese nordico a dotarsi del futuristico jet di Lockheed Martin.
I nuovi caccia serviranno come prima forza di deterrenza per le frequenti incursioni russe nei cieli della Finlandia, della Norvegia e della Svezia. Ma nessuno sa dire se tra una decina di anni saranno utilizzati anche per missioni di diverso tipo. Restando nella regione, la Norvegia è certamente il Paese più interessato dal rinnovamento delle proprie unità militari.
Per quanto Oslo lavori in tandem con Mosca su molti aspetti concernenti l’Artico – dalla ricerca scientifica alla salvaguardia ambientale – le due visioni sull’area rispondono de facto a posizioni contrapposte. A fine ottobre, la fregata norvegese “KNM Thor Heyerdahl” ha solcato le acque dell’Isfjorden, un fiordo dell’isola di Spitsbergen, nell’arcipelago delle Svalbard, innalzando la temperatura politica di confronto tra Norvegia e Russia.
“Situato a metà strada fra la Norvegia continentale e il Polo Nord, questo arcipelago di 61 mila chilometri quadrati – il doppio del Belgio – abitato da circa 2.600 persone di almeno quaranta nazionalità è stato a lungo fonte di preoccupazioni. E potrebbe tornare a esserlo. Benché le dispute e le tensioni riguardanti soprattutto la pesca siano state gestite e risolte in maniera pacifica, nei prossimi anni le Svalbard saranno probabilmente esposte all’incremento della rivalità fra Stati Uniti e Russia”. Il Trattato delle Svalbard del 1920, firmato anche dalla Russia, non vieta la presenza militare norvegese alle Svalbard, ma limita l’uso dell’arcipelago per possibili scopi bellici.
Durante la Guerra Fredda, le Svalbard furono principalmente visitate dalle navi della Guardia Costiera poiché la Norvegia non voleva provocare l’Unione Sovietica con la navigazione di navi da guerra pesantemente armate nella zona. Negli ultimi anni, tuttavia, anche la Marina statunitense ha portato una propria fregata a navigare verso Longyearbyen, sottolineando la sovranità della NATO nell’area.
Un movimento che ha certamente infastidito Mosca. Russia che si dice inoltre profondamente scontenta degli atterraggi all’aeroporto di aerei da trasporto militare norvegesi. Segnale inequivocabile del fatto che Oslo si stia muovendo per rafforzare una presenza militare che porterebbe anche a una proiezione nella regione.
Nell’agosto di quest’anno, il cacciatorpediniere antisommergibile russo “Severomorsk” ha fatto un cambio di direzione a sorpresa, dopo aver navigato intorno alla Terra di Francesco Giuseppe. Seguito da altre navi della marina, il cacciatorpediniere è salpato verso Nord lungo la costa occidentale di Spitsbergen, l’isola più grande dell’arcipelago delle Svalbard.
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Leonardo Parigi
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