L’inizio dell’autunno porta con sé numerose incertezze geopolitiche ed energetiche. Anche l’Italia si posiziona nell’Artico, con una sempre maggiore riconoscibilità come partner specifico su temi cruciali.
Il cambiamento climatico e le sue preoccupanti conseguenze occupano da tempo le prime pagine dei giornali e le ricerche degli scienziati, e la zona dell’Artico non è esente da tali effetti. Anzi, il massivo scioglimento dei ghiacci, oltre a creare problemi ambientali, farà sorgere questioni di sovranità tra Stati.
Le questioni di sovranità e sicurezza che potrebbero emergere in futuro fanno sorgere timori per quanto riguarda eventuali conflitti nella regione, un aumento dei transiti e delle rotte, oltre alle rivendicazioni sulle risorse naturali. Gli esperti sono concordi nel suggerire una cooperazione pragmatica multilivello di tutti gli attori interessati, così che i benefici siano maggiori di quelli che potrebbero scaturire da conflitti e rivendicazioni.
I giacimenti di gas naturali e petrolio che sono stati scoperti nell’Artico saranno sempre più accessibili, anche se il tema dell’estrazione delle risorse dipende in larga parte da un calcolo economico e politico, e non è detto che si traduca necessariamente in nuove trivellazioni.
L’Italia è interessata alla regione per scopi scientifici e per motivi economici, derivanti dalle risorse energetiche. A inizio luglio è partita la sesta campagna geofisica High North, equipaggiata dalla Marina Militare Italiana che, tra i tanti obiettivi, ha quello di studiare le attività umane nella regione e i suoi potenziali sviluppi.
La presenza della Marina Militare nella ricerca è supportata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, il quale ha stabilito il Tavolo Artico, un forum di consultazione che connette il MAECI alla moltitudine di stakeholder coinvolti. Questa task force riunisce ben quattro ministeri, enti di ricerca, università e vari altri attori provenienti dal settore privato, a dimostrazione che ci sono solide basi per una fruttuosa collaborazione.
L’Artico è una regione d’ interesse per l’Italia anche a livello energetico. Infatti l’impegno di ENI nella regione è cresciuto negli ultimi anni, ed è aumentato anche il suo impegno volto a contenere l’impatto ambientale della produzione di idrocarburi.
Anche ENEL, dal canto suo, ha iniziato a costruire il più grande impianto eolico nell’artico, mentre Leonardo, specializzata in aerospazio e difesa, sta lavorando all’interno del progetto Europeo ARCSAR, Arctic Security and Emergency Preparedness Network, in collaborazione con e-Geos, joint venture dell’ASI, Agenzia Spaziale Italiana e Telespazio.
Questa gestisce anche il sistema di satelliti Italiano e costituisce gli “occhi” del nostro Paese sull’Artico, e dimostra quanto l’Italia sia attiva nel settore della space diplomacy. Il forte ruolo di Leonardo è dato dagli asset satellitari che permettono di fornire servizi legati alla sicurezza, rotte militari, supporto e monitoraggio delle rotte commerciali e geolocalizzazione che consentono all’Italia di guadagnarsi una posizione privilegiata.
Il ruolo particolarmente attivo di Roma nell’Artico, e del riconoscimento al proprio status internazionale dato dall’ingresso nel Consiglio Artico, è ancor più rilevante se si considera che l’Italia non è ovviamente un Paese artico né, tantomeno, confinante con uno di essi. Per di più l’Italia è visto come un partner importante e un mediatore neutrale da parte degli Stati rivieraschi, perché non ha interessi diretti che competono con la loro primacy né dispute territoriali.
Il costante e impegno dell’Italia mira a consolidare una presenza strategica nell’Artico, dove gli interessi degli altri attori rilevanti sono molteplici e crescenti. Ma, soprattutto, in un’area geografica dove tutto è mutevole e incerto, e dove il proprio vantaggio politico-diplomatico va difeso.
Nell’Artico interessi di privati, grandi compagnie, ministeri e centri di ricerca italiani tendono a essere affini e funzionali gli uni agli altri, e hanno consentito un lavoro sinergico e continuativo. Roma ha tutto l’interesse nello sfruttare il soft power derivante dall’eccellenza della ricerca scientifica e dal suo know-how.
Per di più, la presenza pacifica dell’Italia e il basso profilo mantenuto pubblicamente dalle istituzioni sul tema hanno fatto sì che la presenza italiana fosse vista in un’ottica di affidabilità, permettendole d’intraprendere numerose partnership con i player cruciali della regione.
Veronica Stassi
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