La prossima entrata nella NATO della Finlandia rappresenta un vantaggio per il Paese ma anche per l’Alleanza, che acquisisce conoscenza del territorio, Forze Armate ben equipaggiate e una più ampia profondità.
Dopo numerose settimane dall’inizio del conflitto in Ucraina, iniziano a delinearsi cambiamenti notevoli in termini strategici. Per la Russia certamente, ma anche per la NATO e per l’Unione Europea. La decisione storia di Stoccolma e Helsinki di iniziare il processo di adesione all’Alleanza Atlantica segna un punto di forte discontinuità col passato.
Per fare il punto sulla questione, dopo l’intervista sul lato più politico con Alberto Pagani, Capogruppo del PD in Commissione Difesa alla Camera dei Deputati, abbiamo chiesto ad Alessandro Marrone, Responsabile del Programma “Difesa” dello IAI, quali siano i vantaggi reciproci per le nuove membership della NATO.
La decisione dei due governi, che spinti dalla volontà popolare scelgono di contraddire decenni di neutralità e di autonomia, cosa rappresenta per il futuro? «Gli eserciti di Finlandia e Svezia sono Forze Armate all’avanguardia, ben equipaggiate ed efficienti», analizza Marrone, all’Istituto Affari Internazionali dal 2007. «L’efficienza e l’efficacia degli eserciti riflette la mentalità e la postura nazionale, per cui hanno un forte know-how sul territorio e sulle sue tipicità».
«L’addestramento specifico nell’ambiente artico, sia per quanto riguarda gli eserciti a terra sia per le marine militari (per quanto non oceaniche), porta in dote alla NATO una capacità operativa unica. Attenzione però: il loro ingresso non si traduce nel fatto che siano diventati falchi. Da molti anni hanno per forza di cose stretti rapporti politici con la Russia. E il processo di adesione alla NATO sottolinea il timore popolare di una eventuale aggressione, ma non indica la volontà dei governi di diventare ostili a Mosca».
Nei mesi scorsi la Finlandia ha avviato un processo di ammodernamento della propria marina militare, e ha dato notizia anche dell’acquisto dei nuovi F-35. La Svezia, invece, produce autonomamente il Gripen, velivolo di quarta generazione. Queste dotazioni belliche andranno a incrementare o a modificare le capacità militari dell’Alleanza nel suo complesso? «La NATO in questo senso dà delle indicazioni e degli standard, per cui chiaramente ci potrà essere una modifica anche sulla politica industriale nazionale. Ma già oggi i due Paesi si presentano al meglio, da un punto di vista bellico».
«La Finlandia, anche grazie alla storia di confronto secolare con il vicino russo, ha sviluppato delle capacità operative in tutti i campi. Non è un caso che a Helsinki sia di casa lo European Centre of Excellence for Countering Hybrid Threats (Hybrid CoE), il centro di eccellenza e di addestramento europeo contro le minacce ibride».
“The term hybrid threat refers to an action conducted by state or non-state actors, whose goal is to undermine or harm a target by combining overt and covert military and non-military means” – Hybrid CoE
«Teniamo anche in considerazione che la Finlandia, in quanto Stato neutrale, non ha mai abbandonato la leva obbligatoria», prosegue Marrone. «Le unità complessive delle FFAA sono alcune decine di migliaia, ma Helsinki è in grado di mobilitare centinaia di migliaia di riservisti addestrati in poco tempo. E su una linea di confine molto complessa, che divide i due Stati dopo l’ultima guerra del 1939-40, che ha visto l’URSS guadagnare alcuni territori a danno della Finlandia».
«La Svezia ha un’esperienza operativa in diversi teatri esteri, soprattutto con missioni di Peacekeeping. Per la NATO significa acquisire competenze, risorse umane, know-how e una dottrina militare precisa con profondità strategica non indifferente».
Se l’obiettivo della Russia era quello di “finlandizzare” l’Ucraina, ad oggi il risultato è stato quello di “Natificare” il Mar Baltico. «Sì, una situazione ben diversa rispetto a trent’anni fa. Nonostante l’accesso al mare dall’enclave di Kaliningrad e dal porto di San Pietroburgo, la Russia è riuscita a creare un mare dove si trova come unico Stato non-Nato. Che significa anche avere poca libertà di movimento, arrivando anche all’extrema ratio da parte delle altre nazioni di poter “chiudere” l’accesso allo specchio acqueo».
L’isola svedese di Gotland, tra le coste di Stoccolma e il porto russo di Kaliningrad, limiterebbe ulteriormente le capacità marittime russe nel Baltico. E tramite l’installazione norvegese del radar di Vardø, avere ulteriori possibilità di monitoraggio dei movimenti russi diventa un vantaggio notevole.
«Questo ingresso stabilizza la regione, è prevedibile che l’opposizione attuale della Turchia all’ingresso dei due Paesi venga superata. Finlandia e Svezia hanno dato alcuni paletti per diventare membri, tra cui quello di non ospitare sul loro territorio armi nucleari tattiche statunitensi, ma non sarebbero i primi a porre questa condizione».
«In sostanza, l’adesione di Helsinki e Stoccolma alla NATO rappresenta sicuramente un motivo di più forte sicurezza per le due nazioni, ma è anche una base di crescita elevata per l’Alleanza, che tramite questi due potenziali nuovi membri acquisisce una nuova stabilità strategica a Nord e sull’Europa».
Leonardo Parigi
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