«Per quanto possa essere geograficamente distante, l’Artico è molto vicino all’Italia». Con queste parole si potrebbe riassumere il pensiero di Roberta Pinotti, Senatrice del Partito Democratico ed ex Ministro della Difesa dei governi Renzi e Gentiloni.
Di Artico si parla molto, soprattutto in ambito scientifico e fanta-politico, ma ci si dimentica spesso che anche la componente di Difesa è protagonista nell’area. Sia per quanto riguarda le speculazioni in ottica militare, sia – soprattutto – per quanto riguarda le attività legate alla ricerca e alla salvaguardia dell’ambiente. Per queste ragioni abbiamo raggiunto la Senatrice Pinotti, per chiederle come l’Italia, secondo la sua esperienza, possa essere un Paese non-artico ma comunque attivo nell’area.
OA: «Senatrice Pinotti, qual é la situazione italiana per quanto riguarda la regione polare?»
RP: «L’Italia, si sa, è un Paese che vive di eccellenze e di peculiarità. Non stupisce dunque che anche in questo caso l’Italia sia presente in una regione pur così distante. La Marina Militare è presente ormai da tre anni tramite le missioni High North, che hanno lo scopo di consolidare i risultati della ricerca scientifica. Queste missioni sono coordinate a livello scientifico dall’Istituto Idrografico della Marina, al fianco di Enti di ricerca come il CNR. In questo senso, la Difesa italiana è attiva come catalizzatore di interessi scientifici, economici e politici».
OA: «Alla Farnesina esiste un Tavolo Artico, che riunisce aziende, Enti e Istituzioni per una strategia generale sull’area. Sono tutte coinvolte le aziende del settore Difesa?»
RP: «Se ENI è una realtà che agisce con estrema lungimiranza e particolare sensibilità nell’area, altre aziende difficilmente possono esprimere il proprio potenziale. Certo, Fincantieri possiede capacità di grande eccellenza per costruire nuove unità che possano più facilmente entrare in acqua in tutta la regione polare, ma i collegamenti con l’Italia li vedo ad altri livelli».
OA: «Ad esempio a livello politico ed economico?»
RP: «Certamente. La Difesa, in questo periodo storico, ha una funzione anche di monitoraggio in aree del pianeta in cui non si sa cosa potrebbe succedere. Certamente l’area vive oggi un grande spirito collaborativo e di cooperazione tra le parti, e nessuno ha intenzione di modificare la situazione. A livello formale, l’Italia è presente come Osservatore presso il Consiglio Artico, ma è anche partner dell’Arctic Regional Hydrographic Commission (ARHC), unico Paese non-Artico a farne parte. L’Italia quindi ha uno spessore nella regione pur essendo così distante, e questo ci permette di procedere in tandem con i vari Paesi per una migliore ricerca scientifica e per mettere a disposizione le nostre competenze».
OA: «La cooperazione è reale, ma esistono anche scenari di potenziale conflitto. Qual é il suo parere?»
Ma se andiamo oltre la superficie, troviamo un interesse strategico più ampio da parte di tutte e tre queste realtà: indebolire l’Europa. Il nostro continente è interessato direttamente all’Artico. Prima di tutto perché uno dei suoi membri – la Danimarca – è Paese costiero, e poi perché molti degli sviluppi potenziali andrebbero a influire direttamente sull’economia e dunque sulla stabilità di Bruxelles. Pensiamo ad esempio alla Northern Sea Route, la rotta commerciale di navigazione di cui si parla da anni. Se diventerà realtà, a beneficiarne potrebbero essere i porti del Nord Europa e le infrastrutture ad essi legate. Ma l’Europa dovrebbe trovare al più presto una visione complessiva sull’Artico, così come su tanti altri scenari geopolitici».
OA: «Un’ultima considerazione, partendo dal discorso sulla Marina Militare. Qual é lo stato dell’arte della nostra Difesa?»
RP: «Pur avendo a disposizione un budget limitato, anche se appare diversamente, le Forze Armate italiane hanno a disposizione grandi eccellenze e punti di forza invidiati da tutti. Esiste uno Stato che funziona, e questa è forse la consapevolezza più importante che mi è rimasta della mia esperienza come Ministro della Difesa».
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