La Presidente del Consiglio ha partecipato lo scorso sabato 21 dicembre al vertice Nord-Sud di Saariselkä, nella Lapponia finlandese.
Sabato 21 dicembre la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha partecipato al “Vertice Nord-Sud” di Saariselkä, nella Lapponia finlandese, insieme all’Alto Rappresentante dell’Unione Europea per gli affari esteri e la sicurezza, Kaja Kallas, il Premier finlandese Petteri Orpo, il suo omologo svedese Ulf Kristersson e il primo ministro greco, Kyriakos Mītsotakīs.
Temi sul tavolo, i migranti e ovviamente la sicurezza. “Sicurezza che riguarda sia i Paesi del Nord, sia quelli del Sud”, rimarca Meloni, giunta in Lapponia anche per strutturare un migliore network di relazioni sulla spesa militare con entrambi i nuovi membri della NATO, e cioè Finlandia e Svezia. “Dobbiamo lavorare insieme per garantire la sicurezza dei nostri confini, e collaborare contro Russia e organizzazioni criminali che puntano a minare le nostre sovranità”.
Giorgia Meloni trova in Lapponia anche tutti esponenti vicini alla sua politica di governo. Dal finlandese Orpo allo svedese Kristersson, tutti e quattro di capi di governo presenti a Saariselkä esprimono posizioni di destra e centro-destra liberali, con una forte vocazione atlantista. E non potrebbe essere altrimenti, visto che il confine russo, dalla sede del vertice, dista solo 62 chilometri.
La Finlandia, entrata ufficialmente nella NATO lo scorso anno, dopo un cambio di rotta rivoluzionario rispetto al suo recente passato. Se noi guardiamo a questo ingresso nell’Alleanza Atlantica solo come a un passaggio formale dedicato a una migliore sicurezza di Helsinki, manchiamo di osservare che dal giorno della sua indipendenza, la Finlandia è stata per decenni simbolo di zona “cuscinetto”.
Vicina alle posizioni occidentali, e sicuramente filo-atlantica anche per ragioni storiche di opposizione alla Russia. Ma sempre dialogante con l’ingombrante vicino di casa. Oggi la politica nazionale vede invece una forte struttura militare, in piena discontinuità rispetto al passato.
Al vertice, oltre alle espressioni formali, si è parlato molto di spese. Spese che riguardano prevalentemente la difesa, ma che non si configurano solamente come accordi per il sostegno all’Ucraina. Anzi, il dettaglio è stato espresso prevalentemente sul come investire le risorse, visto che lo stesso Donald Trump, prossimo all’ingresso alla Casa Bianca a fine gennaio 2025, ha già chiesto ai partner della NATO di arrivare a spendere addirittura il 5% del proprio Pil.
Una quota inverosimile, considerando che molti dei Paesi europei arriva a malapena al 2% di spesa, e l’Italia è ancora molto indietro su questo programma. Ma i tempi sono cambiati, e tutte le capitali europee concordano su una maggiore integrazione degli apparati bellici. Nuovi investimenti, nuovo materiale, nuovo personale.
Né Meloni né gli altri leader presenti al vertice hanno raggiunto un’intesa chiara su come poter spendere di più in sicurezza, pur restando negli stretti limiti di spesa imposti da Bruxelles. Ma indietro non si torna, si ripete in tutti i consessi. E quindi, rimane solo la domanda: come finanziare una nuova ingente spesa militare comune?
Leonardo Parigi
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