Il mese dell’orgoglio gay è protagonista anche nei Paesi artici e subartici, per quanto esistano profonde differenze tra nazioni e culture.
Fin dai moti di Stonewall a New York del 1969, a Giugno si celebra il Pride, il mese dell’orgoglio gay e di tutte le sfumature umane di identità e genere. Anche nei paesi artici questa tradizione è abbracciata e celebrata, e alcuni tra questi sono addirittura tra le mete più LGBT-friendly del mondo.
Cinque nazioni artiche sono tra i primi 20 Paesi più sicuri per la comunità LGBT+ secondo il LGBTQ+ Danger Index. Canada, Svezia, Norvegia, Islanda e Danimarca sono riconosciute come democrazie largamente progressiste ed evolute, sotto questo aspetto. In Islanda, ad esempio, le unioni civili omosessuali sono riconosciute già dal 1995, e i matrimoni omosessuali dal 2010 (che possono anche essere celebrati in Chiesa dal 2015).
L’Islanda è stato inoltre il primo Paese a eleggere un capo del governo apertamente omosessuale, Johanna Sigurdardottir (2009-2013). Tra i Paesi artici, però si annovera anche la Russia, dove la comunità LGBT+ è continuamente sotto attacco dal 2000, che rappresenta un anno di svolta dell’attitudine del governo russo verso la comunità.
Prima del 2000, anche in Russia relazioni e matrimoni omosessuali erano stati de-criminalizzati nel 1993, e l’omosessualità non era più considerata una malattia mentale. Inoltre, ai russi transgender dal 1997 era stata concessa legalmente la possibilità di cambiare il loro genere nei documenti ufficiali.
A cambiare drasticamente le cose sono state le leggi che proibiscono la “propaganda LGBT”, adottate dal 2006 al 2013, che prevedono pene che vanno da multe di 5000 rubli fino alla deportazione in caso di dimostrazioni pubbliche d’affetto.
Il culmine della lotta alla comunità LGBT+ è stato la creazione dei campi di detenzione per omosessuali e sospetti tali nella repubblica della Cecenia nel 2017, come riportato da giornalisti della Novaya Gazeta, dove più di 100 uomini gay hanno subito torture e maltrattamenti in quella che è stata definita una “campagna di violenza coordinata dalle autorità”.
Tre attivisti russi, dopo essere stati condannati per aver protestato contro queste leggi tra il 2009 e il 2012, si sono appellati alla Corte Europea dei Diritti Umani. La quale ha riconosciuto alla Russia la violazione degli articoli 10 (libertà di espressione) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
Nonostante in altri Paesi artici la situazione sia nettamente migliore, la violenza contro la comunità LGBT continua anche oggi. L’ultimo caso è dello scorso sabato 25 Giugno, quando due persone sono morte e 21 sono state ferite a Oslo in un potenziale attacco terroristico avvenuto vicino al London Pub, uno dei locali preferiti dalla comunità LGBT+ nella capitale norvegese.
Nonostante la parata del Pride sia stata formalmente cancellata per sicurezza, centinaia di persone hanno comunque deciso di marciare vicino alla scena del crimine per dimostrare il loro supporto al grido “We’re here, we’re queer, we won’t disappear!”.
Giulia Prior
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