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Oltre la Brexit: la strategia UK per l’Artico

Beyond the ice: UK policy towards the Arctic“. E’ chiamato così il documento dato alle stampe da Londra nel 2018, che segue il precedente “Arctic Policy Framework” del 2013, denominato ecumenicamente “Adapting to change”.

I pilastri della strategia britannica per l’Artico prevedono:

  • Comprensione del cambiamento in atto nella regione;
  • Protezione del fragile ambiente artico;
  • Promozione della prosperità regionale.

“Questi principi rimangono centrali per l’approccio del governo britannico all’Artico. Riconosciamo che la gestione artica è affidata agli Stati artici e alle popolazioni indigene di quegli Stati e continua a sostenere i loro sforzi per garantire un futuro sostenibile per la regione”, stando alla presentazione di accompagnamento del documento.

La Gran Bretagna non è uno Stato artico, e le pulsioni della Brexit interessano particolarmente Londra sulla questione. Perché? Perché la Scozia della Premier Nicola Sturgeon vede nel possibile sviluppo del Grande Nord una potenziale uscita dell’impasse londinese sulla delicata questione europea. Durante il referendum su Brexit, la Scozia vide un risultato schiacciante a favore del “Remain”. La differenza di voto tra l’anima inglese e quella scozzese della Gran Bretagna dimostrò ancora una volta la difficile convivenza su temi strategici. Anche in virtù di questo, Sturgeon si è fatta promotrice delle ambizioni artiche della Scozia. Prima ospitando un congresso dell’Arctic Circle nel novembre 2017, e poi inviando direttamente il Ministro dello Sviluppo Economico Alasdair Allan.

«La Scozia ha fatto parte della lega del Nord per secoli, vicini per cultura, lingua, usi e costumi, e così collaboriamo insieme per lo sviluppo dell’area. Dallo scioglimento dei ghiacci all’innalzamento del livello del mare, la questione ambientale ci colpisce già direttamente, considerando la costa settentrionale del Paese e anche le Isole Shetland». Queste le parole di Allan all’ultima assemblea dell’Arctic Circle a Tórshavn, lo scorso maggio (dove eravamo presenti: “Artico, il futuro si decide a Tórshavn“). «La nostra strategia è anche quella di diventare più rilevanti nell’area. Il 62% delle persone in Scozia hanno votato per restare all’interno dell’Unione Europea, ma stiamo affrontando la Brexit e dobbiamo guardare a nuove opportunità dell’area». Se il petrolio del Nord Europa non ha poi un valore tale da consentire all’Unione Europea di sottrarsi dall’orbita dei Paesi del Golfo, Edimburgo cerca in tutti i modi di accreditarsi come Paese artico. Prima di tutto da un punto di vista culturale, e poi – un domani – anche con investimenti diretti sul turismo e sulla pesca.

A livello generale, però, la strategia del Regno Unito si riassume nelle venti pagine scarse del documento pubblicato nel 2018, che si apre con le parole di Sir Alan Duncan, Ministro per la Regione Polare:

Abbiamo tutti sentito come i gas serra prodotti altrove sul pianeta stiano causando l’aumento delle temperature artiche, che a loro volta causano lo scioglimento dei ghiacci marini e l’innalzamento dei livelli del mare. Questo è solo un esempio dell’interdipendenza tra l’Artico e il resto del mondo. Questa influenza reciproca significa che ciò che accade nell’Artico è importante per gli stati artici e non artici allo stesso modo.

Questo rapporto dimostra il nostro costante interesse per la regione e il nostro desiderio di condividere la nostra esperienza e competenza artica a beneficio di tutti. Ciò è coerente con la visione del governo britannico di una Gran Bretagna globale; in effetti, il ruolo del Regno Unito nell’Artico riflette il meglio di ciò che la Gran Bretagna ha da offrire, dalla scienza e dagli investimenti aziendali leader a livello mondiale, al nostro impegno per la protezione dell’ambiente, la cooperazione internazionale e il sistema basato sulle regole.

Mentre decidiamo di uscire dall’Unione Europea, questo Framework ribadisce la nostra intenzione di rimanere un attore significativo negli affari dell’Artico. Riconosce l’esigenza essenziale di proteggere l’ambiente artico e allo stesso tempo di far prosperare i suoi popoli. In altre parole, stabilisce l’impegno del Regno Unito a rimanere un buon vicino dell’Artico, come amministratore responsabile dei suoi interessi.

Il documento del governo britannico sottolinea come i principi cardine della strategia rimangano inalterati, esibendo quindi grande apertura a livello scientifico e ambientale. Ma non solo. Le possibilità date dal cambiamento climatico – oltre alle evidenti grandi problematiche che esso genera – pongono Londra in una complessa situazione. Da una parte, si vuole proseguire sulla strada Brexit, rivedendo quindi tutti gli scenari economici, politici e commerciali con il continente più vicino e più preparato sull’Artico. Dall’altro, invece, ci si appresta a sfidare in maniera quasi univoca competitor molto più preparati, più grandi, più strutturati. Una scelta difficile, che però non ha grandi margini di miglioramento.

Nel dettaglio:

Governance and Global Britain Since Adapting To Change, the UK Government have taken the important step of formally appointing a Minister responsible for the Polar Regions, based within the Foreign and Commonwealth Office (FCO). This is currently Minister of State, the Rt Hon Sir Alan Duncan MP. The Minister is supported by the Head of Polar Regions Department, a senior FCO official who oversees the development and implementation of the UK Government’s policy towards the Arctic, Chairs the regular cross-government Arctic Network meetings, and ensures that the UK has appropriate representation at the Arctic Council and in other international Arctic fora“.

This approach supports the UK’s ability to consider Arctic matters in a cross-government, cross-region and multi-discipline way given our diverse interests and established engagement across the Arctic States and within the Arctic Council. We believe that this is the right approach for the UK. Arctic Council The UK’s primary foreign policy objective remains maintaining the Arctic as a peaceful and stable region. Integral to this is recognising that the vast majority of the Arctic region falls within the sovereign jurisdiction of the eight Arctic States”.

“Their leadership is vital to sustain a safe, secure and peaceful region. Given the UK’s close proximity to the Arctic and its connection with the global systems, we reaffirm our commitment to support and work in partnership with the eight Arctic States and the region’s indigenous peoples, to uphold this position. Adapting To Change made clear that the Arctic Council is the pre-eminent intergovernmental regional forum for discussing sustainable development and environmental protection in the Arctic and this firmly remains the UK Government’s view. The Council, with its vision for peace, stability and constructive cooperation in the Arctic, is rightly heralded for its role in promoting cooperation and coordination between the Arctic States and for ensuring that the indigenous peoples are central to their discussions. The recent nomination of the Arctic Council for the Nobel Peace prize underlines the success of these efforts. The UK offers its sincere congratulations. The UK Government confirmed its continued commitment to the Arctic Council when we made our case to the Council to remain as an Observer State in 2016. We were pleased that the UK’s observer status was reaffirmed at the Ministerial Meeting of the Arctic Council held in Fairbanks Alaska in 2017”.

La visione complessiva quindi rimanda a una più stretta collaborazione tra le parti coinvolte, facendo leva sulla possibilità che il territorio scozzese (dove peraltro è presente una delle tre basi dei sottomarini nucleari britannici, la HMNB Clyde) riesca a farsi in qualche modo “promotore” delle istanze dell’intera Gran Bretagna nel club dei Paesi artici.

Decisamente più solida la visione “Arctic 2045”, dove UK, Canada e Norvegia collaborano attivamente per creare scenari possibili per la regione, di carattere politico, economico e ambientale. Sotto questa lente Londra vede tutte le possibilità conosciute, a partire da un potenziale luogo di scontro tra potenze fino ad arrivare alla possibilità che prevalga a lungo termine la cooperazione internazionale.  «Greater collaboration between public and private investment is needed», viene sottolineato nel documento.

Esistono già alcuni programmi scientifici e di ricerca congiunti con altre agenzie nazionali e governative, e tra questi il “Changing Arctic Ocean Programme“. Il NERC – Natural Environment Research Council – ha un budget annuale di oltre 400 milioni di sterline, e investe oltre 16 milioni di sterline per il progetto quinquennale 2017-2022 sulla ricerca nell’Oceano Artico. L’Università di St. Andrews è capofila del programma scientifico sulla biologia marina, ma il Regno Unito è anche un membro attivo del programma intergovernativo MOSAiC da 63 milioni di euro, guidato da Germania, Stati Uniti e Russia. MOSAiC prevede una prima spedizione nell’Oceano Artico Centrale nel prossimo inverno, grazie alla nave da ricerca tedesca MV Polarstern.

Oltre alla dimensione scientifica e ambientale, a cui si fa ovviamente grande riferimento per la protezione e la salvaguardia di flora e fauna, il documento strategico di Londra si sofferma anche sulla dimensione politica e di difesa:

Il maggiore interesse commerciale circa la regione polare crea potenziali tensioni. Gli Stati artici collaborano attivamente per proteggere i loro diritti e difendere le loro aree di giurisdizione nazionale, e potrebbero voler implementare la loro presenza nell’ambito della sicurezza. L’aumento di capacità militari da parte di diversi Stati artici pone il futuro su un piano incerto. Il Regno Unito rimane impegnato a preservare stabilità e sicurezza per l’intera regione. Lavoreremo con i nostri partner internazionali e con i nostri alleati […] Anche la NATO rimane un asse centrale per la cooperazione tra i suoi membri nella regione dell’Artico.

Lo scorso ottobre aveva destato non poco scalpore la richiesta di dispiegare ogni anno, in Norvegia, un contingente di 800 unità militari, per “mostrare i muscoli” nei confronti soprattutto della Russia.

Londra quindi si pone come obiettivo principale quello di assicurarsi.. una strategia migliore. Perché al momento è concentrata su altro, certamente, e anche perché la sua dimensione extra-europea potrebbe creare non pochi problemi sia all’interno sia all’esterno della sua isola. Cercare di partecipare al forum dei Paesi artici sarebbe potuto essere, paradossalmente, più semplice dall’interno dell’Unione Europea.

Il processo della Brexit pone quindi una serie di interrogativi che, ad oggi, restano senza risposta. Se Londra punta all’autonomia da Bruxelles, Edimburgo cerca invece di non farsi schiacciare da questa possibilità, vedendo nei ghiacci artici (e nei suoi ulteriori sviluppi) una scialuppa di salvataggio.

Leonardo Parigi © Tutti i diritti riservati

Leonardo Parigi

Sono Laureato in Scienze Politiche Internazionali all’Università di Genova e di Pavia. Sono giornalista pubblicista, e collaboro con testate nazionali sui temi di logistica, trasporti, portualità e politica internazionale.

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