La rubrica settimanale da Bruxelles che racconta le tre notizie principali degli ultimi sette giorni dal cuore dell’Unione Europea.
Trump e i dati sul clima
Nel primo mese dall’insediamento di Donald Trump l’impegno del nuovo presidente per smantellare quanto più possibile i progressi fatti dagli Stati Uniti in ambito climatico è stato (come previsto) inesorabile. Oltre al ritiro dal principale accordo globale per il clima, preoccupano molto anche le ostruzioni alla comunicazione climatica e l’intrusione al National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA).
Tutti i siti web governativi sono stati ripuliti dai riferimenti al cambiamento climatico, intere sezioni e fonti preziose di dati come il Climate change resource center (Ccr) sono letteralmente spariti. Inoltre, degli inviati del dipartimento di Elon Musk, Doge (Department of Government Efficiency) hanno fatto irruzione nella sede del NOAA, prelevato dati e messo il sito offline per un giorno intero. Questi dati, di vitale importanza pubblica, sono oggetto delle brame di privatizzazione di molte big corporations.
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L’Unione Europea contro il fast fashion
La Commissione Europea ha inviato una richiesta formale di informazioni al noto marchio di fast fashion Shein. Secondo le previsioni del Digital Services Act (DSA), la Commissione ha chiesto a Shein di fornire informazioni dettagliate sui rischi legati alla presenza di prodotti e contenuti illegali, sulla trasparenza del sistema di raccomandazioni, e sull’accesso ai dati per ricercatori qualificati. Il colosso cinese ha tempo fino al 27 febbraio per rispondere con la documentazione richiesta, sulla base della quale la Commissione Europea deciderà se aprire un procedimento formale ai sensi dell’Articolo 66 della DSA.
La Commissione ha anche pubblicato un “toolbox” per la gestione delle sfide poste dai siti di acquisto online che non rispettano gli standard europei. L’indagine aperta a Novembre dalla Commissione e il Consumer Protection Cooperation Network per le pratiche illegali commesse dall’altro colosso cinese della vendita al dettaglio, Temu, è ancora in corso.
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L’esempio danese contro la pesca a strascico
Il governo danese ha presentato una proposta per vietare la pesca a strascico in oltre il 17% delle acque nazionali. La proposta prevede di creare delle zone di divieto in tutto il Mare di Belt e in un’area del Kattegat orientale. Secondo il ministro dell’Ambiente Magnus Heunicke, fermare questa pratica nelle aree vulnerabili individuate è fondamentale per salvaguardare la base alimentare di specie chiave come il merluzzo nonché la salute dell’intero ecosistema marino.
Il tema della protezione degli habitat marini e del divieto di pratiche dannose come la pesca a strascico nelle zone protette è particolarmente caldo in UE. La campagna Protect Our Catch, sostenuta da numerose organizzazioni e centinaia di migliaia di cittadini, ha recentemente inviato due lettere aperte al presidente francese Emmanuel Macron (che si prepara a ospitare la prossima Conferenza ONU sugli oceani a Nizza) e al commissario europeo per la pesca e gli oceani Costas Kadis, esortandoli ad agire.
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Annalisa Gozzi
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