Energia

La stella (cadente) delle batterie al litio made in Europe

Dopo mesi di montagne russe, l’azienda produttrice di batterie svedese Northvolt ha presentato richiesta di amministrazione straordinaria, gettando un’ombra preoccupante sul già fosco panorama europeo dell’auto elettrica.

Un declino rovinoso

Più in alto sei, e più è rovinosa la caduta. Solo tre anni fa nel 2021 l’allora startup vedese Northvolt produceva la sua prima batteria agli ioni di litio. Era un martedì, e l’ottimismo era alle stelle. La promessa era quella di diventare la prima azienda di proprietà europea a produrre batterie per auto elettriche sulla scala “giga”—oltre 15 gigawatt all’ora (GWh) di stoccaggio cumulativo. 

Northvolt puntava a superare, e di molto, quella soglia per arrivare a produrre 60 GWh all’anno, una volta realizzato il piano di espansione dello stabilimento di Skellefteå, nella Svezia settentrionale. La grande impresa svedese si era delineata come la speranza europea per raggiungere una maggiore integrazione della catena di produzione, e coprire così almeno in parte il distacco competitivo dai grandi player asiatici (Cina, Giappone e Corea) nel settore dei veicoli elettrici.  

Capacità di produzione regionale di batterie agli ioni di litio per sede del produttore, 2023
IEA. Licence: CC BY 4.0

In molti avevano creduto nella promessa di Northvolt, guidata dal determinato CEO Peter Carlsson, che l’aveva presentata come un tassello chiave per “la transizione europea verso l’energia pulita”. 

Trainati dal supporto pubblico della Banca di Investimento Europea insieme a UE e al governo tedesco, diversi investitori privati di grande rilievo (Volkswagen e Goldman Sachs in prima fila con il 21% e il 19% delle azioni) si erano accodati per finanziare la stella nascente della batteria made in Europe. Una stella che è definitivamente caduta il 21 novembre, quando ha presentato richiesta di amministrazione straordinaria, nelle tasche liquidità sufficiente per appena una settimana.

Taglio e cucito

La bandiera bianca sventolata a fine novembre non è stata di certo un fulmine a ciel sereno, ma il risultato di molti tentativi di rammendo. Nonostante grandi promesse e grandi cifre – la compagnia aveva ricevuto un pacchetto di finanziamenti record di 5 miliardi di dollari – gli obiettivi di produzione non erano mai stati nemmeno sfiorati. 

Nel 2023 l’impianto di Skellefteå era riuscito a produrre solo l’1% della sua capacità. La compagnia svedese si era presto dimostrata incapace di diventare “il gigante europeo delle batterie” a causa della pesante dipendenza dalla Cina per il materiale catodico (il 90% della capacità di produzione globale di catodi attivi installati è cinese) e per il know-how necessario ad operare specifici macchinari

La Nortvolt si è trovata incapace di consegnare gli ordini registrati. Nel giugno scorso BMW ha annullato un ordine da €2.2 miliardi, adducendo come motivazione l’incapacità della compagnia svedese di rispettare le scadenze. A settembre la compagnia annunciava tagli del personale equivalenti al 20% della forza lavoro e l’annullamento di un progetto di espansione che avrebbe dovuto garantire 30 GWh aggiuntivi di capacità produttiva.  

A inizio ottobre la compagnia era riuscita solo in extremis a pagare una pesante fattura fiscale di 25 milioni di euro al governo svedese. Per qualche momento Northvolt sembrava vicina a portare a casa un pacchetto di salvataggio da 300 milioni di dollari, ma alla fine ha dovuto tirare i remi in barca. 

Imparare dagli errori

Da un lato, la storia di Northvolt è una storia di ambizione incauta e di errori gestionali, tra cui la mancanza di sicurezza sul posto di lavoro che potrebbe aver causato diversi incidenti, di cui alcuni fatali. Dall’altro, questa vicenda si inserisce nella storia più ampia (e radicata in una mancanza strutturale di pianificazione nel settore) delle grandi difficoltà in cui imperversa il settore automobilistico europeo, e in particolare il comparto dell’elettrico. 

Il numero di automobili vendute nel l’UE è sceso a 643.000 in agosto, una diminuzione di quasi un sesto rispetto all’anno scorso. Rispetto allo stesso periodo, le vendite di auto elettriche sono diminuite più rapidamente, del 44%

Il caso Northvolt rischia di scatenare un’ondata di pessimismo in tutta la catena europea di approvvigionamento delle batterie, depotenziando lo slancio collettivo per lo sviluppo in house di tecnologie pulite proprio in corrispondenza di una congiuntura critica in cui gli attacchi di leader politici agli obiettivi europei in materia di decarbonizzazione dei trasporti fanno molto rumore.  

Alla fine di febbraio 2025, la Commissione Europea proporrà un Clean Industrial Deal che dovrebbe creare un ambiente industriale più favorevole allo sviluppo delle tecnologie pulite, incluse le batterie. Alcuni analisti si augurano che il caso della compagnia svedese non sia uno spauracchio, bensì un’occasione per imparare delle lezioni importanti su come calibrare questo piano al fine di raggiungere gli obiettivi EU in materia di decarbonizzazione, competitività e resilienza. 

Annalisa Gozzi

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Annalisa Gozzi

Sono una studentessa del Master in Environmental Policy all’Università Sciences Po di Parigi. Sono appassionata di comunicazione e cerco di rendere il tema del cambiamento climatico accessibile nella sua complessità.

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