Il 27 febbraio è la Giornata Mondiale dell’Orso Polare. Una giornata che ha un’importanza simbolica importante in un contesto globale in cui l’ambiente è diventato uno degli snodi cruciali del prossimo futuro, sia da un punto di vista emotivo sia puramente economico e politico. In questo articolo scopriamo insieme chi è l’orso polare, quali sono le sue caratteristiche, dove vive, cosa mangia e il perchè è a rischio estinzione.
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Il nome scientifico dell’orso polare è “Ursus maritimus” che letteralmente significa “Orso del mare”. È il più grande carnivoro terrestre del pianeta. Rappresenta l’apice della catena alimentare terrestre dell’area artica, e la sua sagoma appare più slanciata rispetto ai suoi “cugini” grazie all’adattamento alla vita semi-acquatica. Eccellente nuotatore, l’orso artico trascorre la maggior parte del tempo sulla banchisa ghiacciata, dove può cacciare e riprodursi. E oggi il numero di questi affascinanti animali si aggira su una quota compresa tra i 22.000 e i 30.000.
Gli orsi polari oggi rappresentano la battaglia ambientalista, e negli ultimi anni si sono viste foto sempre più inquietanti di questi animali, ridotti spesso alla fame e quindi anche più pericolosi per le comunità.
Il suo mantello bianco è costituito da peli idrorepellenti in grado di trattenere il calore. Al di sotto della cute, l’orso polare ha circa 10 centimetri di grasso che lo proteggono dal freddo. Ha 42 denti molto affilati, con un paio di canini più grandi di quelli del Grizzly, 30 centimetri di larghezza della zampa e tre palpebre per proteggersi dal rigore del clima.
Gli orsi bianchi vivono nei paesi che circondano il circolo polare artico: Canada, Russia, Stati Uniti (in Alaska), Groenlandia e Norvegia. Durante la stagione invernale, le temperature nell’Artico si aggirano generalmente intorno a -34°, e possono arrivare fino -69°. Anche la temperatura dell’acqua è gelida, raggiungendo fino a -2°, il punto di congelamento dell’acqua di mare.
L’orso polare è un grande nuotatore, capace di raggiungere fino ai 10 chilometri orari di velocità. Usa le sue zampe anteriori per pagaiare e quelle posteriori come timone. È noto che questi orsi siano in grado di nuotare per più di 100 km senza sosta.
Tuttavia, se durante queste nuotate sempre più lunghe (a causa dal riscaldamento dell’oceano) si dovesse scatenare una tempesta, l’orso bianco potrebbe anche annegare. Le tempeste e i lunghi tragitti rappresentano una grande difficoltà soprattutto per i cuccioli.
Anche sulla terra ferma, però, è un predatore molto rapido che può arrivare a toccare i 40 chilometri orari. Il colore della pelle, al di sotto del pelo bianco, è nero, mentre la sua lingua è blu. Gli orsi polari trascorrono oltre il 50% del loro tempo a caccia di cibo, e la loro dieta consiste principalmente in foche dagli anelli e foche barbute, animali che hanno grandi quantità di grasso, necessario per la sopravvivenza.
La progressiva riduzione dello spazio di caccia produce effetti a lungo termine. Meno cibo significa anche meno possibilità di riproduzione, e questo mina le fondamenta della possibilità di avere ancora comunità sostanziose di orsi bianchi nel loro habitat naturale.
Gli orsi polari si stanno estinguendo? Ad oggi la popolazione di orsi polari è stimata tra i 22mila e 31mila esemplari, il 60% dei quali si trovano in Canada. Ma diversi studi concordano sul rapido declino che potrebbe portare alla scomparsa di circa un terzo dell’attuale popolazione entro il 2050-2055.
Il WWF sostiene infatti che:
Di anno in anno la “casa” dell’orso polare si riduce sempre più velocemente per colpa del riscaldamento globale: a gennaio l’estensione dei ghiacci artici era del 10% al di sotto della superficie rilevata in passato, secondo i rilevamenti della National Snow and Ice Data Center (NSIDC) che utilizza misurazioni satellitari. Si tratta complessivamente di almeno 1,36 milioni di chilometri quadrati sotto la media delle rilevazioni 1981-2010 (in genere attestata sui 13 milioni di kmq complessivi) e il mese di febbraio si sta concludendo con un ulteriore flessione rispetto alla media. Entro i prossimi 35 anni rischiamo di perdere il 30% della popolazione di orso artico finora stimata tra i ghiacci artici, un messaggio che il WWF lancia alla vigilia della Giornata Mondiale dell’Orso polare che si celebra il 27 febbraio.
La riduzione dell’habitat di questo magnifico mammifero è uno dei tanti segnali che il Pianeta sta lanciando sul cambiamento climatico e che colpisce una specie simbolo messa a dura prova. Gli scienziati hanno diviso la popolazione totale di orsi polari in 19 unità o sottopopolazioni: secondo le stime gli orsi sono complessivamente tra i 22.000 e i 31.000 esemplari (molte aree non sono state ancora esplorate) ma gli ultimi dati forniti dal gruppo degli specialisti dell’orso bianco polare dell’IUCN mostrano che tre delle sottopopolazioni sono già in declino e che esiste un alto rischio stimato di futuro declino vista la velocità di riduzione del ghiaccio marino.
Minacciato dal riscaldamento globale – che scioglie la banchisa e che lo spinge a cercare cibo in territori abitati – l’orso bianco è diventato però anche l’ago della bilancia su questioni strettamente economiche. Lo scorso 4 novembre la Corte Federale si è trovato a dover stabilire le nuove quote di caccia all’orso nella regione di Nunavik, in Canada. E al Ministro dell’Ambiente Catherine McKenna e alle organizzazioni internazionali come il WWF – che denunciavano le condizioni di sofferenza degli animali – hanno risposto le popolazioni indigene della zona, gli Inuit.
Secondo le dichiarazioni giurate presentate dai gruppi Inuit, la popolazione degli orsi polari sarebbe addirittura aumentata notevolmente negli ultimi 30 anni, e stando all’affidavit “La salute degli animali è considerata molto buona”. Gli orsi non vengono elencati come specie minacciata nell’area, secondo gli standard della Species At Risk Act.
Nonostante le proteste degli Inuit, la Corte ha dato ragione al Governo canadese, riducendo il numero di esemplari da abbattere durante la caccia. Il caso evidenzia una forte tensione tra i cacciatori indigeni e i ricercatori scientifici, e non è la prima volta che accade qualcosa di simile nell’Artico. Pensiamo ad esempio alla caccia alla foca o alla balena, cruciale per le popolazioni della Groenlandia, ma messe al bando grazie all’attivismo delle organizzazioni ambientaliste. Una decisione certamente non semplice, che ha sicuramente aiutato la popolazione faunistica ma che ha anche ridotto drasticamente sostentamento, economia, autonomia politica e culturale delle popolazioni autoctone.
L’informazione degli Inuit era dunque strumentale o vera? Se consideriamo l’affidavit, le dichiarazioni certificate stridono con il grido d’allarme dello stesso WWF dello scorso 27 febbraio 2019 – Giornata mondiale dedicata a questi plantigradi – secondo cui la popolazione di orsi polari potrebbe ridursi del 30% nel corso dei prossimi 35 anni. Qual è allora la verità?
La scorsa estate abbiamo visto decine di immagini di orsi bianchi girovagare per le strade delle cittadine siberiane in cerca di cibo. Animali affamati, malati e magri. E certamente questa è una scena innegabile, così come non si può mettere in dubbio la parola delle comunità locali che abitano le coste settentrionali di Canada, Norvegia o Russia, quando affermano di averne timore a causa dell’elevato numero di animali.
La spiegazione, allora, risiedere proprio nel cambiamento climatico. Sciogliendosi l’habitat naturale, gli orsi bianchi polari sono costretti anche a spostare le proprie zone di caccia, andando quindi a modificare le proprie abitudini e il proprio stile di vita. La popolazione di orsi polari maggiormente colpita dallo scioglimento della banchisa è quella che vive nella zona del Mare di Beaufort, un’area che si estende a nord delle coste dell’Alaska e del Canada. Secondo la International Union for Conservation of Nature, la specie sarebbe da categorizzare tra gli animali “Vulnerabili“.
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voglio salvare dagli orsi polari in via d'estinzione, dai cacciatori indigeni e i ricercatori scientifici, sai, ho chiesto i miei buoni consigli dagli amici immaginari, gli gnomi, io devo salvare tutti gli animali del pianeta terra, sarò l'ambasciatore di WWF Italia.
I carnivori sia nelle zone climatiche al nord e al sud, sia nelle zone inter-equatoriali, sono le specie che più rischiano l'estinzione. Così come abbiamo introdotto il reddito di cittadinanza, dobbiamo provvedere a sfamarli. Sarà una misura palliativa, perché la loro salvezza dipende dal ritorno al loro habitat naturale, che è impossibile.
L'uomo ha occupato molto spazio del loro ambiente e questo fenomeno è irreversibile.