Ancora ritardi e incertezze per l’ammodernamento della flotta di rompighiaccio statunitensi, mentre salgono i costi totali.
Il rinnovo della flotta di rompighiaccio americana procede a rilento. Avviato nel 2010 con il timore di un icebreaker gap che strizzava l’occhio a una potenziale “guerra fredda” nell’Artico, il Polar Security Cutter avrebbe dovuto consegnare le prime rompighiaccio pesanti nel 2024. Ora, però, ci si aspetta che la prima, la Polar Sentinel, arrivi solo alla fine del decennio 2020.
Nella progettazione delle nuove rompighiaccio erano stati inizialmente coinvolti nel 2017 cinque “big” dell’industria cantieristica: oltre all’italiana Fincantieri, anche Bollinger Shipyards, General Dynamics/NASSCO, Huntington Ingalls, VT Halter Marine.
Già negli anni precedenti, molto era stato scritto sui magazine della difesa americani sulla corsa a rilento degli Stati Uniti nel “nuovo” Artico. Osservatorio Artico ha seguito gli sviluppi e i ritardi sul fronte della navigazione polare nella regione, sottolineando più volte come in particolare Russia e Cina si stessero attrezzando in vista di un Artico via via più navigabile.
Nel caso americano le difficoltà sono da attribuirsi – oltre a cause iscritte nella contingenza politica (limiti fiscali, coinvolgimento in altri teatri, priorità interne) – al complesso rapporto tra Washington e il suo Artico, storicamente puntellato da grandi investimenti ma anche da plateali e a volte inaspettati dietrofront.
Le stime di costo del progetto, in costante aumento rispetto a quanto preventivato dalla Guardia Costiera, sono lievitate da circa 750 milioni di dollari fino a 5 miliardi di dollari, stimati per la costruzione solo delle per le prime tre rompighiaccio pesanti.
Da quando nel 2010 la USCGC Polar Sea ha segnato il suo arresto a seguito di gravi danni al motore, le rompighiaccio americane attive sono rimaste solo due: la media USCGC Healy, operativa dal 2000, e la pesante USCGC Polar Star, costruita negli anni Settanta. Una flotta così piccola limita già, non di poco, il raggio d’azione americano verso i due poli, soprattutto qualora una delle due dovesse trovarsi, seppur temporaneamente, incapacitata (come in effetti è già successo).
Fin dal 2011, quando gli uffici federali portavano alla luce i diversi gap nel teatro artico riferiti al raggio d’azione del Dipartimento di Sicurezza Interna (di cui è parte la Guardia Costiera), il cammino verso il rafforzamento della presenza americana in Artico sembrava in salita.
Anche ora, mentre i prototipi della prima rompighiaccio vengono studiati e costruiti nei cantieri della Bollinger, le successive tappe del programma di lavoro vengono progressivamente dilazionate e ridiscusse con gli stakeholder, ricalibrandosi su costi via via più alti e milestone posticipate. Nello specifico, le date puntano alla finestra 2028-2030 per il varo della prima nuova rompighiaccio.
Nel frattempo, per il 2025 la Guardia Costiera americana non ha fatto richiesta di ulteriori fondi per il programma, specificando di possederne già a sufficienza per coprire le attività pianificate. Queste ultime, in ogni caso, sarebbero da ridefinire in base a nuove esigenze, come già si sta facendo – confermato dalla USCG.
Nel frattempo, la Polar Star è stata sottoposta a interventi di ammodernamento, avvalendosi (anche) dei pezzi di ricambio provenienti dalla gemella già pensionata (la Polar Sea). Sebbene siano sempre da mettere in conto i tempi di costruzione tipici della cantieristica pesante, è pur vero che negli Stati Uniti è da almeno cinquant’anni che non si costruiscono più rompighiaccio pesanti, e che l’unico porto di acque profonde che può sostenere l’operato delle rompighiaccio è ancora a Seattle, negli Stati Uniti “contigui”.
A complicare la corsa, già dalle prime dichiarazioni che avrebbero portato all’istituzione del programma Polar Security Cutter, l’ammiraglio Paul Zukunft – ora ex comandante della Guardia Costiera e grande sostenitore della corsa alle rompighiaccio – aveva suggerito di armare la flotta. Una scelta che parrebbe uscita di scena sia nel dibattito pubblico che nei documenti di progetto.
In un teatro artico sempre più complesso, in cui ogni anno potrebbe rivelarsi cruciale, gli Stati Uniti rischiano di perdere lo slancio necessario per poter rafforzare la propria readiness militare, e assicurarsi gli strumenti che garantiscano la protezione della propria sovranità, il rispetto delle leggi e dei trattati, la sicurezza dei porti, le operazioni di sicurezza costiera e di supporto anche a comunità, privati e spedizioni scientifiche. Tutti ruoli che difficilmente due navi potranno svolgere. Oppure solo una.
Agata Lavorio
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