Nel corso del XVI e del XVII secolo, la Russia, ormai Stato consolidato e forte, grazie soprattutto ai Cosacchi, si espande inarrestabile fino all’Oceano Pacifico.
Ermak (pronunciato, alla russa, come “Jermàk”) era un atamano (questo termine, di origine etimologica incerta, ma probabilmente turca, indica il più alto grado militare cosacco) che ebbe un ruolo di primo piano nella conquista del Khanato di Sibir e indirettamente, su impulso della sua prima spedizione, nell’annessione di tutta la Siberia alla Russia. Su invito della famiglia Stroganov, Ermak si mise al servizio dello zar con la sua compagnia di Cosacchi, preparando la spedizione militare in Siberia e guidandola come comandante.
Ermak divenne noto come il “Conquistatore della Siberia” in quanto riuscì a sottomettere il Khanato di Sibir, stabilendo sui vasti territori che a questo erano appartenuti la sovranità di Mosca.
L’atamano morì nel 1585, si dice, annegato nel fiume Irtyš sotto il peso della sua armatura. Nonostante la morte del Conquistatore della Siberia, la fine del Khanato di Sibir è fissata al 1598, a causa della continua guerriglia che quello che restava dell’esercito tataro aveva continuato a condurre contro le truppe russe. La capitale Sibir era però caduta per mano di Ermak già nel 1584.
Nella prima metà del Seicento, sia avventurieri per proprio conto sia missioni incoraggiate dalle autorità governative cominciarono dunque a spingersi sempre più spesso e sempre più in profondità in Siberia.
L’enormità del territorio siberiano e artico costrinse il potere politico ad affrontare seriamente il problema della riscossione dei tributi. Le pellicce erano infatti indispensabili per la sopravvivenza e il funzionamento dello Stato russo: queste e l’oro ottenuto dalla loro vendita servivano al Regno di Russia per procurarsi quelle materie prime delle quali era carente come i metalli preziosi, i tessuti, le armi da fuoco e la polvere da sparo. Si rendeva quindi necessario organizzare un controllo di polizia economica, in modo che la percentuale dovuta allo Stato dalla vendita delle pellicce potesse essere raccolta efficacemente.
Uno dei modi che il governo di Mosca aveva di assicurarsi le entrate che gli spettavano e di garantire la sicurezza delle carovane dei mercanti contro gli attacchi delle bande dei nomadi che continuavano a scorrazzare in Siberia era il cosiddetto žalovanie o “salario”, un pagamento che i governatori delle regioni remote avevano il diritto di effettuare ai Cosacchi che si dimostravano dediti a compiere queste azioni di polizia per conto dello zar.
La stessa espansione cosacca e russa in Siberia cominciata con la spedizione di Ermak sarebbe stata strettamente legata a questo concetto: la vita dei Cosacchi era migliore, se questi si mettevano al servizio dello zar. Continuavano a svolgere la vita alla quale erano abituati, ma, in aggiunta, venivano pagati. La volontà di acquisire una remunerazione, che li motivava, e l’amplissima rete dei corsi d’acqua navigabili della Siberia, che ne facilitava il movimento, sarebbero diventati i fattori che spinsero i Cosacchi a conquistare la Siberia in un tempo – relativamente – molto breve: questi, infatti, raggiunsero le coste dell’Oceano Pacifico già nel 1639, meno di sessant’anni dopo l’inizio della spedizione di Ermak.
La Siberia doveva però essere amministrata anche politicamente, in quanto parte effettiva del Regno di Russia. A questo scopo, nel 1637, fu fondato, per ordine dello zar Michail Fëdorovič Romanov, il Dipartimento siberiano. Questo ufficio aveva il compito di provvedere al governo regionale e locale della Siberia e i suoi compiti spaziavano dalle questioni burocratiche a quelle tributarie, militari e doganali, dall’introduzione e la rimozione dei capi locali all’amministrazione della giustizia. Fu l’istituzione che si occupò dei rapporti commerciali con il vicino cinese e di vigilare sul traffico delle pellicce poi vendute nell’Europa occidentale.
La selvaggia Siberia, reclamata dai valorosi Cosacchi, era domata e la Russia cominciava ad acquisire dei confini sempre più simili a quelli odierni.
Tommaso Bontempi
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