Da più di 20 anni lo stato norvegese sostiene un programma mirato al ripristino della popolazione delle volpi artiche che ora deve far fronte anche agli impatti della crisi climatica.
La volpe artica è un’icona indiscussa delle remote latitudini nordiche. Il piccolo mammifero dalla pelliccia candida figura persino nel logo del Consiglio Artico, l’unica organizzazione intergovernativa della regione. Tuttavia, in Norvegia questo animale-simbolo è classificato come una specie in via d’estinzione e la sua conservazione è oggetto di un investimento economico – tutt’altro che simbolico – da parte del governo norvegese. Una spesa di €15.9 milioni in due decenni, circa €34,000 per ogni volpe allevata e liberata.
Il programma di conservazione a sponsorizzazione statale è stato avviato nel 2006 – quando mettendo insieme Norvegia, Svezia e Finlandia la popolazione di volpi artiche si aggirava tra i 40 e i 60 esemplari – una condizione evidentemente emergenziale. Il Norwegian Institute for Nature Research (NINA) fu allora incaricato dall’agenzia nazionale per l’ambiente di gestire e operare un programma di riproduzione in cattività.
La struttura dedicata all’allevamento si trova a Sæterfjellet, 400km a nord di Oslo, e consiste in 8 aree recintate, ciascuna grande come metà di un campo da calcio e dotata di almeno due tane artificiali.
Ogni anno, tra gennaio e febbraio, i cuccioli nati in cattività nella primavera precedente vengono portati da Sæterfjellet in una struttura di contenimento temporanea vicino ad Oppdal dove ricevono un check-up medico e vengono somministrati loro i necessari medicinali antiparassitari.
A questo punto le volpi sono pronte per essere liberate in siti specifici dove sono state precedentemente identificate delle popolazioni.
In meno di 20 anni, sono state liberate circa 470 volpi, portando la popolazione complessiva in Scandinavia intorno ai 550 esemplari. Un aumento significativo ma ancora lontano dall’obiettivo ultimo di 2000 individui.
La responsabilità dell’uomo nella conservazione delle volpi artiche è ambivalente, e anche per questo interessante.
Cacciate – dall’uomo – per la loro pregiata pelliccia bianca come la neve, le volpi artiche sono state salvate – sempre dall’uomo – grazie a nuovi divieti introdotti negli anni 20 e 30 del secolo corso. I nuovi disequilibri portati dal cambiamento climatico – di ormai conclamata matrice antropica – hanno tuttavia reso impossibile il ripristino naturale di una popolazione prospera.
L’aumento delle temperature nell’artico – amplificato rispetto alla media globale – fa sì che le precipitazioni cadano sempre più sotto forma di pioggia anziché di neve. Questa pioggia congela al suolo, impedendo così ai lemming, i piccoli roditori che costituiscono la preda preferita della volpe artica, di scavare delle tane dove ripararsi dal freddo e riprodursi.
L’alterazione del ciclo della popolazione della preda impatta notevolmente la vita del predatore. Le volpi neoliberate hanno ben poche possibilità di sopravvivere nelle annate in cui i lemming scarseggiano. Per questo, il programma di conservazione norvegese prevede anche delle stazioni per l’alimentazione complementare.
‘Senza queste misure di conservazione, la volpe artica sarebbe senza dubbio già estinta in Norvegia’, ha affermato Bjørn Rangbru, consulente esperto per le specie a rischio presso l’agenzia nazionale per l’ambiente.
I critici di interventi come l’alimentazione complementare sottolineano la controversia implicita nel supportare una specie il cui habitat non presenta ad oggi – e potrebbe non presentare più – le condizioni per sostenerla naturalmente. Dal canto loro, gli esperti impegnati nel programma coltivano la speranza di portare la popolazione oltre una soglia critica che dovrebbe garantirne la capacità di sopravvivere alle annate più difficili.
Lo sconvolgimento attuale e futuro del clima potrebbe continuare a spingere l’asticella della difficoltà sempre più in alto, ma per citare il responsabile del programma norvegese intervistato da Reuters, ‘se il cibo per loro [le volpi, ndr] non c’è, cosa fai?’
Annalisa Gozzi
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