Gli eventi che in queste settimane hanno avuto luogo ad Oslo ci fanno riflettere sul ruolo della Norvegia come pioniera della lotta al cambiamento climatico e leader nella transizione verde verso forme di energia rinnovabili.
Spesso visto come esempio encomiabile da seguire e imitare per raggiungere gli obiettivi degli Accordi di Parigi, la Norvegia, a un’osservazione più attenta, pare bloccata in una dicotomia. Infatti, nonostante l’ottima reputazione del Paese nella lotta al cambiamento climatico, la Norvegia “nasconde” un lato più oscuro, che contribuisce a questa contraddizione.
Prima di tutto, come conseguenza alla guerra in Ucraina, Oslo ha spodestato la Russia come maggiore esportatore di gas naturale in e per l’Europa. E poi, spesso, gli investimenti verdi della Norvegia sono in netto contrasto con i diritti delle popolazioni indigene che vivono sul suo territorio, dando vita a un fenomeno che è stato definito colonialismo verde.
“Le turbine e tutto ciò che viene definito “green”… non è per nulla “green” per noi. Perché porta all’apertura di miniere o all’installazione di parchi eolici sui territori dove svolgiamo da secoli le nostre attività tradizionali. Chi alleva le renne sa che il vento guida la mandria. Ma se qualcosa ostacola le rotte migratorie naturali, questa finisce per disperdersi.”
Queste le parole di Håkon Isak Vars, un pastore di renne che ha contribuito all’organizzazione delle proteste che hanno avuto luogo a Kautokeino (Guovdageaidnu in lingua Sámi), intervistato da Nicola Renzi, dottorando dell’Università di Bologna che era presente in loco.
Per capire da dove hanno origine le proteste di questi giorni, bisogna tornare indietro al 2010, quando l’autorità norvegese per le risorse idriche e l’energia concesse le licenze per la costruzione dei parchi eolici all’interno della zona di Fosen, da sempre area di pastorizia Sámi. Nonostante le proteste della popolazione, contraria al posizionamento di queste pale all’interno di territori tradizionalmente adibiti alla pastorizia delle renne, la costruzione dei parchi eolici non venne bloccata, ed è stata completata nel 2019-2020.
Già nel 2018 la Commissione sull’Eliminazione delle Discriminazioni Razziali dell’ONU era intervenuta nella questione, chiedendo di sospendere il progetto poiché contrario alle tradizionali attività indigene sul territorio. Tuttavia, il Ministero del Petrolio e dell’Energia norvegese aveva continuato imperterrito sulla sua strada, fino a che la questione non è arrivata al livello più alto della giustizia statale.
L’11 Ottobre 2021, infatti, la Corte Suprema Norvegese ha giudicato in favore dei Sámi, sostenendo che la posizione dei parchi eolici di Fosen violasse il diritto dei pastori a godere della propria cultura, contravvenendo all’articolo 27 della Convenzione internazionale sui diritti civili e politici:
In quegli Stati, nei quali esistono minoranze etniche, religiose, o linguistiche, gli individui appartenenti a tali minoranze non possono essere privati del diritto di avere una vita culturale propria, di professare e praticare la propria religione, o di usare la propria lingua, in comune con gli altri membri del proprio gruppo.
Ad oggi, più di un anno dopo la decisione della Corte Suprema norvegese, i parchi eolici di Fosen sono ancora in funzione. Questo fatto ha scatenato una serie di proteste da parte soprattutto di giovani Sámi, che hanno dato vita a sit-in e manifestazioni davanti ai luoghi più importanti del potere di Oslo, partendo proprio dal Ministero del Petrolio e dell’Energia.
A iniziare le proteste la sezione giovanile della Norske Samers Riksforbund, l’associazione nazionale dei Sámi di Norvegia, insieme ad altri attivisti norvegesi, tra cui ha fatto la sua comparsa anche Greta Thunberg. Il modus operandi di questi attivisti è stato esclusivamente pacifico: i giovani attivisti sono rimasti seduti davanti ai Ministeri della capitale impedendo l’ingresso e il funzionamento di questi.
Forte la presenza di elementi tradizionali della cultura Sámi nel corso di queste proteste, tra cui le tipiche tende (i Lavvu), posizionate strategicamente a bloccare gli accessi, l’indossare i vestiti tradizionali al contrario, il tutto accompagnato dai canti tradizionali, gli yoik, sul ritmo delle grida dei manifestanti. Lo slogan più sentito è “ČSV, ČSV!”, che riprende quello che era lo slogan degli anni 70-80 all’epoca della nascita dei movimenti culturali e politici per promuovere la cultura Sámi in tutto il Sápmi, il territorio di questa popolazione indigena artica.
Con il passare dei giorni i giovani attivisti sono riusciti a bloccare 10 ministeri ad Oslo, con la polizia che spesso è intervenuta a portare via di peso le persone che erano sedute a protestare pacificamente.
Il percorso di protesta si è concluso nella giornata di venerdì 3 marzo, davanti al palazzo reale di Norvegia. Qui, il Primo Ministro Jonas Gahr Støre ha riconosciuto pubblicamente la violazione dei diritti umani che sta avvenendo in Norvegia a discapito della popolazione Sámi, e ha promesso che lavorerà assieme ai Sámi per risolvere la questione.
La settimana di proteste si è poi conclusa con un grande concerto, dove artisti, yoikers e attivisti Sámi si sono esibiti, a ribadire l’importanza che la componente culturale ha avuto nel corso di queste proteste.
“Con le nostre azioni cercavamo di comunicare al governo norvegese che troppo tempo era passato senza una loro azione di fronte alla violazione dei diritti di noi Sámi. Siamo riusciti a spingere il governo alle pubbliche scuse ma ciò, naturalmente, non basta. Non ci resta che sperare che adesso prenda la decisione più corretta per noi Sámi.”
Emil Kárlsen, attivista e yoiker presente ad Oslo, intervistato da Nicola Renzi. Nel corso delle proteste a Kautokeino Emil ha eseguito uno yoik creato da Sara Marielle Gaup Beaska in onore degli attivisti di Oslo.
Per i Sámi questa battaglia non finisce qui. In tutte le municipalità del Sápmi sono state organizzate azioni sulla scia degli eventi di Oslo, a supporto della causa di Fosen, tra cui appelli pubblici e manifestazioni culturali. “L’evento che abbiamo organizzato oggi a Guovdageaidnu era un modo per mostrare il supporto e la vicinanza della municipalità, che ha la più grande comunità Sámi in Norvegia, ai nostri giovani che lottavano per i diritti di tutti i Sámi.”
Nelle parole di Marit-Susanne Utsi, che ha guidato l’organizzazione dell’evento di Kautokeino con l’aiuto di Inga Marja Sarre e di Håkon Isak Vars, si percepisce la vicinanza di tutti i Sámi agli attivisti di Oslo e il grido di protesta verso le istanze di colonialismo verde che permeano il territorio norvegese.
Le scuse sono state poste, ma adesso i Sámi vogliono azioni concrete da parte del governo per abbattere o spostare questi parchi eolici al di fuori dei territori tradizionali di pastorizia delle renne. E si dichiarano pronti a tornare ad Oslo a bloccare ancora una volta lo stato in caso in cui la questione non venisse risolta in tempi brevi.
„for kampen er ikke over. Det blir et før og et etter Fosenaksjonen.“
„la battaglia non è finita. Ci sarà un prima e un dopo Fosen“
Giulia Prior
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