Cultura

I gufi dei ghiacci orientali: intervista a Jonathan C. Slaght

Il libro di Jonathan C. Slaght, edito da Iperborea racconta la sua missione per la conservazione del gufo pescatore di Blakiston, intrecciando scienza, narrazione e riflessioni sul rapporto tra uomo e natura.

I gufi pescatori

Il gufo di Blakiston, noto anche come gufo pescatore, è una specie protetta dalle caratteristiche uniche.  A colpire soprattutto sono le sue dimensioni imponenti: il gufo di Blakiston può raggiungere un’apertura alare di ben 2 metri, rendendolo uno dei gufi più grandi al mondo. Inoltre, questa specie è considerata vulnerabile, principalmente a causa della progressiva perdita del suo habitat naturale, minacciato dal cambiamento climatico e dalle attività umane. 

Foto: flickr.com/Takashi Muramatsu

Un altro aspetto distintivo è la sua dieta. Diversamente dai gufi comuni, che si nutrono di piccoli mammiferi, uccelli o insetti, il gufo pescatore si alimenta prevalentemente di pesci, adattandosi a vivere vicino a corsi d’acqua e torrenti. Questo lo rende non solo affascinante, ma anche un simbolo della fragilità e dell’equilibrio dell’ecosistema in cui vive.

Il nuovo volume di Iperborea

Fonte: Iperborea

I Gufi dei Ghiacci Orientali, pubblicato in Italia da Iperborea, racconta la storia vera di Jonathan C. Slaght e della sua missione dedicata alla scoperta e conservazione di una delle specie di gufo più particolari: il gufo pescatore di Blakiston, appunto. 

Slaght fa vivere in prima persona il freddo glaciale e l’atmosfera dei piccoli villaggi del Litorale, segnati dall’inevitabile eredità lasciata dall’ex Unione Sovietica e abitati ormai da poche anime. Con maestria, fa affezionare ai personaggi incontrati lungo il suo cammino, ammaliando il lettore con le loro storie buffe e le loro abitudini, spesso intrise di vodka. Regala anche momenti di leggerezza, come quando, dopo anni di ricerca, riesce finalmente a catturare il suo primo gufo pescatore. 

L’autore riesce a intrecciare temi altamente specifici attraverso una narrazione capace di coinvolgere qualsiasi lettore, trascinandolo nella sua avventura. I Gufi dei Ghiacci Orientali non è quindi solo un libro sui gufi, ma una riflessione sulla determinazione, sulla tenacia e sulla forza di volontà che ci spingono a perseguire ciò in cui crediamo, in qualsiasi ambito della vita.

Intervista a Jonathan C. Slaght

Jonathan C. Slaght è un biologo della fauna selvatica e autore, attualmente impegnato a tempo pieno presso la Wildlife Conservation Society (WCS) come Direttore Regionale del Programma WCS per l’Asia Temperata. 

In questo ruolo, supervisiona i programmi in Cina, Mongolia e Afghanistan, oltre a progetti in Russia e Asia Centrale. È considerato uno dei massimi esperti mondiali sul gufo pescatore di Blakiston. I suoi scritti, ricerche scientifiche e fotografie sono stati pubblicati da importanti testate come la BBC World Service, il New York Times, The Atlantic, The Guardian e tanti altri.  

Infine, nel 2021, Slaght ha ricevuto il prestigioso PEN/E.O. Wilson Literary Science Writing Award, un riconoscimento che celebra le opere di eccellenza nella divulgazione scientifica attraverso una scrittura straordinaria.

Cosa ha suscitato il tuo interesse per i gufi?

“Penso di aver iniziato a interessarmi agli uccelli all’università, quando avevo circa 20 anni,” dice Slaght, “Ho sempre trovato i gufi affascinanti, credo che abbiano un’aura di mistero. Tuttavia, quando ho dovuto scegliere l’argomento del mio dottorato tra la gru monaca e il gufo pescatore, non è stata una decisione romantica, ma pragmatica.”

Fonte: Amur – Ussuri Centre For Avion Biodiverisity

Dopo le difficoltà incontrate durante il master, principalmente per l’ottenimento di fondi, Slaght ha scelto una specie che potesse attrarre maggiore attenzione. “Sapevo che c’erano poche informazioni sul gufo pescatore, ed era un’opportunità per contribuire in modo significativo alla sua conservazione.”

Ma la decisione non è stata solo strategica. Slaght ha confessato che l’idea di lavorare di notte al freddo, inseguendo i gufi, fosse più allettante rispetto a passare giornate sotto il sole cocente, tra insetti e fango, cercando di studiare le gru.

In che modo l’ambiente remoto e ostile ha influenzato la tua esperienza?

“Ho vissuto lì per tre anni, poco prima del dottorato. Durante uno di quei tre anni, ho riscaldato la mia casa con la legna che tagliavo personalmente e prendevo l’acqua dal fiume, facendo un buco nel ghiaccio. Quella vita era molto simile al lavoro sul campo e mi ha preparato alle difficoltà che avrei incontrato (…) Non importa quanto freddo, bagnato o stanco fossi durante il giorno, sapere che alla fine avrei avuto un luogo caldo e asciutto dove dormire mi dava la forza di andare avanti.”

Dalla tua prima ricerca sul campo, il cambiamento climatico ha influenzato l’habitat dei gufi pescatori o di altre specie in quella zona?

Sì, il cambiamento climatico ha avuto un impatto significativo,” spiega, “Ad esempio, il tifone Lion Rock ha distrutto vaste aree di foresta cruciali per la nidificazione dei gufi pescatori. Ci vogliono centinaia di anni perché questi alberi crescano abbastanza per ospitarli, e la loro perdita rappresenta un problema grave.”

Slaght ci ha poi introdotto al concetto di sfasamento trofico: “In primavera, i gufi dipendono dalle rane per nutrire i loro pulcini. Tuttavia, le rane sono molto sensibili al clima. Se la primavera arriva prima o più tardi del previsto, i gufi non trovano rane nel momento in cui i loro pulcini ne hanno bisogno, e questo può portare alla morte dei piccoli.”

Quando gli è stato chiesto se avesse potuto raccogliere più dati negli anni recenti, Slaght ha spiegato: Non sono più stato in Russia dal 2019, quindi da prima del COVID. Sono stato lì poco prima della pandemia, ma poi non sono più tornato a causa delle restrizioni legate al COVID e, successivamente, della guerra. Alcuni dei miei colleghi russi stanno continuando a lavorare sul campo, ma io non ho potuto partecipare e non lo faccio da cinque anni.”

Questa combinazione di fattori – disastri naturali e cambiamenti climatici – rende il gufo pescatore una specie particolarmente vulnerabile. Il loro ciclo riproduttivo, infatti, è lento: producono uno o due pulcini ogni due anni, e i giovani impiegano fino a cinque anni per entrare nella popolazione riproduttiva.

Hai mai pensato di abbandonare la tua ricerca? Ti sei mai sentito demotivato?

“Non so se ‘demotivato’ sia la parola giusta. Penso che ‘quasi completamente sconfitto’ sia più accurato. Dormivo in tenda a -30°C, e dopo notti intere passate a cercare di catturare i gufi, non ne prendevamo nemmeno uno. Eravamo sempre stanchi, sempre al freddo, e mi chiedevo se fosse stato un errore persino provarci.”

Nonostante ciò,  la passione e la determinazione verso il suo lavoro hanno avuto la meglio. “Alla fine, tutto ha avuto senso quando, dopo anni di tentativi, sono riuscito a catturare il mio primo gufo pescatore.”

Molti sforzi per la conservazione dell’Artico richiedono una collaborazione internazionale. Pensi che approcci cooperativi simili potrebbero favorire la conservazione di specie come il gufo pescatore di Blakiston?”

“Sì, la cooperazione internazionale è centrale per il mio lavoro,” ha spiegato Slaght. “Lavoro per una ONG ambientale con sede negli Stati Uniti, la Wildlife Conservation Society, come direttore regionale per l’Asia temperata. Supervisiono i nostri progetti in Mongolia, Cina, Afghanistan e anche in Russia e Asia centrale. L’obiettivo principale del mio lavoro è trovare modi per far collaborare i nostri programmi nazionali oltre i confini.”

L’importanza di questa collaborazione è ancora più evidente nel caso di specie migratorie, come gli uccelli. “Quando si parla di uccelli, non puoi concentrarti su un solo Paese per la loro conservazione. La cooperazione è essenziale,” ha sottolineato. Ha inoltre menzionato una squadra, che si occupa del programma artico della stessa ONG, che lavora tra Stati Uniti, Canada e, in parte, con scienziati russi. “Anche in contesti difficili, la collaborazione scientifica rimane fondamentale.”

In questo momento particolare è possibile raggiungere un certo grado di cooperazione internazionale su questi temi?

No, non è facile. È difficile. Ma sai, anche durante la Guerra Fredda c’era una buona collaborazione scientifica. La scienza è stata un modo per permettere alle persone di comunicare, nonostante i problemi tra i governi. Questo è un momento molto impegnativo, ma siamo comunque in grado di mantenere una cooperazione significativa con i nostri collaboratori di lunga data in Russia.”

Le difficoltà geopolitiche e globali, però, non hanno impedito la continuazione di alcuni progetti, a dimostrazione di come la scienza possa rappresentare un ponte e un motivo di unione anche in momenti più complessi.

Un messaggio di armonia fra uomo e natura

Il successo del libro di Slaght, “I gufi dei ghiacci orientali”, ha superato ogni aspettativa. è dunque stato inevitabile chiedergli: quale sia il messaggio principale che i lettori dovrebbero cogliere da questo libro, e quali sono le ragioni di questo successo editoriale.

“No, non mi aspettavo che diventasse popolare,” ha ammesso Slaght. “È un libro sui gufi in Russia, quindi sono rimasto molto sorpreso. Ora è tradotto in nove lingue e altre tre sono in arrivo. È incredibile per me.”

Ma il vero valore del libro va oltre la popolarità. “Credo che questo sia un buon momento per libri come questo, che offrono un po’ di speranza. Sì, c’è molto pessimismo, soprattutto nel contesto dei cambiamenti climatici, e in gran parte è giustificato. Tuttavia, penso sia importante mostrare esempi di successi, anche piccoli, come quello del gufo pescatore. Questi successi dimostrano che ci sono modelli che funzionano.”

Il messaggio di Slaght è chiaro: la conservazione non deve escludere l’uomo, ma trovare un equilibrio che permetta a entrambi di coesistere. Con “I Gufi dei Ghiacci Orientali”, l’autore ci ricorda che, nonostante le difficoltà, la collaborazione e la determinazione possono fare la differenza.

Isabella Basile

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Isabella Basile

Laureata in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università degli Studi di Genova, sto proseguendo i miei studi con una magistrale in Security and International Relations. La mia tesi triennale era incentrata sulla “Corsa all’Artico”, un tema che continua ad affascinarmi e coinvolgermi profondamente.

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