Se esiste una regione sul Pianeta Terra che sta soffrendo maggiormente i danni del cambiamento climatico dobbiamo spingerci sino alla regione circumpolare. Lo scioglimento dei ghiacciai ha portato tutte le potenze mondiali a cooperare per la creazione di un framework universalmente valido per la creazione di politiche sostenibili: l’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Ma l’Agenda è attuata in Artico?
Il termometro del mondo
Poche aree nel mondo sono sottoposte allo stesso stress ambientale e sociale causato dal cambiamento climatico come l’Artico. Come spesso hanno sottolineato gli esperti, l’Artico è la regione del mondo in cui gli effetti dei cambiamenti climatici sono già visibili e hanno già alterato i fragili equilibri della regione.
La peggiore conseguenza dello scioglimento dei ghiacci è la rottura degli equilibri ecosistemici. Per esempio, è stato riscontrato un forte aumento del cannibalismo tra gli orsi polari che in assenza di ghiaccio indispensabile per cacciare si vedono obbligati a restare sulle rive, in attesa di cibo per ore e con scarsi risultati.
In aggiunta a questo, con lo scioglimento dei ghiacci crescono le mire espansionistiche e le rivendicazioni degli Stati artici e non-artici, con la conseguenza di una maggiore antropizzazione della regione un tempo dominata quasi esclusivamente dalle comunità locali. Attualmente la normativa che tutela l’ambiente artico è molto vasta e complessa, un insieme di norme di hard law e soft law, essendo queste ultime quelle che più vengono utilizzate anche in seguito alle raccomandazioni del Consiglio Artico.
Il Consiglio Artico
Il Consiglio Artico negli ultimi anni ha prodotto un numero sempre maggiore di raccomandazioni volte alla implementazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, soprattutto durante la Presidenza passata affidata alla Finlandia.
D’altra parte il piano universale dell’Agenda 2030 contiene al suo interno una serie di Obiettivi – 17 per l’esattezza – e 169 mete. L’Agenda 2030 nasce con l’obiettivo di creare un grande movimento che parte dal basso, dalla società civile, sino ad arrivare agli Stati e alle Istituzioni, per generare un cambio sostenibile universalmente riconosciuto. I 17 Obiettivi coprono ogni aspetto della vita umana e ambientale, come la fine della povertà e della fame nel mondo, un’educazione di qualità per tutti, la creazione di un’industria sostenibile e la protezione degli oceani e dell’ambiente marino. A tal riguardo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile si caratterizzano per la loro visione olistica verso i grandi problemi universali.
Gli otto Stati artici non hanno mostrato un grande interesse nel presentare la problematica del cambiamento climatico polare presso gli svariati consessi internazionali ai quali hanno partecipato. Ne sono un esempio le ultime due COP (Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici), nelle quali due degli Stati (Russia e Canada) che avrebbero potuto porre il problema ambientale artico non lo hanno fatto.
Il comportamento interno però è differente. Ogni Stato infatti effettua continui studi ed emette molteplici direttive per la protezione dell’ambiente artico e per la tutela delle popolazioni indigene che qui vivono. In tale panorama si inserisce il Consiglio Artico, la cui natura giuridica indefinita (è infatti un forum intergovernativo senza alcun potere vincolante) emette delle semplici raccomandazioni e degli allert circa i problemi ambientali dell’Artico, senza però avere un grande impatto nella scena delle istituzioni internazionali.
Ad oggi può definirsi ancora come uno spazio per gli addetti ai lavori. Né l’Agenda 2030, né la Risoluzione 70/1 con la quale si è approvata l’Agenda, né il Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite fanno riferimento all’Artico e alla sua situazione di vulnerabilità dovuta al climate change.
Verso l’Agenda 2030
Sembrano, però, aprire uno spiraglio le dichiarazioni della nuova presidenza islandese del Consiglio, secondo la quale:
“The goals of the 2030 Agenda for Sustainable Development, adopted by the United Nations in 2015, are global in scope and apply also in the Arctic. Sustainable development is at the core of the Arctic Council mandate. Continuing the Finnish work, Island proposes to explore how the Agenda 2030 framework can be used in Arctic cooperation for the benefit of humans and nature”.
In continuità quindi con quanto avviato dalla precedente presidenza finlandese, uno degli obiettivi dell’Islanda sarà potenziare e applicare l’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi anche alla regione artica in due ambiti specifici: la protezione degli oceani e la creazione di aree marine protette. Questo potrà avvenire attraverso il working group del Consiglio Artico che si occupa della protezione dell’ambiente marino artico (PAME) e il benessere delle popolazioni che abitano l’Artico con maggiore attenzione alle popolazioni indigene.
Riuscirà l’Islanda a portare il tema dello sviluppo sostenibile e dell’applicazione dell’Agenda 2030 in un Artico sempre più militarizzato e alla ricerca di nuove vie commerciali? Riuscirà a convincere gli Stati artici i cui rapporti si stanno lentamente deteriorando in seguito all’emergenza Coronavirus che la priorità per quella regione è tutelare l’ambiente marino, terrestre e le sue popolazioni?
Non si sa, ma in Artico tutto può succedere.
Andrea Grieco
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