La Città-Stato, crocevia di capitali, merci, persone e tecnologie, è l’insospettabile testimonianza della futura “borealizzazione” di parte dei flussi della globalizzazione.
Singapore dista appena 200 chilometri dall’equatore e ben 8500 dal porti russo di Sabetta, nel Mar di Kara. Perché dovrebbe occuparsi di Artico, tanto da essere nell’Arctic Council dal 2013 e ospitare nel 2015 il forum annuale dell’Arctic Circle?
Tale interessamento è apparentemente contro intuitivo e sviscerando il programma dell’edizione singaporese dell’Arctic Circle si può fare luce sulle questioni che stanno a cuore alla piccola isola.
L’Arctic Circle, con sede in Islanda, è la più grande rete di dialogo e cooperazione internazionale sul futuro dell’Artico e sulle ripercussioni sul Pianeta. È una piattaforma aperta alla partecipazione di ambasciatori, rappresentanti delle principali compagnie di navigazione, fondi di investimento, istituti scientifici, università, associazioni ambientaliste e comunità indigene.
I temi trattati nel 2015 furono: governance delle rotte nordiche, infrastrutture artiche, partnership e investimenti nella regione, scienza e ricerca, infine, cooperazione globale nel Polo Nord. A tutto ciò si è aggiunta l’attenzione verso gli effetti del riscaldamento climatico su innalzamento dei mari e rotte migratorie animali.
Per capire l’attitudine artica di Singapore occorre partire un po’ dalla sua storia e un po’ dalla geografia. L’isola si pone da sempre come potenziale via di passaggio dei traffici e dei trasporti tra Estremo Oriente, Subcontinente Indiano, Penisola Arabica e dall’apertura del Canale di Suez, nel 1869, Mediterraneo.
Ubicata tra l’estremità meridionale della penisola malese e l’isola indonesiana di Sumatra, Singapore si staglia come via obbligatoria di transito navale.
Dopo alterne vicende tra potentati locali, nuovi colonizzatori europei, portoghesi, olandesi, infine, furono gli inglesi della Compagnia delle Indie Orientali a comprendere appieno la valenza dell’isola come crocevia dei commerci.
Fu Thomas Stamford Raffles, governatore britannico e funzionario della Compagnia delle Indie Orientali, a convincere il governo britannico a fondare l’attuale città di Singapore nel 1819. Da allora il successo della Città-Stato fu il sapersi posizionare come punto focale tra gli scambi nevralgici di investimenti, comunicazioni, informazioni e delle tecnologie più promettenti. Al centro dei “flussi” della modernità, merci, capitali e persone.
Esemplificativa l’affermazione in merito da parte di menzione Tommy Koh, ex-ambasciatore dell’isola presso l’ONU: “Le future rotte artiche potrebbero intaccare gli scambi gestiti da Singapore? Bene. Abbiamo aziende capaci di farci entrare nel mercato dei rompighiaccio (la Keppel) e nello sviluppo infrastrutturale. Un’opportunità”.
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Marco Leone
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