Il racconto di viaggio di Enrico Gianoli, membro della spedizione SOS Arctic 2024 a bordo del WindSled costruito da Larramendi. Osservatorio Artico è Media Partner ufficiale della spedizione.
Attraversare il Semersuaq – il grande ghiaccio – a bordo dell’Inuit Windsled, si sta rivelando qualcosa di più di una semplice traversata da un punto geografico a un altro. Trovarsi nel mezzo di questo infinito mare gelato, con una temperatura diurna sempre al di sotto dello zero – e scollegati dal mondo digitale a cui siamo ormai tutti abituati, porta a riconsiderare i propri bisogni primari.
Torna alla mente Thoreau quando, nel suo “Walden, ovvero vita nei boschi“, decantava la bellezza di una vita semplice e immersa nella natura, in cui il cerchio dei bisogni si restringe all’ottenimento di “cibo, riparo, vestiti e combustibile”.
Se non consideriamo il nostro obiettivo di effettuare i rilevamenti scientifici – i quali peraltro potrebbero rientrare nell’ambito dei “veri problemi della vita”, come dice Thoreau, che subentrano successivamente all’accertamento dei bisogni vitali – quelli di cui parla l’autore americano corrispondono di fatto agli stessi che esperiamo in questi giorni.
Ci siamo occupati dei primi tre soprattutto nei giorni dei preparativi. Per il resto della spedizione, invece, ci occuperemo soprattutto dell’ultimo, il vento.
Questo nostro particolare tipo di combustibile cambia di sovente, e spesso le previsioni meteo che otteniamo tramite telefono satellitare non sono corrette. Di conseguenza, per individuare la direzione esatta del vento, il sistema migliore a nostra disposizione è usare un semplice palo a cui abbiamo legato una linea di tela abbastanza leggera da essere sollevata verso la direzione in cui soffia.
Per riconoscere il Nord, invece, il sole è diventato la nostra bussola. Ramón, con la sua grande esperienza di esplorazione in questi territori, ci sta mostrando come il saper riconoscere i segnali che il paesaggio ci offre sia un metodo spesso più accurato di qualunque gps. Una consapevolezza, questa, che ha appreso negli anni dai più grandi conoscitori di queste zone, gli Inuit.
In questo lago di Walden in versione artica, ci troviamo pertanto sempre più scollegati dal mondo digitale e sempre più collegati a quello che è il mondo naturale intorno a noi, ritrovando così una connessione che sembrava ormai perduta. In questo si vede in effetti l’anima dell’Inuit Windsled, un incontro tra tecnologia e sapere antico, tra umano e non umano.
Enrico Gianoli
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