Ricerca, scienza, climatologia. Ma non solo. La crescita tecnologica di Pechino in materia satellitare incontra le peculiarità della regione, stimolando anche preoccupazioni e concorrenza per gli occhi (cinesi) sull’Artico.
La crescita cinese
Secondo il South China Morning Post, la Sun Yat-sen University sta elaborando il progetto di un satellite basato sulla tecnologia SAR (Synthetic Aperture Radar) per portare nuovi occhi sulla regione polare artica. “Pur avendo una capacità di osservazione globale, il satellite si focalizzerà sull’Artico” affermano all’Università che progetta il satellite e lo svilupperà insieme alla CASC (Chinese Aerospace Science and Technology Corporation).
Da un orbita eliosincrona di 720km, il satellite ancora senza nome avrà il compito principale di osservazione delle rotte navali e dell’ambiente artico circostante, sfruttando la tecnologia SAR – che a differenza dei satelliti ottici è in grado di vedere attraverso le nuvole e anche di notte – e un tempo di rivisitazione intorno ai due giorni. La Sun Yatsen University afferma inoltre che le immagini generate dal satellite saranno condivise con la comunità scientifica internazionale, una volta che il satellite sarà in orbita e operativo, non prima del 2022.
Il South China Morning Post prosegue collegando la notizia del nuovo progetto satellitare con quello più largo della Polar Silk Road cinese, a sua volta parte della Belt and Road Initiative (BRI). Secondo l’articolo, il nuovo satellite artico sarebbe il primo ad utilizzare la tecnologia SAR.
Il grossolano errore ci permette di sottolineare alcuni punti importanti: la Cina è una potenza spaziale globale e sarebbe incredibile se iniziasse a dotarsi di satelliti SAR solo dal 2022 – considerando che si tratta una tecnologia di Earth Observation tra le più utilizzate, anche da start-up.
Nel corso del 2020 infatti, la Cina ha completato due programmi di osservazione terrestre con capacità sia ottiche che SAR (Yaogan e Gaofen, costellazioni rispettivamente militari e civili) e che hanno copertura globale, quindi ovviamente anche capacità di coprire le regioni polari. La notizia del nuovo satellite sarebbe quindi da prendere per quella che è: un nuovo asset in orbita di osservazione, il primo SAR quindi solo per quanto concerne la Sun Yatsen University.
Lo sviluppo tecnologico spaziale cinese
Di satelliti focalizzati sull’Artico, peraltro, la Cina si è già dotata nel 2019, anche se in questo caso si tratterebbe di un asset più piccolo e con capacità limitate, sia perché ottico sia perché di sperimentazione: il BNU-1 (chiamato anche JinShi 1 o Ice Pathfinder). Sicuramente il nuovo progetto ha ambizioni più grandi, tuttavia le informazioni riportate dal South China Morning Post sono leggermente parziali, dal momento che viene considerato quale strumento particolarmente all’avanguardia a livello internazionale per tempi di rivisitazione e precisione.
La notizia assume comunque assoluto rilievo in termini di capacità di sviluppare e migliorare un sistema satellitare indipendente che, per quanto concerne l’Artico, significa aumentare la sicurezza della navigazione lungo le rotte polari volta al miglioramento delle ricerca scientifica e all’espansione delle rotte aree nella regione artica. Da ricordare è che una delle componenti principe del programma spaziale cinese è l’utilizzo del sistema satellitare Beidou, che può essere considerato l’equivalente del sistema GPS e di Galileo.
Nato per usi militari, il sistema viene utilizzato anche per scopi civili e, nel 2014, è stato incluso nel sistema di radionavigazione globale dalla International Maritime Organization (IMO). Le regioni polari sono quindi cruciali per la Cina per l’espansione della copertura del sistema Beidou.
Potenziare la ricerca
Il miglioramento della copertura satellitare è affiancato da un piano di potenziamento della ricerca scientifica e delle capacità polari cinesi a terra. Infatti l’ambizioso programma è supportato da un piano di efficientamento della flotta di rompighiaccio cinesi. Non sembra più un segreto infatti che sia in dirittura di arrivo la costruzione di una nuova rompighiaccio a propulsione nucleare – la prima cinese – che farebbe seguito alla Xue Long 2, la prima ad essere stata interamente costruita in Cina* [vedi note in fondo].
Da non tralasciare anche l’interesse cinese per il telerilevamento satellitare utilizzato per la ricerca di bacini minerari o da idrocarburi, oltre che alla mappatura delle regioni artiche. Le basi Zhongshan, Kunlun, Yellow River e la stazione Aurora condivisa con l’Islanda sono tutte dedicate alla conduzione di questo tipo di ricerche. Una ricerca scientifica che si differenzia in base all’apparato legislativo che governa le regioni ai rispettivi poli che, di conseguenza, regola l’engagement degli attori presenti, incluso quello cinese ** [vedi note in fondo].
Ecco perchè lo sviluppo di un programma spaziale che possa portare miglioramenti nella mappatura, nella prevenzione di incidenti, nel rilevamento di giacimenti minerari o da idrocarburi – supportato da progetti di ricerca scientifica, dal potenziamento della flotta di rompighiaccio e dal miglioramento dell’asset diplomatico – sono tasselli di un processo olistico che punta ad intensificare la presenza cinese in Artico.
Europa, questione di leadership
Così come la Cina è in un processo di aggiornamento dei propri asset e delle proprie ambizioni, migliorando la posizione strategica e scientifica in Artico tramite più o meno piccoli passaggi, è bene precisare che l’Europa è in una posizione di leadership a livello globale per ciò che riguarda l’Osservazione Terrestre. Non solo: negli ultimi sei mesi si sono susseguiti nuovi investimenti per l’espansione del progetto Copernicus, che puntano a rafforzare la leadership europea nel campo della Earth Observation e portano ulteriori occhi proprio sull’artico, anche attraverso il coinvolgimento del comparto industriale italiano.
Nel complesso, l’Europa ha già a disposizione le Sentinels di Copernicus, ma una serie di satelliti di proprietà di Stati nazionali sono anche in orbita polare e hanno giocato un ruolo importante ad esempio nell’impresa storica della Polarstern (che abbiamo già raccontato su queste pagine). Inoltre, l’ESA ha in orbita anche il satellite CryoSat-2, recentemente abbassatosi leggermente di qualche chilometro per disporsi in tandem con il satellite NASA ICESat-2.
In più, Cosmo SkyMed, la costellazione duale italiana composta da 4 satelliti di prima generazione a cui si è aggiunto il primo della Second Generation che si andrà presto arricchendo di altri satelliti, è in orbita polare e ha un tempo di rivisitazione da far impallidire il nuovo progetto cinese (fino a 12 ore in situazioni di emergenza). Al quadro istituzionale si aggiunge poi la scena commerciale: rimanendo in Europa, sono da menzionare: e-Geos (JV Telespazio e ASI), che ha un ruolo chiave all’interno della posizione artica italiana e che dal 2020 punta a nuovi servizi in-cloud, ma anche Iceye.
La start-up finlandese ha messo in orbita una sua costellazione SAR per vendere direttamente il prodotto finito, continuando a raccogliere investimenti, espandendosi negli Stati Uniti e, not least, assumendo recentemente il noto businessman artico Tero Vauraste come “Regional Director Nordics”. E proprio queste ultime due società, e-Geos e Iceye, fanno parte di ARCOS, un progetto dell’Unione Europa per il monitoraggio dell’Artico recentemente assegnato, che vede la leadership dell’azienda italiana su altri attori, come lo European SatCen e il Politecnico di Milano.
Il futuro del settore
Come ricordavamo prima, il 2020 ha visto l’avvio del potenziamento del programma europeo Copernicus, grazie alla selezione di sei nuove high-level candidate missions e la firma di sei contratti tra ESA e industria per un valore complessivo superiore ai 2 miliardi. Tutte le nuove missioni saranno fondamentali per assicurare il proseguimento del programma nel corso dei prossimi anni, così come il successo delle priorità politiche dell’Unione Europea e del Green Deal.
Tra le sei nuove missioni spiccano la ROSE-L e soprattutto il sistema CIMR, entrambi affidati in mano a Thales Alenia Space e al comparto spaziale italiano, affiancato da altri partner industriali europei. ROSE-L sarà un satellite di osservazione SAR “classico” ma altamente innovativo, con una copertura globale e diverse funzioni e caratteristiche tecniche che gli permetteranno di spaziare dal monitoraggio del suolo e delle coltivazioni fino all’agricoltura di precisione, la sorveglianza marittima fino alla mappatura e al monitoraggio delle zone polari (sea and land ice).
Con CIMR, invece, Copernicus sembra candidato a fare davvero un passo avanti nella conoscenza delle regioni artiche e come strumento fondamentale della futura EU Arctic Policy e della sua implementazione – parole dello stesso CEO di Thales Alenia Space Hervé Derrey. Infatti, il Copernicus Imaging Microwave Radiometer sembra essere pensato per le comunità artiche fin dall’inizio, fondandosi sull’analisi di una vasta serie di parametri relativi al ghiaccio e al mare, con una risoluzione inferiore ai 5km ed un tempo di rivisitazione inferiore alle 24 ore, essendo un sistema di 3 satelliti che garantisce continuità e flessibilità.
“We are proud to lead this crucial mission for Europe and for arctic communities, as CIMR will provide operational sea-ice services and continuously monitoring of Arctic environment”, ha commentato l’AD di Thales Alenia Space Italia Massimo Comparini.
Nonostante la pandemia e la crisi che ne è conseguita, l’Europa sembra sulla buona strada per mantenere la sua leadership nel campo della Earth Observation. E non dimentica quanto lo Spazio sia fondamentale per portare una serie di dati e conoscenze essenziali per le politiche climatiche e che potrebbero fungere da ulteriore pivot per consolidare il ruolo nell’Artico, migliorando la propria posizione strategica.
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* Emergono anche i dettagli della nuova rompighiaccio della flotta cinese: lunga 152 metri e larga 30 avrà una velocità massima di 11.5 nodi. In termini di grandezza e potenza sarebbe seconda solo all’ultima versione dell’Arktika russa entrata in servizio solo pochi mesi fa.
** In Antartico la Cina in qualità di membro consultivo del Trattato Antartico, può condurre attività legate alla ricerca scientifica, alla pesca e al turismo. Tutto ciò che non è direttamemte collegato allo sfruttamento minerario. Scenario differente per l’Artico dove la realtà è più complessa poichè coesistono Stati sovrani, acque internazionali e diversi Stati non artici, tra cui la Cina, che godono di alcuni diritti. La Cina infatti interagisce come membro osservatore nel Consiglio Artico e dedica molta attenzione ai partenariati bilaterali, fermo restando che l’interesse dei privati rimane assolutamente legittimo.
Giancarlo La Rocca e Marco Volpe
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