Alaska

Biden sospende i leasing di petrolio nell’Arctic National Wildlife Refuge

Il nuovo inquilino della Casa Bianca prova a stoppare le leggi di Trump sulle estrazioni in Alaska, nonostante l’opposizione della politica locale.

Lo stop e la discontinuità col passato

o scorso 1 giugno il Dipartimento dell’Interno degli Stati Uniti ha sospeso il piano di leasing di petrolio e gas nell’Arctic National Wildlife Refuge, in attesa del completamento dell’analisi del NEPA (National Environmental Policy Act).

Proprio sotto le direttive espresse nel NEPA, infatti, si devono discutere e verificare gli impatti ecosistemici, ambientali e sociali delle imprese petrolifere nell’area, anche basandosi su passati disastri e/o incidenti con conseguenze sulle popolazioni indigene insediate nelle immediate vicinanze. 

L’Arctic National Wildlife Refuge e il Tax Cuts and Jobs Act del 2017

L’Arctic National Wildlife Refuge è una riserva di 19 milioni di acri situata a Nord-est dell’Alaska, patria di popolazioni indigene come gli Inuit, gli Yup’ik e i Gwich’in. Questi popoli hanno un legame fortissimo con la natura circostante, tanto che la loro sopravvivenza dipende proprio dalle migrazioni della fauna selvatica – sia marina (balene, foche, pesci), sia terrestre (specialmente renne caribou). 

Un qualsiasi mutamento nel territorio dell’Arctic National Wildlife Refuge potrebbe avere gravissime conseguenze sull’adattamento delle comunità indigene e sulla loro stessa sopravvivenza. Nel 2017, l’Amministrazione Trump ha approvato il Tax Cuts and Jobs Act, dove si legalizzava la possibilità di stipulare leasing di petrolio e gas in 1.56 milioni di acri sui 19 milioni del Rifugio Artico.

Di particolare interesse dal punto di vista economico è la Prudhoe Bay, nell’area conosciuta come Coastal Plain, che secondo gli esperti condividerebbe la stessa geologia dell’ANWR, e dunque anche simili quantità giacimenti di crudo nel sottosuolo. L’apertura o meno del Rifugio alle trivelle è una questione che continua da decenni, ancora argomento di battaglia politica tra amministrazioni presidenziali, imprese petrolifere e popolazioni indigene.

Interessi e battaglie di comunità

Il Presidente Trump nel 2017 puntava a realizzare il sogno delle più grandi aziende del settore di poter sfruttare il ricco sottosuolo artico, permettendo la stipulazione di contratti a discapito di chi abita le stesse coste. Gli interessi economici sono notevoli: tra i 4.3 e gli 11.8 miliardi di barili estraibili.

La decisione è stata accolta positivamente dai governatori regionali, che hanno visto ottime possibilità di riscatto economico a lungo termine. La vendita di leasing, tuttavia, non ha fruttato come sperato: 15 milioni di dollari è la cifra raggiunta, molto poco rispetto alle stime governative. Le maggiori compagnie petrolifere come BP, Shell o Exxon Mobil, infatti, sembrano aver preferito investire nel rinnovabile, decretando il fallimento della mossa politica dell’ex Presidente.

L’Arctic National Wildlife Refuge, Alaska. Foto: Jan Reurink from Netherlands – Alaska, ANWR, Canning river,d2, CC BY 2.0

Il governo ha ricevuto offerte solo per 12 dei 22 tratti di terreno esplorabili, da parte della sola Alaska Industrial Development and Industrial Authority. La legge, però, esiste ed è applicabile, e ha quindi scatenato le reazioni di ambientalisti e rappresentanti delle popolazioni indigene che si sono dichiarate contrarie alla vendita della loro identità.

“I Gwich’in e i caribou hanno da sempre avuto una connessione culturale, da tempi immemori. La nostra identità non è negoziabile, non venderemo mai la nostra cultura e il nostro stile di vita tradizionale per soldi”, afferma Bernadette Demientieff, direttore esecutivo del comitato Gwichyaa Zhee Gwich’in, in un’intervista rilasciata a “Mongabay”

La campagna Gwich’in contro la decisione di Trump è stata sicuramente una delle più avvincenti, dal momento che sono stati enfatizzati i diritti umani, in particolare quelli di chi per secoli è stato dimenticato dalle politiche locali e federali. 

La decisione del Presidente Biden e le critiche

Il Presidente Biden, in linea con il suo programma che punta alla sostenibilità e alla diminuzione delle emissioni, ha quindi deciso di sospendere la possibilità di stipulare leasing per l’estrazione di petrolio e gas nel rifugio, aspettando il rapporto del NEPA sui rischi associati a queste pratiche.

La decisione è stata ampiamente criticata a livello interno, in particolare dai senatori Lisa Murkowski e Dan Sullivan, dal membro del congresso Don Young, e dal governatore Mike Dunleavy. La sospensione dei leasing, infatti, è considerata dagli stessi come illegale, dal momento che entra in contrasto con la legge Trump del 2017 sui Tax Cuts and Jobs. La legge prevedeva controlli su tutti i fronti che avrebbero dovuto guidare le estrazioni nell’area, da quelli ambientali agli impatti sulle popolazioni indigene. 

La decisione è stata percepita come un tentativo di danneggiare l’economia dell’Alaska, mettendo a rischio la sicurezza energetica della regione. «Il governo non può intromettersi in affari che frutterebbero 15 milioni di dollari e invalidare i contratti senza una ragione precisa, dal momento che quest’ultima non è stata fornita», ha affermato Don Young. «Le voci a favore dello sviluppo economico della comunità nativa Inupiat (parte del gruppo Inuit) come sempre vengono dimenticate da chi crede di conoscere i voleri di chi vive nell’Arctic National Wildlife Refuge». 

Ciò che è certo è che la decisione di Biden ha fatto tirare un sospiro di sollievo – per il momento – alle comunità che da decenni si battono per la difesa dei loro diritti umani e decisionali. 

Vanessa Caforio

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Vanessa Caforio

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