Norvegia

L’impatto della guerra sulle isole Svalbard

La guerra in Ucraina e l’invasione russa cambiano le carte in tavola anche nell’estremo Nord, dove le Svalbard rappresentano un unicum politico a livello globale.

Tra cooperazioni e tensioni

Sono solo cinque le ore di volo che separano la capitale della Norvegia dalla cittadina più a Nord del mondo. Circa 15 minuti prima dell’atterraggio a Longyearbyen, dopo diverso tempo trascorso sorvolando il Mar Glaciale Artico, ci si ritrova ad ammirare le selvagge e inospitali montagne di Spitsbergen, la più estesa tra le isole dell’arcipelago delle Isole Svalbard.

L’emozione da cui si viene pervasi è duplice: se da un lato non si può che provare soggezione di fronte alla maestosità della natura, qui così aspra e inviolata, dall’altro si avverte un profondo senso di ammirazione per l’audacia che il genere umano ha dimostrato spingendosi fino alla più remota area del pianeta. 

Un microcosmo unico nel suo genere

Questo arcipelago, popolato da 2.642 abitanti con oltre 53 nazionalità differenti, è un microcosmo a sé che proprio per questo ha sempre destato l’attenzione di diversi Stati. Parte della sua singolarità si deve all’omonimo Trattato del 1920 che dichiara che, sebbene la sovranità di queste isole sia da considerarsi interamente in capo alla Norvegia, qualunque cittadino dei Paesi firmatari può stabilirvisi e avviare un’attività commerciale senza la necessità di alcun visto norvegese. 

Dalla prospettiva geopolitica, inoltre, le isole Svalbard rappresentano un unicum nel panorama globale. Da decenni in questo luogo coesistono e si confrontano vis-à-vis la Russia e la Norvegia, storico Stato membro dell’Alleanza Atlantica. A tal proposito, risulta fondamentale ricordare che l’articolo 9 del Trattato del 1920, pur non imponendo la completa demilitarizzazione, proibisce l’utilizzo dell’arcipelago a scopo di guerra.

Nonostante tra la NATO e Mosca le tensioni non si siano mai davvero del tutto estinte, la vita sulle isole Svalbard è sempre stata caratterizzata da un’attiva cooperazione e da un forte senso di comunità tra le varie popolazioni presenti. Perfino durante il periodo della Guerra Fredda, i norvegesi, i russi e gli ucraini hanno pacificamente coabitato negli insediamenti di Longyearbyen, Ny-Ålesund, Pyramiden e Barentsbourg, condividendo pratiche commerciali e attività culturali.  

“Benvenuti a Pyramiden, cari ospiti norvegesi!” Cartello all’ingresso di Pyramiden, 1956. (Immagine gentilmente concessa dal Museo delle Svalbard).

Punto di rottura

L’invasione russa dell’Ucraina del 24 febbraio 2022, oltre ad aver segnato un punto di rottura per la maggior parte dei rapporti internazionali, rischia di danneggiare gravemente anche tutti gli equilibri che nell’ultimo secolo si sono consolidati in questa remota area. 

Sulle isole Svalbard, le relazioni tra Russia e Norvegia si erano mantenute pacifiche anche a dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e l’appoggio norvegese alle sanzioni europee contro Mosca. Ora però appare evidente che sia in atto un significativo cambiamento.

A livello statale, le frizioni negli ultimi sei mesi sono state molteplici Durante la scorsa estate, le autorità norvegesi hanno impedito che diversi container destinati a Barentsbourg venissero spediti direttamente dal porto di Murmansk a quello dello stabilimento delle Svalbard.

La reazione russa

Questa azione, presa in conformità al provvedimento riguardante la chiusura dei porti e delle frontiere al traffico merci russo, ha destato immense proteste da parte del governo russ. E ha spinto Vyacheslav Volodin (presidente della Camera bassa del parlamento di Mosca) a chiedere di esaminare la possibilità di cancellare il trattato del 2010 sul confine russo-norvegese nel Mare di Barents.

Sebbene la richiesta non sia stata perseguita, questa si è sommata a una serie di minacce del Cremlino verso gli accordi giuridici che regolano i rapporti interstatali nel Mar Glaciale Artico. A livello locale, anche se le autorità norvegesi e russe presenti nell’arcipelago stanno manifestando l’intenzione di mantenere un dialogo attivo (così come dimostra la loro partecipazione alla commemorazione annuale della tragedia aerea del 1996), tra gli abitanti di Longyearbyen e quelli russi di Barentsbourg, i rapporti si stanno inasprendo.

Foto © Giulia Olini

All’inizio di ottobre 2022, lo Svalbard Tourism Council ha infatti dichiarato che di fronte alla continua violazione dei diritti umani perpetrata dalla Russia, si è deciso di terminare i rapporti con la compagnia statale Trust-Arktikugol che amministra gli insediamenti russi nell’arcipelago.

Concretamente, tutti i prodotti, i tour e i servizi turistici legati ad attività commerciali russe presenti alle Svalbard, verranno rimossi da Visit Svalbard, la piattaforma per prenotare e organizzare i soggiorni sulle isole. Inoltre, da febbraio 2022, oltre il 12% della popolazione di Barentsbourg, precedentemente costituita da circa 400 abitanti per lo più russi e ucraini, ha lasciato la cittadina come conseguenza del conflitto in Ucraina. 

Cosa aspettarsi adesso

Foto © Giulia Olini

Durante il mio viaggio in solitaria alla Svalbard, ho avuto la possibilità di discutere della questione con gli abitanti del posto. Tra questi, Marcus, proprietario di una birreria a Longyearbyen e guida turistica, che in poche parole mi ha reso chiara la situazione: “Things are changing like never before, you can feel in the air… for a long time nothing will be as it always was”.

La Russia non rinuncerà mai alla presenza sulle isole Svalbard essenzialmente perché possiedono una posizione strategica di essenziale importanza per la sua sicurezza nazionale

Infatti, questo arcipelago si trova di fronte alla penisola di Kola, principale sede della Northern Fleet, e, inoltre, rappresenta il canale privilegiato per monitorare la presenza della NATO nella regione artica, area che per la Russia è da sempre rilevante sia economicamente che militarmente. 

Nonostante lo scoppio di un conflitto sulle isole Svalbard rimanga molto improbabile – in quanto nessuna delle due parti ne trarrebbe beneficio – i recenti segnali fanno presupporre che ci si debba aspettare nuove rivendicazioni territoriali da parte di Mosca e crescenti tensioni anche a livello locale. 

Giulia Olini

Osservatorio Artico © Tutti i diritti riservati

Giulia Olini

Dopo la laurea in Relazioni Internazionali ho deciso di frequentare il corso magistrale in Scienze politiche e di governo presso l’Università degli Studi di Milano. Con l’obiettivo di svolgere un dottorato nel prossimo futuro, attualmente mi occupo di geopolitica nell’Artico e in particolare del ruolo che le Grandi Potenze hanno nelle dinamiche di questa regione”

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