Nove Paesi – più l’Unione Europea – sottoscrivono una moratoria della pesca nelle acque del Mar Glaciale Artico. Una svolta, datata lo scorso 3 ottobre, in cui si sono impegnati Stati Uniti, Canada, Russia, Norvegia, Danimarca (tramite la sua parte groenlandese), Cina, Giappone, Islanda e Corea del Sud. La presenza dell’Unione Europea assicura la sottoscrizione formale dei suoi ventotto Stati membri.
Stando al reportage del National Geographic , “L’accordo di conservazione, che riguarda un’area più grande del Mar Mediterraneo, arriva dopo anni di trattative e ha lo scopo di tutelare la fauna marina del Mar Glaciale Artico dallo sfruttamento intensivo delle flotte di pescherecci industriali. Per comprendere appieno il significato di questo storico traguardo, bisogna ricordare che il Mar Glaciale Artico per oltre 100mila anni è stato completamente ricoperto dai ghiacci e l’idea stessa di area di pesca, fino a 20 anni fa, sarebbe sembrata
ridicola. Ora il riscaldamento globale rende navigabili per alcuni mesi vaste aree prima inaccessibili. Fino al 40% del Mar Glaciale Artico centrale – l’area al di fuori della zona economica esclusiva (entro le 200 miglia nautiche) delle nazioni che vi si affacciano – è mare aperto in estate”.
Tra i vari temi che riguardano l’Artico, la pesca è uno dei punti cruciali. Per svariati motivi. Continua il reportage: “Finora le condizioni non erano tali da rendere la pesca in quelle acque attraente. Ma molto presto lo potrebbe diventare. Forse per la prima volta nella storia umana, dunque, le nazioni del mondo si sono messe d’accordo per proteggere un “potenziale habitat“. Una lungimiranza da applaudire. Ma d’altrocanto è difficile negare che l’accordo internazionale appena siglato è un tacito riconoscimento – anche da parte degli Stati Uniti, che hanno annunciato l’uscita dagli accordi sul clima di Parigi – che ci stiamo dirigendo, letteralmente, in acque inesplorate”
Le enormi possibilità economiche, commerciali e semplicemente “proteiche” sono tanto vaste quanto parzialmente sconosciute. La pesca commerciale si limita ad aree già battute dai pescherecci, ma il futuro potrebbe aprire grandi altri spazi marini per le flotte. Eppure: “Non ci sono informazioni“, spiegava lo scorso inverno a National Geographic Nadia Bouffard, direttore generale del Department of Fisheries and Oceans di Ottawa, a capo della delegazione canadese che ha negoziato l’accordo di moratoria sulla pesca. “Abbiamo
posto questa domanda ai nostri scienziati: ci hanno risposto che non esiste alcuna informazione specifica sul pesce presente in questa zona di mare”.
Le acque sub-artiche del Mare di Bering consentono l’approvvigionamento alle più grandi flotte di pesca commerciali degli Stati Uniti, grazie alla presenza di merluzzi del Pacifico, di sgombri, grancevole (o granceole) artiche, granchi reali (king crab), pesci piatti (Pleuronectiformes) e salmoni.
La pesca del merluzzo dell’Alaska, che genera un miliardo di dollari di fatturato annuo, e che costituisce la base dell’industria dei bastoncini surgelati e del pesce utilizzato dalle grandi catene di fast food, è la più redditizia d’America.
Alcune specie, come il salmone e i pesci piatti, si stanno muovendo verso Nord, cercando acque fredde. L’Artico stesso ospita anche almeno due specie di merluzzo: l’Arctogadus glacialis, una specie più simile alle aringhe che al grande merluzzo nordico dell’Atlantico, e Eleginus gracilis, leggermente più grande. Il merluzzo è l’alimento chiave per la vita nell’Artico, dato che gioca un ruolo fondamentale nella catena alimentare. Gran parte della fauna dipende da questi pesci, dagli uccelli marini ai narvali, dai beluga alle foche, a loro volta cibo preferito degli orsi polari.
I ricercatori hanno trascorso anni a raccogliere informazioni su ghiaccio e plancton, trichechi, balene, orsi e altri mammiferi. Molte di queste creature già stanno affrontando uno stress da cambiamento climatico, soffrono per la mancanza di cibo e l’aumento delle malattie. Il problema è che “sappiamo molto su ciò che i pesci mangiano e su chi mangia pesce, ma poco sui pesci stessi”, dice David Benton, un ex rappresentante dell’industria ittica che ora siede nella U.S. Arctic Research Commission.
(Photo credit: Mar Glaciale Artico. Fotografia di Paul Nicklen, ©NatGeoImageCollection)
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