Il percorso che ha portato allo sviluppo di un interesse verso il Nord da parte di Bruxelles è particolare e ancora troppo parziale.
Tracciare un profilo storico del legame tra l’Unione Europea e l’Artico è un compito che si rivela meno semplice del previsto. La prima data più convenzionale da prendere in considerazione è quella del 1995, anno nel quale due Paesi artici, Finlandia e Svezia, entrarono nell’Unione.
In realtà, già a partire dal 1973 alcuni territori artici erano entrati a far parte della Comunità Europea, a seguito dell’adesione della Danimarca. E con essa, la Groenlandia. Tuttavia, in seguito alla concessione danese dell’autogoverno a Nuuk nel 1979, e ai risultati del referendum sull’uscita dalla Comunità tenutosi sull’isola nel 1983, la Groenlandia concluse il ritiro nel 1985.
La principale causa di questa decisione fu l’opposizione dei governi groenlandesi alle politiche comunitarie per via del loro impatto sull’industria ittica locale. Al di là di alcuni investimenti nelle infrastrutture e della concessione di alcune eccezioni alle regole comunitarie – principalmente in materia di pesca – gli analisti della regione sottolinearono all’epoca l’incapacità da parte di Bruxelles di comprendere i limiti delle proprie politiche comunitarie a fronte delle circostanze socioeconomiche eccezionali dell’isola.
Il caso groenlandese aiuta a comprendere meglio gli sviluppi successivi delle politiche messe in atto da Bruxelles nei confronti della regione artica. L’inclusione di una porzione della regione nel territorio della Comunità non era stata sufficiente ad aumentare l’attenzione e l’interesse verso l’Artico. Questo tema sarà ricorrente anche un decennio dopo, con il già citato accesso nella nuova Unione Europea da parte di Helsinki e Stoccolma.
In relazione all’Artico, i due Paesi scandinavi entrarono nell’UE rappresentando gli interessi di quella regione, piuttosto che integrarli a quelli complessivi di Bruxelles. Benché quest’approccio sia stato indubbiamente corretto nel riconoscere una maggiore competenza nella gestione degli affari regionali da parte di Helsinki e Stoccolma, esso risultò contemporaneamente in un rallentamento dell’evoluzione di una dimensione artica dell’UE.
Conseguentemente, la formazione di una dimensione artica dell’Unione richiese ulteriore tempo e un particolare coinvolgimento da parte della Finlandia. Solo con l’assunzione della Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea nel 1999, Helsinki lanciò la “Dimensione settentrionale” della UE.
Si trattava di un’iniziativa politica congiunta tra UE, Islanda, Norvegia e Federazione Russa volta a promuovere la cooperazione nelle regioni settentrionali dell’Europa. L’obiettivo ultimo di questa iniziativa era quello di coordinare gli output decisionali delle varie organizzazioni che si occupano di affari artici.
L’esperienza della “Dimensione settentrionale” contribuì a integrare Bruxelles in contesti cooperativi artici, modellare le basi del proprio rapporti con gli attori statali presenti nel territorio, e dare l’impulso alla formazione di una concreta policy artica da parte dell’Unione. Bisogna anche riconoscere, tuttavia, che essa non è riuscita ad espandere la sua attività e influenza al di fuori della regione artica europea per una mancanza di visione comune da parte dei membri coinvolti nell’iniziativa.
Il 2008 è da considerare come un punto di svolta determinante, a partire dal quale si può cominciare a parlare di Bruxelles come di un vero e proprio attore artico. La direttrice su cui si sviluppa questo documento, pubblicato dalla Commissione, fu quella di strutturare un approccio coordinato agli affari artici da parte dell’Unione, con il fine di garantire la stabilità regionale. Vennero individuati tre principali principi attraverso cui operare: sostenibilità delle risorse, promozione della governance multilaterale e protezione dell’ambiente in accordo con le popolazioni indigene.
La pubblicazione di tale documento non è stata sufficiente a rendere automaticamente Bruxelles un vero e proprio attore artico, in quanto la sua presenza a nord del 66º parallelo è stata accolta con un certo scetticismo da parte degli attori regionali. L’Unione stessa riconobbe come fosse presente la necessità di condurre analisi e ricerche sugli affari artici per proporsi come un attore regionale.
Tuttavia, il percorso storico pluridecennale, le iniziative intraprese e i documenti politici testimoniano come l’Unione abbia progressivamente aumentato il proprio interesse verso l’Artico nel corso degli anni. Al contempo, essi rivelano come la “dimensione artica” dell’UE sia stato un processo in evoluzione, e riflettono come questo cambiamento sia tuttora presente al giorno d’oggi, come certifica la più recente policy artica di Bruxelles.
Gianmarco Insisa
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