Il mare come principale veicolo di crescita, ma anche ricerca, ambiente e una certa voglia di autonomia di gestione. Questi gli ingredienti principali della strategia artica della Corea del Sud, lontana e vicina alla regione polare. Questa analisi è parte del dossier congiunto IARI-Osservatorio Artico “La corsa per il Grande Nord“, scaricabile gratuitamente qui: DOSSIER.
Per come la conosciamo noi, la Corea del Sud rappresenta la quintessenza della tecnologia asiatica. Se volessimo spingerci un poco più in là, potremmo inserire il K-Pop, che ormai si fa strada anche in Occidente. E sicuramente la inseriremmo nella lunga diatriba con la cugina del Nord, ormai uno degli ultimi “fortini” del mondo.
Oltre a queste poche cose, non sappiamo molto delle attività di Seul e dei suoi abitanti. Potremmo mai immaginarci che la Corea del Sud è uno degli attori asiatici più attivi sul mondo artico? Per quanto geograficamente molto distante, Seul sta investendo molto sulla regione polare, prevalentemente in tema di ricerca scientifica. Ma non mancano di certo le intenzioni più puramente commerciali.
Ottenuto lo status di Osservatore permanente nell’Arctic Council nel 2013, Seul è riuscita a inserirsi in quella che viene definita “La corsa al Grande Nord”. Era il 15 maggio 2013 quando, a Kiruna, in Svezia, gli 8 Paesi membri hanno approvato all’unanimità la concessione dello status alla Corea, che si è unita al club artico insieme al Giappone, all’Italia, all’India e a Singapore.
In quanto Osservatore Permanente, Seul partecipa attivamente ai Working Group dell’Arctic Council. Tra queste, le nuove rotte commerciali, la protezione ambientale, la ricerca scientifica e il cambiamento climatico. La possibilità di avere un piede (o meglio, uno scafo) nell’Artico, rappresenta un grande interesse per la repubblica coreana.
Secondo il rapporto UNCTAD 2019, la Corea del Sud e Giappone si dividono il 25% della cantieristica navale, soprattutto per quanto riguarda portacontainer, tanker e dry bulk. Nonostante la stagnazione degli ultimi mesi sui nuovi ordini, dovuta solo in parte alle vicissitudini del virus, il settore marittimo è per la Corea uno dei pilastri dell’economia.
Negli ultimi dieci anni la cantieristica e la logistica coreane hanno registrato un forte declino, a causa della crisi finanziaria globale del 2008 e di altri fattori cruciali del settore. Nel 2016 avvenne il fallimento di Hanjin Shipping, la vittima illustre del comparto marittimo coreano.
L’obiettivo economico di Seul è certamente quello di mantenere vivo e dinamico il settore industriale marittimo, e la possibilità di avere nuove rotte commerciali in Artico porterebbe nuovo ossigeno alle grandi compagnie coreane.
Le mega-portacontainer e le navi a guida autonoma sono due aspetti di potenziale sviluppo per tenere la la linea e per far crescere la posizione della Corea del Sud nel mondo marittimo. La Northern Sea Route – la rotta commerciale su cui nazioni quali Cina e Russia su tutte stanno lavorando per il prossimo sviluppo – andrebbe ad aprirsi a Nord delle coste della Federazione Russa.
Una chance che, in potenza, porterebbe buona parte del commercio mondiale, da Est a Ovest, a percorrere una linea in grado di risparmiare circa 10-12 giorni di viaggio rispetto alla rotta attraverso il Canale di Suez. Con ovvi ritorni a livello economico e politico.
L’ottenimento dello status di Osservatore avvenne, come detto, nel 2013, sotto la presidenza di Park Geun-hye, la prima donna eletta Presidente proprio in quell’anno. Park, uscita dalla scena politica nel 2018 dopo una dura condanna a 25 anni, era considerata una delle donne più influenti del globo.
Certamente la più potente del suo tempo in tutta l’Asia. Una figura preminente che già nel 2013 aveva puntato molto sullo sviluppo della Corea del Sud nella regione polare. Ma l’intenzione di Seul era già di lungo corso. Il suo impegno nell’area artica, infatti, risale ai primi anni Novanta, soprattutto grazie alla ricerca scientifica.
Nel 1987 viene istituito il Korea Polar Research Institute (KOPRI), all’interno del Korea Ocean Research and Development Institute (KORDI), diventando un ente indipendente nel 1990. Dagli inizi degli anni Duemila, Seul decide di potenziare la sua presenza nell’area, e nel 2008 avviene il “taglio della lamiera” della “Araon”, la prima rompighiaccio coreana dedicata alla ricerca. Che entrerà nelle acque artiche due anni più tardi.
Nel 2012 la Corea del Sud ha festeggiato il decimo anniversario della stazione di ricerca artica “Dasan”, fondata nell’arcipelago norvegese delle Svalbard. Da quel momento Seul ha improntato le proprie attività di ricerca nell’area in cooperazione con la comunità internazionale e con le altre basi scientifiche presenti a Ny-Ålesund.
Nel dicembre 2018 Seul ha annunciato la sua “Polar Vision 2050”, rielaborando i precedenti documenti sul tema ed esplicitando sette punti centrali per le sue attività in Artide e Antartide:
La Corea del Sud punta molto, dunque, su una vasta cooperazione in ambito scientifico e ambientale, e non soltanto per una mera vocazione altruistica.
Accreditarsi a livello internazionale come Paese attivo sulla ricerca significa anche poter contare di più in ambito diplomatico, ottenere l’accesso a determinati organismi – come l’Arctic Council – e poter interagire con gli altri partner regionali da pari grado. Una strategia di ampio respiro e di lungo periodo, che vede Seul coinvolta nella regione polare sia per la scienza sia per il commercio.
Ma va considerato anche il peso politico internazionale in Asia, che si può esprimere sotto diversi aspetti. La mira commerciale della Repubblica coreana è chiara: ottenere la possibilità di transito sulla eventuale Northern Sea Route, e promuovere al meglio i propri interessi economico-industriali.
Leonardo Parigi
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