Il mito del Fondo Sovrano norvegese, che eroga dividendi a ogni cittadino, è inculcato in ognuno di noi, come segno virtuoso di una comunità oculata. La grande ricchezza del Fondo, derivata in gran parte dalle estrazioni petrolifere offshore, cozza però con la sempre maggiore sensibilità ambientale. E la Norvegia, capofila tra i Paesi virtuosi anche in questo settore, decide quindi di bilanciare – almeno in parte – gli investimenti.
Il fondo di investimenti sovrano della Norvegia è valutato in oltre 1 triliardo di dollari – oltre mille miliardi di dollari, e recentemente ha deciso di liquidare una quota delle sue partecipazioni in società e investimenti finanziari che operano nel campo degli idrocarburi. La prima ipotesi che era circolata, e cioè che il fondo liquidasse le quote in tutti gli investimenti energetici fossili, è stata rivista anche alla luce di una consultazione pubblica e governativa. Saranno comunque 134 le partecipazioni liquidate ufficialmente. Non saranno tuttavia toccate le quote delle major, come ExxonMobil, Shell ed Eni.
Nonostante l’importante simbolo ambientalista, la scelta non è stata dettata (solamente) da una questione “etica”, bensì da una più pragmatica decisione finanziaria: ridurre la propria esposizione al settore diventa cruciale per evitare di bruciare risorse di cassa. Il piano energetico nazionale e le pressioni in ottica ambientale hanno certamente avuto un ruolo importante, ma la transizione energetica ha comunque bisogno di un supporto anche da parte dei carburanti fossili. E, come se non bastasse, sono le stesse aziende energetiche maggiori ad avere tra i propri profili di business l’innovazione in campo energetico e tecnologico.
Secondo Repubblica: «A livello globale il fondo norvegese ha investito in più di 9mila società quotate, pari all’1,4% di tutti i titoli quotati nel mondo.Il fondo è tra i principali investitori in italia: oltre a Eni possiede quote di Intesa Sanpaolo, Leonardo, Fca, Poste e Saipem».
Il Ministro delle Finanze norvegese, Siv Jensen, ha affermato che il petrolio resterà un pilastro dell’economia di Oslo. La Norvegia è il più grande produttore di petrolio e gas dell’Europa occidentale. La decisione del governo dovrà anche intervenire per seguire il consiglio della Banca Centrale Norvegese, che nel 2017 affermò in una nota che “la riduzione degli investimenti nel settore degli idrocarburi sarebbe una mossa economica acuta”.
Il governo di Oslo possiede ancora il 67% di Equinor, precedentemente noto come Statoil, che è una compagnia petrolifera che pompa l’equivalente di due milioni di barili di petrolio al giorno.
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