Un’intervista ambientata a Húsavík, a 60 km dal Circolo polare, che ha permesso ad Osservatorio Artico di conoscere chi, quasi tutto l’anno vive la provincia islandese.
Leonardo Piccione è originario della Murgia barese, negli ultimi anni ha vissuto soprattutto a Húsavík, dove collabora con il Museo dell’esplorazione. Ha raccolto storie di vulcani per il suo primo esordio letterario “Il libro dei vulcani d’Islanda”, uscito nel 2019 per Iperborea. Sul numero di The Passenger Islanda ha scritto un interessante articolo sul calcio in provincia: punto di partenza per questa intervista.
Come mai hai scelto di venire in Islanda? «Sono cinque anni ormai che passo più mesi in Islanda che in Italia. Tutto è cominciato alle scuole medie, con l’osservazione degli atlanti. Nelle cartine dell’Europa mi aveva sempre colpito il fatto che ci fosse in un riquadro in alto a sinistra un’isola staccata e molto lontana. Si è installata una curiosità che è proseguita nel tempo.
Al liceo durante l’esame di Stato ho fatto una tesina multidisciplinare sull’Islanda, ma fisicamente non ero mai stato sull’isola. Ho avuto l’opportunità di venire in Islanda durante il dottorato di ricerca, e a luglio 2015 feci la prima settimana da turista nel Paese. La diversità, la poca popolazione e la geologia sono stati tre fattori fondamentali.
Penso che l’Islanda rispecchi perfettamente l’inquietudine che a un certo punto ho sentito dentro di me e che ancora sento, penso che abbia a che fare con l’essere giovani, l’essere dinamici e l’essere alla ricerca di un equilibrio sempre diverso.
«Da quando è iniziato il mio rapporto con l’Islanda, ogni inverno vengo qua. Nel gennaio 2020 ero arrivato ignaro di quello che sarebbe cominciato pochi mesi dopo. Il viaggio di ritorno in Italia ad aprile è saltato, e quindi ho vissuto qui la parte più intensa della pandemia.
Mi ritengo fortunato, perché l’Islanda in quella prima parte ha vissuto meno l’aggressione del virus, a causa di una serie di fattori. Ad esempio il suo isolamento o lo stile di vita (in inverno nella provincia dell’Islanda è come se si vivesse una perenne quarantena, perché i contatti sono oggettivamente limitati). Per una settimana c’è stata la chiusura delle scuole, degli uffici e dei bar, ma le limitazioni sono state veramente poche, dopodiché la vita è rimasta abbastanza normale.
Vivere la pandemia qui ha rafforzato il mio legame con l’Islanda: è come se avessi attraversato questa fase buia e difficile insieme alle persone del posto. Il 25 febbraio è stato annunciata la cancellazione di tutte le limitazioni esistenti. Le mascherine non sono più obbligatorie sia all’interno che all’esterno e bisogna mantenere le distanze. Ovviamente bisognerà essere prudenti, ma l’Islanda si allinea ai Paesi europei.
Nonostante i casi siano numerosi, ogni giorno viene battuto il record dei nuovi contagi. Si è appurato che sono casi di lieve entità e la popolazione vaccinata ha raggiunto un tasso del 92%.
Come si vive a Húsavík? «Húsavík è un villaggio di 2.300 abitanti, nel Nord-Est del Paese. L’area di Reykjavik racchiude quasi la metà degli abitanti dell’Islanda e la maggior parte delle aziende che operano nella nazione. Potremmo dire che ci sono due Islande: quella della capitale e quella della provincia.
Qui in inverno si rischia di rimanere isolati, perché non si trova sulla “Ring road” e perché per venire qui non capiti di passaggio. Per i turisti, venire a Húsavík si riduce a due motivi: per vedere le balene nella baia e per il film prodotto e distribuito da Netflix sull’Eurovision Song Contest.
«Tolte queste motivazioni, che valgono da giugno a ottobre, non ci sono molti motivi per venire a Húsavík. Io però ne ho trovato un terzo. Stavo raccogliendo una serie di storie legate ai vulcani islandesi e ho avvertito la necessità di mettere nero su bianco il fatto che mi recassi sempre in Islanda. L’ho fatto attraverso una serie di storie di uomini e di donne legate per qualche motivo ai vulcani isolani.
Ho scoperto che il villaggio di Húsavík aveva un legame particolare con gli astronauti che sono andati sulla Luna. Prima della missione lunare sono stati in Islanda per due sessioni di training geologico. Scoprire un legame tra Húsavík e l’allunaggio mi ha fatto impazzire, e ho chiesto al museo dell’Esplorazione di venire a fare il volontario, in modo da poter portare avanti la ricerca per il mio libro.
Sorprendentemente, la provincia islandese è una miniera di storie, racconti e personaggi. Basta chiedere in giro, esplorare le biblioteche, per capire che in questi villaggi remoti si può scoprire l’intima essenza dell’Islanda, dove ancora ci sono i pescatori, piccole storie collegate a quella con la S maiuscola. Scoprire questi legami è la ragione che mi ha portato e che mi fa restare qui. Sotto la superficie di neve, se scavi, trovi storie e personaggi sorprendenti, collegati a fatti che hanno cambiato la storia dell’umanità.
Ad esempio, la storia dell’eruzione di alcuni vulcani ha influito sulla storia dell’uomo. L’eruzione del vulcano Laki del 1783, a causa delle carestie che ha provocato nel centro d’Europa, sembra che abbia un legame indiretto con lo scoppio della Rivoluzione francese del 1789. Un’eruzione in Islanda o in qualunque parte del mondo ha influito sulla nostra esistenza.
«Nasce dal libro dei vulcani d’Islanda: ho pensato che avrebbe potuto avere un senso trasformarlo in un libro da pubblicare, e il primo sbocco che mi è venuto in mente è stata Iperborea, in quanto unica casa editrice specializzata in autori del Nord Europa.
Su consiglio del mio agente letterario ho mandato una mail alla fondatrice della casa editrice, allegando un estratto del manoscritto, e dopo poche settimane mi rispose che la trovava una proposta molto nordica e adatta alla loro proposta di idee letterarie.
Pochi mesi dopo, la mia collaborazione si è estesa all’articolo sul calcio, apparso sul numero di The Passenger dedicato all’Islanda, ma questo è il secondo passo della mia collaborazione.
Perché hai scelto di scrivere un articolo sul calcio? «Quando è uscito il numero di The Passenger, la nazionale islandese era al suo apice della sua storia. Era una nazionale che tra il 2016 e il 2018 ha partecipato agli Europei e ai Mondiali di calcio.
Io ho sfruttato questa situazione per cercare di raccontare da dove nascesse questo successo. Una delle ragioni è sicuramente il calcio in provincia. Che si fonda su delle strutture all’avanguardia, che possono essere trovate anche a Húsavík. Gli islandesi possono allenarsi anche d’inverno, perché il campo da calcio è riscaldato grazie a degli impianti geotermali, che permettono l’attività fisica anche in inverno.
Mi è sembrato che in questa piccola storia che si sviluppa ad Húsavík ci fosse uno spunto per parlare della grande storia della nazionale islandese. Una particolarità del campo è che non ci sono le tribune, ma un parcheggio sui lati lunghi del campo, dove si ha la possibilità di guardare la partita dentro la macchina, e nel momento in cui la squadra di casa fa goal si suona il clacson per esultare».
«Storicamente il calcio non è uno sport nazionale. Lo sport nazionale per eccellenza è stato considerato la pallamano: durante i mondiali di questa disciplina l’Islanda era completamente ferma e alcuni negozi erano chiusi. Il calcio è uno sport, che ha permesso all’Islanda di farsi conoscere sul piano internazionale e presto è diventato il secondo sport più praticato.
Il Paese ha avuto la possibilità di farsi conoscere grazie all’eruzione del vulcano Eyjafjöll (2010) e la nazionale di calcio (2016-18), come non era mai successo prima. Il calcio e il vulcano sono due ragioni del rapidissimo aumento turistico degli ultimi anni».
Come nasce l’idea del podcast “NammiNews”? «Si tratta di una continuazione del libro sulla storia dei vulcani: insieme a Francesco Perini, che ha pensato con me a questo podcast, ci è venuta l’idea di far sentire le voci degli islandesi.
I primi sei episodi erano strutturati in questo modo, mentre gli altri erano una rassegna stampa di notizie islandesi curiose. L’idea era quella di raccontare l’anima di un’Islanda, che si trova lontana dal centro e dall’area della capitale e delle mete turistiche. Attraverso i primi episodi è possibile ascoltare i suoni della natura e le voci delle persone.
Quali sono i tuoi obiettivi e progetti futuri? «A breve sarò sull’isola di Grímsey, che è un’isola abitata e l’unico posto attraversato dal Circolo Polare Artico. Passerò un mese su quest’isola, dove vivono circa 40 persone, per approfondire, capire e scoprire storie. Mi piacerebbe vivere a stretto contatto con loro e conoscere i segreti di questo posto».
«La cosa più importante è la necessità di adattarsi e scoprire la capacità che abbiamo dentro di noi. Come esseri umani siamo portati ad adattarci alle cose che cambiano. Ci siamo adattati a climi e a luoghi che sembravano improponibili, in realtà siamo malleabili e abbiamo la capacità di adattarci e cambiare.
Da quando vivo in Islanda sono cambiato, mi sono aperto a uno stile di vita che non pensavo fosse mio, ma che in realtà ho scoperto essere molto simile a me. E ho scoperto che non ero quella persona rigida, ferma e severa che pensavo di essere.
In Islanda per me è stato più facile perché qui devi adattarti fisicamente e mentalmente al luogo, e questo è l’insegnamento che più di tutti conservo. Un percorso in divenire, che non è ancora terminato.
La capacità di adattarsi, migliorarsi e cambiare le proprie idee si può fare anche a casa, nella mia storia personale l’Islanda ha accelerato questo processo. Ho imparato a lasciare che il cambiamento avvenisse».
Andrea Delvescovo
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