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Nel Museo della Guerra di Svolvær

Tra le teche e le fotografie nel Museo della Guerra di Svolvær, alle Isole Lofoten. Si tratta della più grande esposizione di uniformi e di piccoli oggetti risalenti al secondo conflitto mondiale.

La storia delle isole

William Hakvaag è il Direttore del museo della guerra di Svolvær, alle isole Lofoten. All’interno del museo, la più grande esposizione di uniformi e di piccoli oggetti risalenti al secondo conflitto mondiale, sono custodite immagini rare e inedite legate al periodo bellico. Molti dei soldati che combatterono la battaglia nei pressi di Narvik erano originari delle Isole Lofoten.

Direttore, perché ha sentito l’esigenza di fondare il “Memoriale della guerra” qui a Svolvaer?

Il lavoro è iniziato quasi cinquanta anni fa e dura ancora oggi. Il mio scopo è quello di raccogliere più materiale possibile e di trasmetterlo alle future generazioni. La Norvegia fu coinvolta nei drammatici eventi della Seconda Guerra Mondiale e molti dei soldati che combatterono dal 9 aprile al 10 giugno 1940 qui nel Nord del Paese, erano pescatori o gente normale. Durante gli anni ho scritto molti articoli su questi avvenimenti e sull’esercito norvegese.

Cosa ha rappresentato l’ “Operazione Weserübung” per la popolazione locale, e che significato ha per voi il 9 aprile 1940?

Con questo termine si indicano le fasi iniziali dell’invasione militare della Norvegia e della Danimarca, avvenuta il 9 aprile 1940. Questa data rappresenta l’attacco di un grande Paese, preparato militarmente, contro un piccolo Paese totalmente impreparato e molto spaventato. Fu un’operazione inaspettata.

Dopo l’invasione nazista della Norvegia, molte persone decisero di far parte della resistenza. Alla mezzanotte del 9 aprile 1940, l’incrociatore “Blücher” arrivò nei pressi dell’ “Oslofjord” pronto per raggiungere la capitale, ma l’ammiraglio Oskar Kummetz decise di continuare a risalire il fiordo sempre più stretto a velocità ridotta.

Verso le 5.20, il colonnello Birgen Eriksen, originario delle isole Lofoten, diede l’ordine di aprire il fuoco. A causa dell’incendio e dell’ingovernabilità del mezzo, l’equipaggio decise di abbandonare la nave che affondò poco dopo nel fiordo di Oslo. Quando i tedeschi presero il controllo della nazione, il governo e il re fuggirono.

Quanto durò l’occupazione nazista e quando la Norvegia vinse la sua prima battaglia?

L’occupazione durò cinque anni, ma il 4 marzo 1941 nell’ambito dell’“Operazione Claymore”, (incursione compiuta dalle forze speciali britanniche in collaborazione con un piccolo contingente militare norvegese), ci fu la prima vittoria norvegese.

L’azione, compiuta contro alcuni impianti industriali situati nelle Isole Lofoten, si concluse con un successo per le forze d’invasione. Alcuni impianti per la produzione di olio di pesce, di glicerina e alcune navi furono distrutti. Si può considerare una vittoria totale, perché i tedeschi non erano preparati. Furono 200 i prigionieri, al prezzo di un solo ferito tra gli incursori, e più di 300 abitanti fuggirono.

La prima notizia fu inviata da questo edificio, perché a quel tempo il telegrafo era al piano superiore e l’ufficio postale era qui sotto. Tra le navi affondate occorre ricordare l’ “MS Hamburg”, la quale produceva pesce da tagliare e congelare e che affondò non lontano da qui. 

Che ruolo svolse la marina norvegese?

Avrebbe potuto svolgere un ruolo importante, ma nel 1940 avevamo solo una nave nuova con cannoni pesanti, due furono affondate nella zona nordica e l’equipaggio norvegese perse la vita, mentre un’altra esplose.

Che cosa è “Milorg”?

Milorg era la Resistenza, ovvero i ragazzi che lottavano contro l’occupazione. Era molto pericoloso, perché la situazione era tragica ed era tutto sotto controllo tedesco, perciò bisognava stare molto attenti. Milorg si occupava di diverse attività come ad esempio la resistenza militare e civile, la raccolta informazioni, lo spionaggio, la propaganda.

Ma anche il trasporto di merci, sabotaggi, liberazione di prigionieri norvegesi e organizzazione di fughe verso la Svezia. Purtroppo alcuni problemi di sicurezza interna permisero alla Gestapo di arrestare numerosi membri dell’organizzazione. 

Nella nostra zona, la maggior parte delle persone provenienti dalle Lofoten è stata aiutata a raggiungere la Svezia, come ad esempio un giovane ebreo che i resistenti hanno nascosto e aiutato a raggiungere il confine. Oppure quattro uomini di un equipaggio di un “Liberater B24” che fu abbattuto nelle Lofoten occidentali.

La divisa di Hans-Ulrich Schulz

L’equipaggio è stato nascosto per due mesi in una grande grotta prima di essere portato con un peschereccio nel fiordo occidentale e portato con l’aiuto di Fauske in Svezia. Un’operazione molto pericolosa.

Il primo anno la via ordinaria fu quella di trasportare le persone che dovevano scappare, fino alla fine di un fiordo molto profondo e lungo chiamato Tysfjord. Ma dal 1942 iniziammo a utilizzare anche la zona di Narvik, attraversando il confine da lì. Un mio amico, Magnar Pettersen,  era un passatore, oltre a essere uno degli uomini di punta della resistenza a Svolvær.

Ci sono delle vicende personali legate al secondo conflitto mondiale?

Mio nonno tenne il trasmettitore di questa zona per un po’ di tempo nella sua casa fuori città. Lavorava in una stazione elettrica, e all’epoca c’era solo una casa. Per difendere la stazione elettrica, erano impegnati dieci soldati tedeschi della Wehrmacht, perciò era un posto speciale per avere un trasmettitore.

Dopo alcuni mesi ricevettero un’ispezione, perché credevano che vi fosse un apparecchio nascosto. Siccome qui c’era una sola casa, non era difficile scoprire da dove provenisse il segnale. I soldati non potevano credere che mio nonno avesse un trasmettitore, per cui qualche mese dopo arrivò una nuova ispezione, e questa volta era stata veramente pericolosa.

Cercarono dappertutto ma non riuscirono a trovarlo, perché era nascosto nella soffitta della casa. Al termine di quest’ultima ispezione dovettero spostare il trasmettitore in un altro posto, perché era troppo pericoloso tenerlo in casa. 

Quanti visitatori vengono al museo ogni anno?

Dipende dall’interesse di ognuno per questi argomenti. L’anno scorso furono 40.000. Prima della pandemia, secondo TripAdvisor, eravamo uno dei dieci musei più popolari della Norvegia. 

I Passatori

Un mio amico era un passatore. Si trattava di percorrere una distanza molto lunga per portare le persone dalla Norvegia alla Svezia. Era molto pericoloso perché bisognava usare dei pescherecci con persone che dovevano lasciare la Norvegia, mentre i tedeschi guardavano e controllavano il confine.

Solitamente, erano persone della resistenza a condurre le persone in Svezia. Durante la guerra molti Sami guidarono i rifugiati fino in Svezia, perché era una nazione neutrale. È grazie a loro che Jan Baalsrud si salvò. I Sami, i quali dovevano viaggiare il più rapidamente possibile, lo misero su una slitta trainata da una renna robusta, la quale doveva cercare di schivare i proiettili delle sentinelle tedesche.

Per questi uomini che fuggivano per andare in Svezia, passando per il Tysfjord, si trattava di una marcia dura e di più giorni su terreni accidentati e deserti. Quando finalmente i Sami arrivavano in Svezia, lasciavano i rifugiati e rientravano velocemente in Norvegia per evitare i sospetti tedeschi.

Tra di loro ci fu anche una donna, Anna Johansen, che guidò un certo numero di persone in Svezia. Questi viaggi pericolosi non vennero mai riconosciuti dopo la guerra.

Gli acquerelli inediti di Adolf Hitler

Hitler
Il disegno firmato A.H.

Adolf Hitler aveva anche interessi artistici. Dipingeva principalmente acquerelli e fu una grande delusione quando la sua domanda di ammissione alla scuola d’arte di Vienna fu respinta. Tuttavia, hanno visto che aveva talento e gli hanno chiesto di fare domanda per gli studi di architettura, cosa difficile, in quanto non aveva finito la scuola secondaria. 

Un acquerello firmato A. Hitler è stato presentato in un’asta in Germania. La signora che l’ha venduto ha spiegato che i suoi nonni l’avevano da molto tempo, ed era stato trovato nascosto in soffitta mentre puliva la casa. L’acquerello mi è stato venduto per una piccola somma e a mia volta l’ho donato al “Lofoten War Memorial Museum” di Svolvær.

Quando l’acquerello è stato tolto dalla vecchia cornice, sono cadute quattro disegni che erano stati nascosti all’interno di un doppio cartone dietro l’immagine. E lo stupore non è diminuito quando ho visto i motivi: tre delle immagini rappresentavano i nani di “Bianca Neve” ed erano firmati a matita “A. H.”

La divisa di Hans- Ulrich Schulz 

Hans- Ulrich Schulz era un marinaio tedesco che prestava servizio sul Blücher. Quando la nave venne affondata si pensò che il marinaio fosse morto. La sua divisa rimase nei fondali del fiordo di Oslo per circa cinquant’anni mantenendosi in ottime condizioni, solo successivamente riuscii a mettermi in contatto con il marinaio”.

Il numero di matricola

La foto della Tirpitz

“Si tratta di una foto sconosciuta e rara che ho scoperto nell’album fotografico del ragazzo, che a sua volta lo ha ricevuto da suo padre. La foto è stata scattata non molto lontano da Svolvær. Nel 1942, la Tirpitz rimase ferma tra Svolvær e Narvik per mesi, ed era molto pericoloso cercare di fotografare l’enorme nave da battaglia, perché dalla stessa avrebbero potuto vedere con un binocolo i movimenti circostanti.

Per questo motivo, il padre mise suo figlio in modo che fosse anche lui sulla foto. Così, se la Kriegsmarine (i tedeschi) avesse visto quello che stava facendo, avrebbe potuto dire che non era stata scattata una foto della Tirpitz, ma del suo bambino di nove anni. Ecco perché il bambino appare nella foto.

La Tirpitz si trova a Bogen nell’estate del 1942. Il ragazzo sulla barca da carico è Jack Holmlund di Narvik

Martedì 26 luglio 2022, il fondatore del Lofoten War Memorial Museum, William Hakvaag, ha ricevuto un riconoscimento dal governo per i suoi sforzi come divulgatore. “Ora devo prendere fiato”, commenta Hakvaag, chiaramente sorpreso dopo aver ricevuto il Segretario di Stato del Ministero della Difesa Bent-Joacim Bentzen e il sindaco di Vågan, Frank Johnsen.

Il primo ha consegnato al direttore del museo una targa come ringraziamento per il lavoro svolto da quando è stato istituito il “Lofoten War Memorial Museum” nel 1996. “Questo riconoscimento è riservato a casi particolari e non è una cosa che si consegna spesso”, ha sottolineato il Segretario di Stato Bentzen, che ha consegnato il premio a nome del Ministro della Difesa.

È tempo che il governo riconosca il lavoro svolto da William Hakvaag. Ci sono molti grandi musei nella regione, ma il Lofoten War Memorial Museum si distingue. Qui non si viene accolti con molti schermi informativi, ma bisogna cercare le informazioni sugli innumerevoli oggetti.

Ogni volta che si viene qui, si scopre qualcosa di nuovo. L’ultima volta che l’ho visitato sono rimasto per due ore e mezza. Bentzen sottolinea inoltre l’importanza della capacità e della volontà di Hakvaag di raccontare storie nei dettagli. “Ha una capacità di comunicazione unica. Il lavoro che svolge, soprattutto nei confronti dei giovani e dei ragazzi, è molto importante, soprattutto se si considera ciò che sta accadendo in Ucraina. Non molte generazioni fa la Norvegia era in guerra ed è fondamentale che la storia venga raccontata e ricordata”.

Hans-Ulrich Schulz indicato dalla freccia

Il sindaco di Vågan Frank Johnsen è d’accordo: “Hakvaag svolge un lavoro estremamente importante. È interessato a ciò che sta facendo e sente anche un obbligo nei confronti delle generazioni future. Venire al Museo è quindi un’esperienza completa”. William Hakvaag ha già ricevuto la Medaglia al Merito del Re nel 2003 e la Medaglia della Difesa con ramo d’alloro nel 2017. Questo è il primo riconoscimento di Hakvaag a livello governativo.

“Naturalmente è molto bello ricevere un tale riconoscimento. Ero totalmente impreparato e non me lo aspettavo affatto”, afferma. “Sento che quello che sto facendo ha molto a che fare con i giovani e la loro conoscenza della storia, ma anche con le capacità di difesa della Norvegia. Non ho ancora intenzione di smettere. Finché la mia salute reggerà, continuerò a fare questo lavoro”, conclude sorridendo.

Andrea Delvescovo

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Andrea Delvescovo
Sono laureato in “Lingue e comunicazione per l’impresa e il turismo” presso l’Università della Valle d’Aosta, oltre a scrivere articoli per Osservatorio Artico, collaboro anche con il Centro studi Italia- Canada. In particolare mi occupo di geografia turistica e commerciale, novità imprenditoriali e nuovi trend.

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