Geografia storica e letteraria di un’isola fantasma nei mari di Siberia.
La geografia delle terre immaginarie rappresenta una tra le più affascinanti pagine nella storia delle scoperte geografiche. La presenza di isole, continenti e città perdute svolse un ruolo propulsivo nei confronti della sfida all’ignoto cartografico, popolando gli spazi oltre i confini delle mappe.
Si pensi all’Oceano Atlantico nelle epoche precolombiane, una vastità di acque che lungi dal trasmettere l’idea di uno spazio sconosciuto figurava disseminato di svariate isole e arcipelaghi, oasi figlie della narrativa odeporica d’epoca medievale e antica che rendevano meno insopportabile, nell’immaginario dell’esploratore in partenza, la navigazione verso latitudini non cartografate.
Tale geografia dell’immaginario non risparmiò nemmeno le latitudini artiche, ove nei secoli si stratificarono credenze e miti che ne riempirono gli spazi definendo la cognizione mitica del nord del mondo che, attraverso i progressi dell’esplorazione, cedette lentamente il passo a una cartografia del reale.
La Terra di Sannikov ricade in tale tipologia di falso cartografico, una terra scorta da lontano all’alba del XIX secolo e da quel momento divenuta parte integrante della geografia dell’estremo settentrione, «segnalata generalmente dagli atlanti a circa 138° longit. est e 78°30′ latit. nord» (Gambi, 1949).
Ad avvistarla fu un viaggiatore e industriale russo di nome Yakov Sannikov, il quale qualche anno prima «scoprì e descrisse le isole Stolbovoj (1800) e Faddevskij (1805)» (Zavatti, 1967, p.250) e si trovava allora impegnato nell’esplorazione cartografica russa guidata da Matvej Gedenštrom nelle isole della Nuova Siberia.
Era il 1810. Durante la spedizione Sannikov ebbe modo di accertare ed esplorare tale arcipelago a 75° N, fino ad allora noto solo grazie all’avvistamento di Jakov Permjakov, mercante e marinaio, negli anni ’20 del XVIII secolo. D’un tratto, a nord dell’isola Kotel’nyj, scorse una nuova terra da cui si sprigionava una nebbia bluastra e Gedenštrom gli credette, perché il geografo era noto per la sua affidabilità.
Lo prese al punto in parola da battezzare con il suo nome la landa sconosciuta, quella Zemlya Sannikova che nessuno ebbe più modo di notare per i successivi settantasei anni (Brooke-Hitching, 2017, p.208).
Fu il geologo Eduard Gustav von Toll, mentre era impegnato in alcune rilevazioni sulle sopracitate Isole della Nuova Siberia nel 1886, ad annunciare d’aver ripetuto l’avvistamento di Sannikov. Doveva trattarsi proprio della terra scoperta nel 1810, ma l’esploratore volle vederci chiaro e quando nel 1900 guidò la nota Spedizione Polare Russa inserì tra gli obiettivi della traversata proprio il raggiungimento della Terra di Sannikov.
In quel tempo le navigazioni lungo le acque in esame stavano assistendo a una nuova fase esplorativa, successiva al compimento di una corsa dalle più antiche radici: la conquista del passaggio a nord-est.
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Filiberto Ciaglia
Corinna Ramognino
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