La valenza geo-economica della più importante fonte di Terre Rare in Europa. Sullo sfondo della polarizzazione tra Occidenti e sfera sino-russa.
Il sito di Kiruna
A metà Gennaio 2023 ha avuta forte eco la notizia che a Kiruna, in Svezia, è stato scoperto “il più grande deposito europeo di Terre Rare”. Per valutare se e quanto ciò possa incidere su una potenziale filiera industriale europea di transizione ecologica, occorrerebbe fare chiarezza seguendo il percorso logico e logistico-manifatturiero mine to magnet, dalla miniera al prodotto finito.
Il sito fa parte della zona mineraria data in concessione alla LKBT sin dal 1890, anno di fondazione di Luossavaara-Kiirunavaara AB (LKAB) 1890, azienda svedese statalizzata nel 1976 e attiva nell’estrazione di ferro (80% della produzione europea) e negli esplosivi (un terzo della quota nazionale). E qui entriamo in una sottigliezza che diventa sostanza quando si tratta di Terre Rare: quest’ultime sono i sottoprodotti dei minerali a cui sono legate. E ne costituiscono una parte infinitesima (da 0.5 a 60 parti per milione). Ecco perché si chiamano “rare”.
Nonostante si fosse a conoscenza del minerale ferroso sin dal 1600, a causa della quantità di fosforo contenutavi, si poté sfruttarlo con vantaggio solo nel 1878 grazie al forno convertitore Bessemer, che permise la separazione del fosforo dal materiale principale. I minerali ivi estraibili sono la magnetite e l’ematite, a contenuto ferroso (Classe IV dei minerali: ossidi e idrossidi), e l’apatite (Classe VII: fosfati, arseniati e vanadinati), contenente il succitato fosforo, elemento chimico molto importante per l’industria dei fertilizzanti agricoli. Il sottoprodotto di ambedue le lavorazioni sono alcune Terre Rare, la cui valenza dipende innanzitutto dalla sfruttabilità economica dei minerali di riferimento.
Tra i vari depositi dell’area di Kiruna è presente quello di Per Geijer, suddiviso in quattro giacimenti (Nukutus, Henry, Rektorn e Haukivaara), già noti tra gli anni ’60 e ’80. Rispetto al resto della zona mineraria, qui il contenuto di apatite è molto elevato, ma essendo questa allora considerato un minerale di ganga (cioè, sterile, non utilizzabile) fu responsabile della chiusura definitiva della produzione nel 1987. Negli ultimi anni, nuove idee e tecnologie hanno mutato lo scenario, sorrette da studi di settore, come quello del 2019 in collaborazione tra LKAB e l’Istituto tecnologico minerario di Friburgo.
Tecnologia circolare
LKBT è anche azionista di ReeTec, realtà norvegese che ha sviluppato un brevetto rivoluzionario per ricavare REE con le minime conseguenze ecologiche. Inoltre, sono nell’azionariato anche Nysnø Klimainvesteringer, società statale norvegese, Mercuria, trader di commodity svizzero, e TechMet, una holding attiva nella filiera dei metalli tecnologici partecipata dalla US International Development Finance Corporation (DFC), ente economico governativo statunitense.
Il processo REEtec combina alta efficienza e costi competitivi, con emissioni di anidride carbonica inferiori fino al 90%. I lavorati vengono recuperati e riciclati, il fabbisogno energetico è molto basso e l’elettricità proviene interamente da fonti idroelettriche della rete verde nazionale. Tutto ciò consente la realizzazione efficace di prodotti di alta qualità con un impatto ambientale significativamente inferiore rispetto ai processi convenzionali di separazione dei REE.
Il primo stabilimento di REEtec, a Herøya, in Norvegia, è previsto che sia pronto entro la seconda metà del 2024, con composti provenienti dalla canadese Vital Metals, e che un secondo sia atteso per il 2026 e in grado di lavorare quelli di LKAB, disponibili dal 2027.
I limiti di Per Gejer
La raffinazione circolare, in realtà, va a sopperire ad un difetto di economicità della miniera. Come pubblicato nel sito web della stessa LKAB già un anno fa, le risorse di metalli delle Terre Rare a Kiruna hanno un contenuto medio inferiore rispetto ad altre zone in concessione alla ditta (163 ppm, grammi per tonnellata, contro i 227 ppm di Malmberget).
Nella “Dichiarazione delle risorse minerarie per il deposito Per Geijer” del 12 gennaio 2023 queste sono quantificate in 585 milioni di tonnellate, con un ammontare di 1.053.000 t di TREO (acronimo di Total Rare Earth Oxide), ma con una percentuale piuttosto bassa, 0,18%, rispetto, ad esempio, al 1,4% del Fen-Complex norvegese, situato giusto vicino alla sede di REEtec a Herøya.
Value Chain europea carente
Ultimo punto, la cosiddetta catena del valore dei REE che va dalla miniera al prodotto finito è assolutamente carente in Europa. Parliamo di raffinerie e settori manifatturieri di semilavorati e prodotti dell’economia verde, come eolico, solare e batterie per auto elettriche, nonché elettronica e applicazioni high-tech.
L’unica raffineria degna di nota è la Silmet in Estonia, mentre i magneti permanenti NdFeB e le batterie hanno una presenza del tutto marginale in Europa. Gli attuali attori nella manifattura di batterie elettriche per mezzi di trasporto sono extraeuropei: Tesla (USA), Panasonic (Giappone), LG Chem (Sud Korea) e CATL (Cina).
La sola realtà degna di nota in UE è la svedese Northvolt (di cui abbiamo trattato in un precedente articolo su OA) che beneficia dell’iniziativa comunitaria EU Battery Alliance, varata nel 2018, volta a creare un’industria elettrica automotive nel Vecchio Continente.
A tal fine, segnaliamo la trattativa di inizio Marzo 2023 tra USA e UE per fare rientrare le aziende europee negli incentivi e negli sgravi garantiti dall’Inflaction Reduction Act statunitense, riservato ai siti produttivi domestici e agli approvvigionamenti da Paesi con i quali Washington ha formali accordi di libero scambio.
Il futuro agreement permetterà alle ditte comunitarie di non trasferire impianti e investimenti in Nordamerica, come minacciato ultimamente dalla stessa Northvolt e da Volkswagen, suo azionista con il 20%, la quale ha sospeso i piani per uno stabilimento di batterie in Europa orientale in quanto più vantaggiosa una delocalizzazione negli Stati Uniti.
L’intesa avrebbe una portata più ampia, allo scopo di «rendere possibile che le materie prime estratte o lavorate nell’Unione Europea possano essere utilizzate negli USA» e «assicurare catene di approvvigionamento sicure per le batterie in Ue e garantire l’accesso al mercato statunitense», ha spiegato la Von der Leyen a margine dell’incontro con Biden.
Conclusioni
La vicenda di Kiruna si presta ad una doppia lettura. Una prettamente economica, l’altra addirittura geopolitica.
La prima è un progetto industriale di medio-lungo periodo (gli stessi amministratori di LKAB parlano di 10/15 anni per essere completamente operativi a livello di iter autorizzativi, exploiting, quantificazione e certificazione delle risorse in riserve e volumi di estrazione pienamente profittevoli) la cui bontà risiede in uno dei tre fattori della produttività (innovazione di prodotto, di processo e di materiale): una tecnologia innovativa e sostenibile per la separazione degli elementi delle Terre Rare in grado di competere con il dominio cinese.
La seconda è figlia della strisciante polarizzazione tra sfere geopolitiche che la guerra in Ucraina ha solo accelerato. Da una parte il decoupling economico impegnativo tra l’Europa e la Russia e quello incipiente, ma inesorabile, dell’Occidente in senso lato con la Cina (vedi il recente blocco dell’export olandese di stampanti per microchip Pechino, sulla scia di un’analoga decisione da parte del Giappone).
Per quel che concerne il quadrante artico europeo, si assiste ad un desinizzazione sia economica (vedesi lo stand-by del progetto Kvanefjeld nel sud della Groenlandia, sponsorizzato da Greenland Minerals LTD, società partecipata in maggioranza dalla cinese Shenzhen Resource Holding Co. Ltd) sia culturale (chiusura dei centri Confucio in Svezia, per esempio).
Non è un caso se il Governo degli Stati Uniti partecipi nella sopracitata ReeTec insieme a LKAB: la cosa fa il paio con un ritorno degli investimenti americani nelle supply chain dei metalli critici nel Vecchio Continente e con un importante scambio di commodities tra USA e UE (vedesi il gas statunitense che sta mitigando il calo del relativo import europeo dalla Russia).
L’Europa vive un rinnovato e rafforzato legame con oltre Atlantico a tutti i livelli, militare ed economico, ma con il rischio di vedere depauperato il proprio tessuto industriale a favore di Washington, che, a differenza dell’UE, può impegnare molte più risorse finanziarie (grazie alla rendita del Dollaro come moneta internazionale di scambio) e non ha né scrupoli protezionistici né nell’utilizzazione degli aiuti di Stato.
Marco Leone
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