Investimenti, ricerca scientifica e molto di più, con uno sguardo riverso al mare. Cosa riserverà il XIV Piano Quinquennale per l’Artico?
Fu nel 2014 ad Hobart, in Australia, che il presidente Xi Jinping accostò alla Cina la definizione di “Polar Great Power”. La Cina sta crescendo e l’assertività delle parole del presidente cinese testimoniano anche l’abbandono dell’approccio diplomatico caro a Deng Xiaoping, caratterizzato dalla teoria “hide your capabilities and bide your time”.
Forte dell’ascesa economica e diplomatica degli ultimi trent’anni, oggi la leadership cinese si relaziona con il mondo con un approccio più assertivo, e si propone leader in diversi campi: dalla lotta al cambiamento climatico all’innovazione dell’industria high-tech, passando per il commercio globale. In questo articolo si cercherà di dedurre cosa il XIV Piano Quinquennale, che vedrà la luce nei primi mesi del 2021, riserverà per l’Artico.
Sarà ripercorso il ruolo che l’Artico ha occupato nei precedenti piani quinquennali: un processo iniziato con l’attenzione alle esplorazioni destinate alla ricerca scientifica, che progressivamente è stato implementato dal potenziamento delle navi rompighiaccio. E destinato a creare per la Cina un ruolo preciso e ben definito all’interno della governance artica e al rafforzamento di partenariati strategici.
Ma perché l’Artico? La strategia cinese in Artico è figlia di un interesse che racchiude diverse componenti: commercio marittimo, esplorazione di risorse energetiche e proiezione dell’immagine di un attore rispettoso dello status quo. Possiamo ritenere questi tre aspetti le chiavi di lettura di una strategia che, risalente ai primi del Novecento, si è evoluta di pari passo con la crescita del Paese, con le necessità di un vertiginoso sviluppo e con la consapevolezza del rapido mutamento del quadro geopolitico mondiale e dell’impatto del cambiamento climatico.
Nel XII Piano Quinquennale (2011-2015) l’Artico trova spazio nella sezione dedicata alla promozione e allo sviluppo dell’economia marittima e si focalizza sugli obiettivi della ricerca scientifica.
“Strengthen integrated marine surveying and mapping, and carry out polar and oceanic scientific investigation actively. Improve maritime laws, regulations and policies, and enhance marine law-enforcement to maintain the order of exploitation of marine resources. Strengthen bilateral and multilateral marine affairs negotiation, participate in international marine affairs actively, ensure the safety of marine transport channels, and maintain our country’s marine rights and interests.”
Anche se non espresso all’interno del Piano, nell’arco di questi anni la Cina ha lavorato molto per rafforzare il proprio ruolo in Artico. Nel 2013 ottiene il successo diplomatico più rilevante, che la vede diventare membro osservatore del Consiglio Artico.
Come afferma la prof. Brady nel suo China as a polar great power (2017): “By the end of the 12th Year Plan, China has achieved its stated goals of improving its polar soft and hard power through producing high-quality scientific research, had steadily expanded its multilevel presence in the Arctic and Antarctic, and certainly had met its target of equaling the capacity of the leading developed states operating in Antarctica”.
Non solo quindi ricerca scientifica, ma la Cina ha puntato al rafforzamento del suo ruolo diplomatico e al miglioramento dei rapporti bilaterali con molti attori artici. Nel XIII Piano Quinquennale (2016-2020) i primi cenni alle regioni polari avvengono nella sezione riservata alla Blue Economy e al rafforzamento della protezione delle risorse ambientali e marine.
“We will also strictly control the intensity of fishing and enforce a fishing prohibition period. We will strengthen the prospecting and development of marine resources and expand scientific expeditions to marine polar regions”. E’ doveroso notare come gli obiettivi dichiarati trovino reale riscontro: nel 2018 la Cina prende parte ad un accordo firmato ad Ilulissat, in Groenlandia, che vieta la pesca a fini commerciali nella zona centrale dell’Oceano Artico per un periodo di sedici anni.
Tra i promotori di tale accordo la Cina si affianca a Russia, Stati Uniti, Unione Europea, Canada, Danimarca, Islanda, Giappone, Repubblica di Corea e Norvegia. Il raggiungimento dell’accordo testimonia la necessità di un approccio multilaterale e transnazionale per colmare un gap della governance dell’Oceano Artico, che vada anche incontro alla necessità di mitigazione delle minacce all’ambiente per una reale applicabilità e sviluppo di una blue economy artica.
Ma l’Artico diventa una realtà da inseguire a da difendere per la Cina. Per cui, nella sezione in cui vengono trattate la tutela e la difesa degli interessi marittimi, in cui si fa ovviamente riferimento al rafforzamento della difesa della sovranità cinese sui territori nazionali, vengono espletati il rispetto e la cooperazione come driver principali applicati all’ordine marittimo regionale e internazionale vigente.
I piani per le regioni polari si ritagliano uno spazio rilevante, nel quale vengono menzionati i relativi obiettivi che diventano più articolati e dettagliati:
Tra i vari punti spicca quello relativo alla costruzione di nuove e avanzate navi rompighiaccio che, oltre a permettere la buona riuscita di esplorazioni scientifiche sempre più lunghe e complesse, rappresentano un importante parametro di operatività nelle regioni artiche.
Ora che lo scioglimento dei ghiacci nel suo percorso inesorabile accelera, la Cina lavora d’anticipo per poter essere sempre più efficiente nelle acque polari. Già nel Dicembre 2016 infatti era stata avviata la costruzione nel porto di Shanghai della Xuelong 2, la prima nave rompighiaccio a fabbricazione esclusivamente cinese.
La collaborazione con la Aker Arctic, azienda finlandese che probabilmente dispone della tecnologia per rompighiaccio più avanzata al mondo, è stata fondamentale per la realizzazione di un prodotto altamente tecnologico, in grado di rispondere perfettamente alle difficoltà che le acque artiche presentano.
Fino ad ora la Xuelong 1 – una rompighiaccio acquistata dall’Ucraina nel 1993 – ha permesso alla Cina di stabilire e intensificare la propria presenza ad entrambi i poli. Tuttavia, le funzioni cui entrambi le rompighiaccio hanno contribuito, sono state riservate al supporto di spedizioni scientifiche, con l’obiettivo di accrescere la conoscenza del territorio e delle dinamiche dell’ambiente artico.
Ma da circa un anno si fa spazio la possibilità che la Cina stia lavorando a una rompighiaccio a propulsione nucleare della stessa potenza della russa Arktika. Rappresenterebbe un importante game-changer nelle dinamiche artiche, e una più che concreta prova che le ambizioni cinesi per la regione artica sono proiettate non solo al prossimo futuro, ma molto in là negli anni.
Infatti poterne disporre aumenterebbe notevolmente la mobilità e l’autosufficienza cinese per periodi molto estesi dell’anno. Una nave che, inoltre, amplierebbe il ventaglio di operazioni artiche da poter condurre in sicurezza: scortare altre navi sulle vie navigabili artiche; condurre operazioni scientifiche polari in regioni remote per lunghi periodi, oltre a eseguire un’ampia gamma di operazioni di supporto logistico complesso in entrambe le regioni polari.
Un altro aspetto estremamente importante relativo al ruolo dell’Artico nel XIII Piano Quinquennale è l’aver inserito la regione anche nella sezione dedicata al sistema di governance economica internazionale. Dopo un’ introduzione in cui la Cina si dichiara assolutamente incline a una attiva cooperazione all’interno del meccanismo di governance economica globale, viene affermato che: “We will take an active role in formulating international rules in areas such as the internet, the deep sea, the polar regions, and aerospace.”
L’assertività di tale affermazione testimonia un fondamentale passo in avanti della diplomazia cinese, che ora ambisce a partecipare attivamente al framework giuridico che governa l’Artico. Lo spazio per esercitare tale ruolo è già stato creato dall’ingresso nel Consiglio Artico nel 2013, e la firma dell’accordo che vieta la pesca a fini commerciali nella zona centrale dell’Oceano Artico contribuisce alla percezione della Cina come un attore responsabile.
Inoltre, nel Gennaio 2018 il rilascio della China’s Arctic Policy ha permesso di inquadrare ufficialmente i piani di Pechino che si basano sulla cooperazione, il rispetto dell’apparato legale esistente e nello sviluppo sostenibile della regione artica.
Gli obiettivi del XII e del XIII Piano quinquennale riservati alle regioni polari hanno permesso alla Cina di avanzare progressivamente nella ricerca scientifica, e di costruirne una certa credibilità. Sono stati anni dedicati alla creazione di un ruolo istituzionale all’interno della governance artica, oltre che allo sviluppo delle relazioni con diversi Stati e attori artici, con cui la Cina condivide obiettivi e future strategie.
Molti dei partenariati e accordi sono nati in funzione dell’avanzamento dell’esplorazione mineraria artica condotta a livello generale, e diverse compagnie petrolifere e gasifere cinesi hanno preso parte a importanti progetti a partecipazione internazionale. Dalle terre rare groenlandesi al gas russo. Uno dei driver principali dei cambiamenti che riguarderà i prossimi anni sarà la percorribilità delle rotte artiche per periodi sempre più estesi nel corso dell’anno.
L’opportunità di incrementare il volume del commercio marittimo lungo le rotte artiche si intersecherà con una sempre maggiore richiesta di energia derivante da fonti alternative, e dalla priorità data al consumo interno.
E’ quindi prevedibile, oltre a un ulteriore impulso alla ricerca scientifica artica, un consolidamento del ruolo della Cina all’interno dell’infrastruttura internazionale che governa l’Artico. E un conseguente rafforzamento dei partenariati commerciali ed economici con molti dei Paesi artici. Un Artico pacifico e stabile è condizione necessaria perché la strategia di Pechino possa procedere senza intoppi, per cui è prevedibile un ruolo sempre più attivo e più incline al dialogo e alla sinergia internazionale.
Marco Volpe
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