L’Islanda è uno dei Paesi che sta evolvendo maggiormente nel contesto artico. Pur non appartenendo al “Club dei 5 Paesi”, ovvero i cinque Stati costieri dell’Artico (Danimarca, Norvegia, Canada, Stati Uniti e Russia), il Paese dei geyser è geograficamente un punto fondamentale del puzzle regionale. Turismo, rotte commerciali e politica internazionali sono solo alcuni degli aspetti che stanno mutando a Reykjavík e dintorni. Per capire meglio cosa stia avvenendo abbiamo intervistato Gudlaugur Thór Thórdarsson, Ministro degli Esteri islandese. Buona lettura!
La regione artica sta cambiando, soprattutto a livello ambientale e grazie allo scioglimento dei ghiacci. L’Islanda, che non è riconosciuta come “Stato artico” a tutti gli effetti, come si pone in questo contesto a livello politico?
L’Islanda è certamente uno Stato artico. Si possono applicare diverse definizioni all’Artico. Il Circolo Polare Artico passa attraverso le isole di Grimsey, il territorio disabitato islandese più settentrionale, e una quota molto ampia della nostra Zona Economica Esclusiva si trova a nord del Circolo Polare. La definizione ecologica dell’Artico si riferisce alla linea degli alberi, ma da un punto di vista meteorologico normalmente usiamo l’isoterma di 10° C di luglio. Il Consiglio artico, tuttavia, include diversi elementi, tra cui considerazioni politiche, nella definizione della regione. L’Islanda si trova chiaramente nell’Artico quando si applica una di queste definizioni, ed è in effetti l’unico Stato membro del Consiglio Artico che si può ritenere che si trovi interamente nell’Artico.
Fin dall’inizio della sua adesione al Consiglio, l’Islanda ha sottolineato che i cambiamenti ambientali nell’Artico richiedono una maggiore cooperazione internazionale anche a livello politico. L’Islanda persegue una politica di stretta cooperazione con gli stakeholder regionali. L’apertura di nuove rotte marittime, il più facile accesso alle risorse naturali e i possibili rischi derivanti dall’aumento dei traffici marittimi pongono nuove sfide, facendo diventare molto importante il fulcro della questione, ovvero che l’Artico resti un’area a bassa tensione. Arrivare a questo risultato è certamente più agevole lavorando sulla collaborazione multilaterale e sul dialogo. Durante la sua Presidenza del Consiglio artico, l’Islanda desidera rafforzare ulteriormente la cooperazione degli Stati membri del Consiglio e dei partecipanti permanenti con gli Osservatori (tra cui l’Italia, ndr).
In Italia il tema “artico” si sta evolvendo. Da un mondo distante e interessante puramente per questioni ambientali, l’argomento si sta facendo strada anche in Italia per le peculiarità regionali e politiche. Come pensa che dovrebbe cambiare la comunicazione sull’Artico a livello globale?
Nel 2004 il Consiglio Artico aveva pubblicato l’Arctic Climate Impact Assessment, una valutazione dell’impatto sul clima artico, con l’obiettivo di migliorare la nostra conoscenza dei cambiamenti climatici nell’area, oltre che per sostenere l’elaborazione delle politiche relative. Fu la prima valutazione completa sul tema nell’Artico, e ha rappresentato una base importante per i lavori successivi. Da allora abbiamo imparato sempre di più sui cambiamenti ambientali che si stanno verificando nell’Artico a causa del riscaldamento climatico. È molto importante comunicare al mondo ciò che sta accadendo in questa regione, perché ciò che accade nell’Artico non rimane nell’Artico. Colpisce tutti noi e ha un impatto globale. Il Consiglio Artico, tra gli altri, svolge un ruolo importante nel comunicare queste informazioni a livello globale. Certamente rileviamo una crescente consapevolezza e interesse per l’Artico e lo accogliamo con favore. Lo sviluppo sostenibile è il tema chiave dell’approccio islandese nei confronti della questione, e, tra le altre cose, vogliamo trasmettere il messaggio che tutte le attività economiche nella regione devono essere sviluppate in modo sostenibile.
Qual è la posizione dell’Islanda in materia di cooperazione e sicurezza, in uno scenario in cui nulla è scontato?
La sicurezza ovviamente ha molte dimensioni. Nel contesto dell’Artico, le attività di Search and Rescue rappresentano un aspetto importante del tema. L’apertura delle rotte del Mare Artico crea condizioni più impegnative per garantire la capacità di rispondere agli incidenti ambientali e marini. Tenendo presente che esistono infrastrutture limitate dalla costa occidentale della Norvegia alla costa orientale del Canada, l’Islanda è geograficamente ben posizionata per svolgere un ruolo importante nella maggiore cooperazione con i singoli Stati artici sulle capacità SAR. In termini di sicurezza di Difesa, l’Islanda è ovviamente un membro della NATO e ha un accordo di difesa bilaterale con gli Stati Uniti. Godiamo inoltre di una stretta collaborazione con gli altri Paesi nordici, in particolare nell’ambito della collaborazione NORDEFCO. Tali disposizioni sono conformi e stipulate dalla politica di sicurezza nazionale per il nostro Paese. È importante sottolineare la necessità che l’Artico resti una zona a bassa tensione, che le linee di comunicazione restino aperte fra tutti i vicini regionali e che ci sia un serio impegno da parte di tutti gli attori su questi argomenti. Man mano che il ghiaccio artico si riduce, le leggi e le norme internazionali, come la Convenzione sul Diritto del Mare delle Nazioni Unite (UNCLOS) devono essere rispettate in maniera più efficace in quest’area.
Pesca, attività minerarie, petrolio e gas, rotte commerciali e turismo. Cosa può fare l’Islanda per sfruttare la futura tendenza economica, mantenendo alti standard di conservazione ambientale?
Dobbiamo tenere presente che l’Artico è pur sempre un’area che i suoi abitanti chiamano “casa”. La maggior parte di essi vive con un’affinità speciale per la natura e deve affrontare condizioni ambientali molto difficili. Facciamo grande affidamento sul nostro ambiente naturale per il nostro sostentamento, che si tratti di pesca o turismo, produzione di energia o agricoltura. Con lo sviluppo sostenibile come principio guida possiamo costruire società prospere. Dobbiamo concentrarci sul bilanciamento dei tre pilastri dello sviluppo sostenibile: ambientale, economico e sociale. È fondamentale che eventuali futuri investimenti e attività economiche nell’Artico siano guidati dai principi dello sviluppo sostenibile.
Cina, Stati Uniti e Russia sono i giganti che il mondo osserva per le loro attività, anche nell’Artico. In che modo l’Islanda gestirà questo equilibrio tra le parti?
Non possiamo chiudere gli occhi sul fatto che l’apertura dell’Artico e una maggiore attività nell’area abbiano provocato un aumento delle tensioni geopolitiche. In tale contesto, è di fondamentale importanza che il diritto e le norme internazionali prevalgano nella regione artica. L’Artico deve rimanere un’area di bassa tensione e, a tale proposito, il dialogo è un mezzo in sé. Un dialogo aperto e trasparente fra tutte le parti interessate è la chiave. Per quanto riguarda gli Stati che menziona esplicitamente nella domanda, posso tranquillamente affermare che l’Islanda gode di una buona cooperazione con tutti e due sia su questioni artiche sia in altre aree, e che una delle priorità della nostra Presidenza è rafforzare il lavoro del Consiglio. Ciò rafforzerà il dialogo tra membri e Osservatori come la Cina.
L’Unione europea da un lato, i partner regionali dall’altro. È un contesto attivo ma fragile di cooperazione. Quante posizioni politiche comuni condivide l’Islanda con gli altri partner regionali? Quali le differenze?
La regione artica ha molti attori che affrontano diverse problematiche per la regione in modi diversi. Il quadro istituzionale può apparire fragile, o addirittura complesso, ma ha dimostrato di avere la capacità di offrire ottime basi. Il Consiglio artico ha il vantaggio di aver acquisito una solida reputazione grazie ai suoi vasti contributi scientifici e raccomandazioni politiche per gli Stati artici. Il suo lavoro di alta qualità costituisce la base per un processo decisionale responsabile in merito all’Artico. Ciò detto, l’importante lavoro svolto, ad esempio nel Nordic Council of Ministers, integra il lavoro del Consiglio Artico.
Poche settimane fa l’Amministrazione Trump ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno prendendo in considerazione un accordo di libero scambio con l’Islanda. Come valuta la visione di Washington sull’Artico?
Islanda e Stati Uniti hanno sempre goduto di una buona cooperazione, proprio sugli affari artici, sul commercio, sulla sicurezza e sulla Difesa. Quest’anno, sia il Segretario di Stato che il Vice Presidente degli Stati Uniti hanno visitato l’Islanda, ennesima dimostrazione della stretta relazione tra i due Paesi. Sebbene l’Islanda sia in attesa di un’ulteriore sviluppo di cooperazione con gli Stati Uniti, anche su questioni relative all’Artico, è più appropriato che siano le autorità competenti degli Stati Uniti a descrivere la propria visione sulla regione.
Lei crede che strumenti come il Consiglio Artico, per quanto oggi molto utili, possano resistere a tensioni geopolitiche più violente?
In precedenza ho sottolineato la necessità di mantenere l’Artico come una regione a bassa tensione. Uno dei modi migliori per ridurre al minimo lo spazio per il gioco geopolitico “vecchio stile” nella regione è una maggiore cooperazione internazionale mantenendo aperti e attivi i nostri canali di comunicazione. Non da ultimo, in questo contesto, il Consiglio Artico ha un ruolo importante da svolgere. I sei gruppi di lavoro del Consiglio svolgono la maggior parte della propria funzione scientifica principale sotto forma di progetti che mirano a migliorare la conoscenza e fornire raccomandazioni politiche. Agendo in questo modo il Consiglio artico rappresenta un forum per la cooperazione in materia di protezione ambientale e sviluppo sostenibile, che riunisce scienziati di prim’ordine tra Membri e Osservatori. Ciò ha prodotto importanti discussioni e risultati su una varietà di questioni. Il Consiglio, ad esempio, ha aumentato e ampliato la nostra comprensione dell’ecosistema artico, e quindi ci ha permesso di prendere decisioni informate su come affrontare l’ambiente e le risorse della regione in modo sostenibile, al fine di migliorare le condizioni di vita preservando la biodiversità. La necessità di conoscenze all’avanguardia di questo tipo è destinata a crescere con l’aumentare dello sviluppo economico nella regione.
Negli ultimi anni l’Islanda sta vivendo un boom del turismo. Come si può gestire un flusso di turisti sempre più consistente in un ambiente così fragile e particolare?
L’Islanda è diventata una destinazione ben nota e consolidata dopo anni di rapida crescita nel turismo. Le infrastrutture turistiche si sono gradualmente rafforzate negli ultimi anni in tutto il Paese, e le azioni del Governo e dell’industria del settore mirano a costruire un turismo sostenibile. Durante questa rapida crescita, l’esperienza dei turisti islandesi è stata molto positiva e la stragrande maggioranza degli islandesi ritiene che i turisti aumentino la qualità della vita nella propria regione. È stata creata una nuova strategia turistica per l’Islanda che entrerà in vigore nel 2020. La visione futura per il 2030 è stata definita come “Islanda leader nello sviluppo sostenibile”.
Ritiene che Organizzazioni Internazionali come le Nazioni Unite potrebbero dare un contributo significativo alla conservazione ambientale della regione e alla sua stabilità?
Un Artico basato su regole e norme internazionali è la chiave per un’area a bassa tensione. Pertanto, la cooperazione internazionale è vitale per la regione artica. Organizzazioni come le Nazioni Unite svolgono già un ruolo importante e partecipano al lavoro scientifico svolto nella regione e, in tal modo, contribuiscono alla sua stabilità. La Convenzione sul Diritto del Mare (UNCLOS), la Costituzione globale per i nostri oceani, svolge qui un ruolo inestimabile. Potrei anche menzionare che alcune agenzie e programmi specializzati delle Nazioni Unite sono Osservatori del Consiglio Artico e svolgono un ruolo importante nel suo lavoro, tra cui UNEP, OMM, IMO, UN-ECE e UNDP.
L’Islanda potrebbe diventare un hub cruciale per la navigazione e le crociere. Ma sappiamo anche che l’aumento del traffico marittimo potrebbe comportare problemi anche in Search & Rescue, che necessitano di infrastrutture più dedicate e porti più efficienti. In che modo l’Islanda gestirà questo cambiamento?
Ha ragione quando afferma che l’Islanda potrebbe diventare un punto cruciale per le condizioni di ricerca e salvataggio (SAR – Search & Rescue ndr) nel Nord Atlantico e nell’Oceano Artico, che sono estremamente difficili. Prevediamo una maggiore cooperazione con i singoli Stati artici per lo sviluppo di capacità di ricerca e salvataggio, attività per le quali l’Islanda è ben posizionata. Stiamo esaminando la possibilità di creare un cluster di SAR, sfruttando la posizione, le strutture e le competenze dell’Islanda.
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