Sanzioni, guerra e un cambio di paradigma nella diplomazia globale spingono Mosca a ripensare la rotta commerciale a settentrione delle sue coste. Un progetto che nonostante tutto non si fermerà.
A Marzo 2021 le attenzioni del mondo si spostavano sulla fragilità del sistema del Canale di Suez, bloccato dalla nave container cargo Ever Given. Sei giorni sono bastati per dimostrare le dimensioni e al contempo la fragilità della supply chain globale. Il Cremlino si era affrettato subito a dichiarare che la nuova rotta russa Northern Sea Route (NSR) e l’Artico erano pronti ad accogliere e sviluppare un’alternativa seria e percorribile al Canale di Suez e allo Stretto di Panama, dato il minor tempo di percorrenza, l’impiego di nuove navi rompighiaccio e una progettazione infrastrutturale della NSR sempre più efficiente.
A supporto della fattibilità, anche gli studi condotti dall’Istituto russo CNIIMF (Central Marine Research and Design Institute) in merito a un’analisi tecnica ed economica completa nell’ambito del progetto di una linea di container transartici con determinate caratteristiche tecniche, accompagnate da raccomandazioni di navigazione. Tra queste, l’impiego di navi cargo da 6.000 TEU di classe ghiaccio Arc8 con eliche orientabili alimentate a GNL come combustibile principale.
Persino la nota azienda finlandese Aker Arctic aveva rilasciato un nuovo progetto per una piccola nave portacontainer rompighiaccio specificamente adatta per le operazioni NSR. A sedici mesi dall’incidente di Suez, seguito dall’invasione dell’Ucraina e i recenti problemi di natura operativa che affliggono la NSR, le prospettive di una nuova “Autostrada russa del mare” attraverso l’Oceano Artico sono cambiate e ridimensionate.
Tra l’Autunno e l’Inverno scorso, diverse navi commerciali sono rimaste bloccate tra i ghiacci dell’Artico, con forte dispendio di risorse al fine estrarre dalle trappole del ghiaccio più di venti navi commerciali sia di bandiera russa che di altre nazionalità.
Queste problematiche mettono in evidenza alcuni dei limiti che ancora presenta la NSR, nonostante il continuo sviluppo negli anni di questa infrastruttura. Limiti connessi alle incertezze ambientali ed economici legati a pratiche operative di navigazione non convenzionali. Pochi attori dello shipping globale possono permettersi i rischi di una navigazione artica.
La NSR si espande per la maggior parte in territorio russo dal Mare di Kara allo Stretto di Bering. Tuttavia non del tutto poiché non include il Mare di Barents. In questi anni abbiamo osservato l’espansione dei commerci di petrolio, LNG (Gas Liquefatto), minerali e materie prime specialmente in export. La Russia cercherà di mantenere e anche di aumentare questa tipologia di traffici, specialmente per quanto riguarda i combustibili fossili, sperando di rendere la rotta a Nord Est più affidabile e continuativa durante l’anno.
Con l’inasprirsi del conflitto Russo-Ucraino, e un Occidente che al momento non sembra disposto a cedere sulle sanzioni nonostante una crisi energetica senza precedenti, il gas russo dovrà trovare altre vie di uscita. Di qui la necessità per la Russia di esportare una delle sue materie più preziose a Est (Cina e India in primis) attraverso non solo i gasdotti ma anche lungo la NSR.
Tuttavia, questo impressionante sistema di trasporto marittimo artico non fa presagire un’alterazione radicale delle rotte cargo commerciali globali convenzionali, che passano dal Canale di Suez e dallo Stretto di Panama. Come già menzionato nel precedente articolo, è altamente improbabile l’utilizzo di rotte artiche per le grandi navi portacontainer che governano il commercio mondiale.
Le loro dimensioni, l’elevato pescaggio e la mancanza dei requisiti tecnici per la navigazione in territori ostili come l’Artico ne pregiudicano l’utilizzo. Inoltre, dopo l’incidente della Ever Given, l’Egitto ha annunciato l’ampliamento del Canale di Suez sia in ottica preventiva, sia scommettendo su un aumento dei traffici via Mar Rosso. Non vi sono perciò attualmente i presupposti di invertire le rotte da Sud a Nord.
Un segnale in questo senso è stato dato anche dalla Compagnia di Stato Cinese COSCO. Per la prima volta dopo anni, il gigante cinese non impiegherà navi nel NSR. A giudicare dai dati della Russian Northern Sea Route Administration, COSCO non ha richiesto il permesso di navigazione per nessuna delle sue navi.
Negli ultimi anni la compagnia aveva inviato numerose navi attraverso la rotta artica. Molte di loro hanno trasportato grandi moduli e componenti industriali, come le turbine eoliche, in Europa occidentale e in Scandinavia. Ma quest’anno i cinesi sembrano evitare le acque della Russia settentrionale. L’assenza arriva nonostante la continua cooperazione e “grande” amicizia del gigante Asiatico con la Russia.
A partire dal 22 agosto l’ente gestore guidato dalla compagnia nucleare statale russa Rosatom ha concesso il permesso di navigazione a un totale di 869 navi. A eccezione delle navi metaniere che effettuano spola al terminal di gas naturale di Sabetta, sono tutte russe. Si registra un utilizzo commerciale prevalentemente domestico per l’approvvigionamento e lo sviluppo dell’Artico Russo.
In una recente intervista rilasciata alla rivista russa Korabel, l’esperto russo dell’Artico Mikhail Grigoriev (MPI Deputy Director for Science Principal Research Scientist, Laboratory of General Geocryology ) afferma che le compagnie di navigazione internazionali ora stanno attentamente alla larga dalla Russia.
“La sensazione tra caricatori e commercianti internazionali è che tutto ciò che passa attraverso la Russia ora sia come acido”. Grigoriev, che da più di due decenni si occupa dei trasporti nell’Artico russo e delle sue risorse naturali, afferma che i cinesi da molto tempo studiano attentamente la rotta del Mare del Nord. “Credo che la Cina consideri la rotta del Mare del Nord come un’opzione di riserva, come una delle numerose via della seta che possono essere applicate in caso di conflitti sulle rotte meridionali”, afferma l’esperto.
Quando si parla di viaggi transartici entrano in gioco fattori molto complessi. Uno degli aspetti più sottovalutati è che l’Oceano Artico rimane coperto di ghiaccio all’incirca 6/8 mesi all’anno, e sarà così ancora per i prossimi decenni nonostante lo scioglimento repentino della calotta.
L’accesso alla NSR ha un carattere stagionale, e anche se vi fossero navi portacontainer attrezzate e ben equipaggiate, l’accesso alla rotta artica sarebbe comunque limitato. Inoltre, la rotta non ha una ancora infrastrutture flessibili e un numero di scali portuali tali per cui gli operatori hanno possibilità di reindirizzare i carichi a seconda della stagione.
In conclusione, non c’è dubbio che la NSR sia una rotta che possa facilitare il trasporto di risorse naturali e merci dall’Artico russo verso i mercati globali. La Russia può essere l’attore principale a trarre benefici economici dagli scambi, specie se si riuscirà a garantire il passaggio delle navi dalla Siberia Occidentale al Pacifico verso i mercati asiatici anche nelle stagioni più proibitive.
A guidare l’evoluzione di un Oceano Artico “più esteso” e più accessibile a livello commerciale saranno i cambiamenti climatici, la voluntas economica degli attori del settore marittimo e la natura geopolitica che si andranno a definire nei prossimi anni a dettarne i ritmi e le esigenze di crescita. . Il tutto in una cornice che vedrà inevitabilmente intrecciarsi gli interessi geopolitici con le risposte globali di una transizione energetica che il cambiamento climatico richiede.
Andrea Arena
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