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Navigare l’Artico: potenzialità e limiti della Northern Sea Route

Intervista a Roman Žilin, giovane accademico russo, appassionato di Artico ed esperto delle politiche del Cremlino nella regione. Prima parte.

Una voce dalla Russia

La Rotta Marittima del Nord è da tempo al centro del dibattito internazionale sul trasporto marittimo, riconosciuta per il suo potenziale di accorciare i tempi di transito tra Europa e Asia per le navi da carico. Tuttavia, con l’invasione dell’Ucraina, le ambizioni della Russia nell’Artico hanno subito un’importante battuta d’arresto. O forse no? Ne parliamo con Roman Evgen’evič Žilin, fondatore di The Arctic Community, un’organizzazione di giovani scienziati con sede a Mosca.

Laureato presso l’Accademia Diplomatica del Ministero degli Affari Esteri e l’Istituto per gli Studi su USA e Canada dell’Accademia Russa delle Scienze, Roman organizza discussioni e conferenze aperte su temi legati all’Artico, coinvolgendo esperti e appassionati del settore.

Roman Evgen’evič Žilin

La seconda parte dell’intervista, in cui analizziamo, in particolare, come il diritto internazionale e le relazioni sino-russe influenzano le dinamiche della NSR, è pubblicata in un secondo articolo.

La Northern Sea Route (NSR) o Rotta Marittima del Nord è spesso acclamata per il suo potenziale di trasformare il trasporto marittimo globale, riducendo significativamente i tempi di transito tra Europa e Asia. Tuttavia, il conflitto in corso in Ucraina ha complicato gli obiettivi del governo russo nella regione. Come sono cambiate le ambizioni della Russia per la Northern Sea Route a partire dal 24 febbraio 2022?

Innanzitutto, occorre ricordare che la NSR ha due facce: quella di via di comunicazione esterna e quella di corridoio di transito internazionale. È infatti assolutamente vitale per garantire la sopravvivenza degli insediamenti artici russi. Con l’assenza di infrastrutture ferroviarie e le crescenti esigenze dei progetti estrattivi artici, Mosca non ha altra scelta che sviluppare la NSR, indipendentemente dal contesto geopolitico internazionale. L’Artico rappresenta tra il 10 e il 15% del PIL russo – un valore di molto superiore allo 0,24% dell’Alaska per gli Stati Uniti o allo 0,51% dei territori artici per il Canada – rendendo indispensabile un robusto sistema di trasporto nazionale.

La sua trasformazione in un’importante via d’acqua internazionale, invece, è sempre stato considerato un progetto a lungo termine. Non è un segreto, l’Artico, attualmente, è ancora poco sviluppato, imprevedibile e carente di infrastrutture fondamentali. Sebbene il suo potenziale sia significativo, la piena realizzazione di questo richiederà tempo e ingenti investimenti.

Certo, nel solo 2023, la NSR ha registrato un anno record, vedendo il passaggio di ben 36 milioni di tonnellate di merci, di cui il 6,5% in transito. Non dobbiamo però fare l’errore di considerare il “transito”, in cui né il porto di partenza del carico né quello di arrivo dello stesso sono compresi nel bacino della NSR, come esclusivamente internazionale. Secondo la normativa ufficiale russa, infatti, la NSR si estende a est fino al parallelo di Capo Dežnëv, nello Stretto di Bering, e a ovest fino al meridiano di Capo Želanija, presso l’arcipelago di Novaja Zemlja. Questo implica che qualsiasi nave che attraversi la NSR, per esempio da Vladivostok a Murmansk, venga considerata in transito su questa, anche senza fare scalo nei porti lungo la rotta.

È fondamentale comprendere i confini ufficiali della NSR secondo la legge russa, poiché ogni piano, dichiarazione o restrizione si applica solo a questa specifica area e non a tutte le acque artiche sotto la giurisdizione russa.

northern sea route map
I confini della Northern Sea Route riportati da Rosatom.

In ogni modo, è innegabile, durante il primo anno di isolamento della Russia da parte dei Paesi occidentali, il traffico di transito lungo la NSR è diminuito del 90%, un dato significativo che riflette l’impatto delle sanzioni internazionali.

È interessante notare che la tabella di marcia per lo sviluppo della NSR è stata adottata ufficialmente solo dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, il 1° agosto 2022. Tale piano includeva obiettivi molto ambiziosi per il volume di trasporto lungo la NSR, spesso discussi negli ambienti accademici russi (e non solo, NdR): “80 milioni di tonnellate entro il 2024 e 150 milioni entro il 2030”.

Sebbene inizialmente questi numeri potessero sembrare assolutamente irrealistici, avevano una loro logica: la NSR è essenzialmente un corridoio di trasporto pensato per soddisfare le esigenze delle industrie. Di conseguenza, è ai progetti industriali che bisogna guardare, piuttosto che alla NSR come entità indipendente. Considerando il successo dei progetti estrattivi, soprattutto di GNL, la crescente domanda per lo sviluppo dell’Artico e la grande disponibilità di risorse, la NSR potrebbe, teoricamente, davvero raggiungere gli obiettivi prefissati.

Inoltre, questi piani, stabiliti a livello statale, dimostrano che la NSR non è solo una via di trasporto, ma anche un progetto politico mirato a consolidare il controllo russo nell’Artico e a rafforzare la politica estera del Cremlino. Tuttavia, il vero problema risiede nelle infrastrutture, come navi Ro-Ro (che possono essere caricate orizzontalmente e che, quindi, non necessitano dell’ausilio di gru, NdR), i porti e le rompighiaccio. La revoca delle sanzioni e un maggiore accesso agli investimenti stranieri potrebbero davvero rendere la NSR una rotta marittima internazionale, ma questa visione rimane ancora lontana dalla realtà.

La scritta СЕВМОРПУТЬ è l’acronimo di NSR in russo. Fonte: Rosatom

Recentemente, Rosatom, l’ente regolatore della NSR, ha ridimensionato i propri, abbassando la previsione ad “appena” 40 milioni di tonnellate per il 2024. Non mi sento di affermare che le ambizioni della Russia sono cambiate, ma i progressi si sono certamente arrestati. Anche il governo lo ha riconosciuto.

Con la firma del recente ICE Pact tra Stati Uniti, Canada e Finlandia, accordo politico-industriale che mira a rafforzare la cooperazione tra i tre Paesi e alla costruzione di una nuovissima flotta rompighiaccio, come potrebbero evolversi le capacità russe nella gestione delle rompighiaccio? Questo accordo potrebbe avviare una sorta di corsa agli armamenti della navigazione polare e modificare le dinamiche di controllo sull’Artico?

Basti dire che la Russia è notevolmente più avanti di qualsiasi altro Paese in termini di flotta rompighiaccio. Secondo i miei calcoli recenti, la Russia gestisce circa 52 rompighiaccio, di cui 7 a propulsione nucleare. Per avere un’idea della disparità, nessun altro Stato possiede più di 10 rompighiaccio, e nessuno di questi è nucleare.

Prima di tutto, vale la pena fare un passo indietro e chiarire cosa sia una rompighiaccio e perché un Paese scelga di costruirlo. Una rompighiaccio non è un fine, ma un mezzo di trasporto strategico. Progettare, costruire e mantenere queste navi è estremamente costoso, per cui è essenziale avere valide ragioni per farlo. E la Russia ne ha molte.

In primo luogo, la Russia possiede oltre il 53% delle coste del Mar Glaciale Artico e quasi la metà della popolazione mondiale che abita stabilmente nella regione artica. Per questo motivo, ha un’esigenza assoluta di rompighiaccio per il trasporto interno, motivo per cui ha sviluppato una flotta così vasta. Al contrario, gli altri Paesi artici non hanno le stesse necessità, né sufficienti ragioni per giustificare la costruzione di rompighiaccio costose, a meno che non si vogliano considerare motivazioni geopolitiche.

In parole povere, questo è il motivo per cui, per esempio, il programma statunitense dei Polar Security Cutter, di cui c’è grande necessità, è stato ritardato più volte e attualmente non sta procedendo come previsto. È interessante notare che ora la Guardia Costiera statunitense ha solo due rompighiaccio attive, entrambi piagati da problemi tecnici.

Per quanto riguarda l’ICE Pact, è sicuramente un passo importante verso il rafforzamento della presenza della NATO nell’Artico, ma è ancora troppo presto per prevedere con esattezza l’impatto che questo avrà sulla regione.

[L’intervista continua qui]

Tommaso Bontempi

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Tommaso Bontempi
Dottore in Relazioni Internazionali Comparate, laureato presso l'Università Ca' Foscari di Venezia. Sono appassionato di tutto ciò che riguarda l’Europa orientale, dalla storia alla cultura alle lingue. La mia vita si svolge tra l’Italia e la Russia.

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