Canada

La (geo)politica del Canada in Artico

Il complesso della strategia di Ottawa per l'Artico

La Strategia Artica canadese è sempre più connessa alle politiche per mitigare gli effetti del cambiamento climatico e al tema della riconciliazione con i popoli indigeni. Non prescinde inoltre dal ruolo assunto dall’Artico nella politica internazionale. L’analisi di Laura Borzi pone una questione: al significativo cambiamento di approccio e tono politico, corrisponde anche un mutamento degli elementi sostanziali della politica artica canadese? | Analisi a cura di Laura Borzi, del Centro Studi Italia-Canada

 

L'”Inevitabile” politica internazionale

Come di consueto, la politica internazionale non è stata il tema chiave del dibattito elettorale canadese, tutt’altro. Nel corso dell’ultima campagna per le elezioni federali di ottobre 2019, si è perfino arrivati alla cancellazione del tradizionale appuntamento sul tema tra i contendenti, il Dibattito di Munk, lasciando i dossier di politica internazionale fuori dell’arena politica e concentrandosi unicamente sulle questioni interne.

Un lusso, o piuttosto una mancanza di prospettiva, che oramai ci si può concedere solo in campagna elettorale, salvo riprendere le fila del discorso nel post elezioni. Non è infatti più procrastinabile elaborare una propria visione delle relazioni internazionali e la definizione di un ruolo sulla scena mondiale, tenendo conto dei limiti e dei vantaggi della propria geografia.

In realtà, da tempo il Canada si trova di fronte uno scenario globale dove sarà progressivamente più complicato e rischioso, ma per questo anche più remunerativo, giocare il tradizionale ruolo di media potenza.

Tra le motivazioni:

  • la fluidità dell’evoluzione del sistema geopolitico con il ritorno della competizione tra Stati e la messa in questione dei rapporti di forza;
  • la frammentazione del potere;
  •  la fragilità delle istituzioni internazionali;
  •  l’indebolimento del dominio occidentale, la westlessness.

Per tracciare il contesto di riferimento, appaiono incisive le parole del Primo Ministro Justin Trudeau pronunciate alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza 2020:

Una nazione influente (il Canada ndr) ma non in grado, come singolo Paese, di muovere il dialogo sugli affari mondiali[1].

 

In un’epoca di grande complessità e interconnessione planetaria, i tradizionali confini tra questioni interne ed esterne sono diventati progressivamente più porosi.

L’aereo abbattuto a Teheran: Il 2020 è cominciato con l’abbattimento a Teheran di un aereo ucraino (il volo 752 dell’Ukraine International Airlines) da parte di missili iraniani, che ha causato 176 vittime delle quali ben 138 avevano il Canada come destinazione finale.

L’emergenza sanitaria Coronavirus: la recente ed attuale minaccia biologica del Covid-19 è una crisi sanitaria di portata mondiale con un nemico insidioso, invisibile, ubiquitario che porta con sé ripercussioni economiche e finanziarie altrettanto generalizzate. Per il Canada, il rapporto ad interim dell’OECD prevede un calo del PIL dello 0,3% rispetto allo scorso novembre[2].

Il cambiamento climatico: altra questione urgente di portata globale e tra i capisaldi della campagna elettorale dei liberali è il cambiamento climatico. A più riprese da Trudeau lo ha definito una minaccia esistenziale all’umanità, con le sue ripercussioni su vari livelli politici, locali e mondiali, e con pressanti aspetti economici e di sicurezza umana: secondo i dati scientifici abbiamo solo un decennio a disposizione per trovare soluzioni per il pianeta.

Trudeau 2015 Vs Trudeau 2019

Nel 2015 Trudeau aveva promesso un ritorno del Canada sulla scena internazionale e i canadesi lo avevano portato al Governo con una significativa maggioranza. Nell’ultima tornata elettorale del 2019, Trudeau si è trovato ancora una volta vincitore, ma alla guida di un governo di minoranza con le speranze e l’entusiasmo iniziali un po’ attenuati dalle incombenze della politica reale, sullo sfondo di un’opinione pubblica sempre più scettica nei confronti di politici e governanti.

Per prima cosa, in rottura con la politica di proiezione di potenza del predecessore il conservatore S. Harper, con Trudeau si è tornati all’approccio politico tradizionale con:

  •  la “reintegrazione del Canada nella lotta contro il cambiamento climatico”;
  • una partecipazione più attiva al multilateralismo e le iniziative che mostravano il mutamento nella politica estera del Paese.

Di matrice progressista e internazionalista, il PM rieletto si trova ad affrontare ad oggi tutti quei dossier che si trovano permanentemente sulla scrivania dei ministri canadesi:

  • sicurezza ed economia
  • unità nazionale
  • relazioni con gli Stati Uniti, l’alleato “inevitabile” per geografia con la condivisione di un duplice confine, quello a sud, il più lungo e indifeso al mondo, e a nord con l’Alaska, in Artico.

A questi topic, si affiancano le priorità politiche, che per i liberali sono state, nel corso del primo mandato, la classe mediala riconciliazionel’impegno sulla scena internazionale.

royal canadian mounted police
Fonte: www.thecanadianencyclopedia.ca

Nel Discorso del Trono del dicembre 2019, il Governatore Generale Julie Payette ha illustrato le cinque priorità del Governo, peraltro in continuità con i temi del precedente quinquennio:

  1. rafforzamento della classe media;
  2. sicurezza dei cittadini canadesi in relazione alla legislazione sulla detenzione di armi;
  3. battaglia contro il cambiamento climatico;
  4. perseguimento della strada della riconciliazione con i popoli indigeni;
  5. necessità di porre il Canada sulla strada del successo in un panorama internazionale assai incerto.

Le ultime tre tematiche hanno anche un’importante dimensione per la politica del Nord, per l’Artico, lasciato un po’ ai margini del dibattito nell’ambito delle due ultime campagne elettorali.

Almeno in apparenza. Basta considerare l’enorme dossier del cambiamento climatico, con il suo carico di sfide economiche, politiche e di sicurezza nel senso ampio del termine, per far entrare subito il Nord nella prospettiva delle più pressanti sfide politiche.

La (geo)politica artica canadese

Cominciamo dunque dall’analisi della politica artica canadese per due motivi.

  1. In primis perché è stata aggiornata lo scorso settembre. In un certo senso, è il primo tema di politica estera a cui rivolgersi. Ci permette di verificare in che termini la prospettiva e l’attenzione di Ottawa sono mutate in un decennio in cui l’Artico è diventato sempre più oggetto di attenzione mondiale.
  2. In secondo luogo, l’Artico non solo costituisce per il Canada la cifra geografica della dimensione identitaria del Paese, ma resta un dossier fondamentale poiché contiene una molteplicità di aspetti del percorso politico passato e futuro.

Tra questi vanno evidenziati una concezione di sovranità al Nord da ribadire costantemente (ad es. diritti di navigazione, Passaggio a Nord ovest, piattaforma continentale). Non come aspirazione finale ma come strumento da utilizzare per il bene nazionale e l’interesse pubblico.

L’Artico canadese si trova ad affrontare innumerevoli sfide di carattere sociale, economico, ambientale, di sicurezza.

Sulla linea del fronte del cambiamento climatico, che qui è tre volte superiore alla media del resto del Pianeta e che altera l’ambiente marino e terrestre a ritmo allarmante, emergono dilemmi e tensioni.

Da una parte la possibilità di espansione dell’economia tradizionale, dall’altra la necessità di arrestare le emissioni nocive per frenare il cambiamento climatico, di cui il Nord del mondo è, oltre che barometro, soprattutto vittima.

Relazioni internazionali estremamente dinamiche e imprevedibili, la correlazione tra un Artico maggiormente accessibile per clima e possibilità tecnologiche, le tensioni globali tra Washington e Mosca (in partnership finanziaria con la Cina) rendono l’ambiente circumpolare un’area maggiormente “contestabile” rispetto al passato, non automaticamente estranea da tensioni che hanno origine altrove.

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Un esempio di tour fra Groenlandia e Canada. La vicinanza fra le coste rende la Groenlandia un territorio americano de facto

A dieci anni dalla Strategia del Governo HarperCanada’s Northern Strategy, our North Our heritage Our Future (2009), l’effetto cumulativo delle molte pressioni interne ed internazionali ha prodotto un vortice di sfide economiche, identitarie e di sicurezza e la necessità di un nuovo approfondito dibattito in merito.

Ottawa è chiamata a far prova di una leadership rinnovata, fondata sulla visione di un Artico canadese forte, dinamico, prospero e sostenibile nei confronti del resto del Canada, così come nell’ambito internazionale, in modo da esprimere al meglio l’esercizio della sovranità.

Il Canada non ha sempre gestito la governance nel Nord in maniera uniforme, con risultati che hanno mostrato una sorta di lentezza nell’adattamento alle sfide esterne ed interne.

“Un profondo cambiamento di direzione” è ciò che si propone la nuova politica artica riassunta nel Documento emanato lo scorso settembre. Il messaggio principale è che saranno stavolta gli abitanti del Nord ad avere un ruolo di leadership nell’elaborazione e implementazione delle politiche che li riguardano.

2019-2030: l’Arctic and Northern Policy Framework

Dopo una fase di elaborazione durata almeno quattro anni, solo alla vigilia dell’inizio della campagna elettorale per le elezioni federali del 2019, il 10 settembre per la precisione, è uscito il nuovo documento Arctic and Northern Policy Framework[3] (ANFP) che costituisce la piattaforma della politica canadese che dovrà orientare l’azione di Ottawa fino al 2030.

 

Emanato dal Dipartimento della Corona per le relazioni Indigene e gli affari del Nord sostituisce la Strategia per il Nord (2009) e l’enunciato di politica estera dell’anno successivo. La tempistica ha suscitato qualche perplessità, poiché il documento avrebbe dovuto essere diffuso da tempo: Trudeau lo aveva promesso dopo l’elezione del 2015.

La sua pubblicazione è poi avvenuta “in extremis”, senza essere preceduta da un annuncio ufficiale e senza, ad esempio, recarsi al Nord. Tuttavia, da una parte una mancata pubblicazione entro l’autunno 2019 si sarebbe tradotta in una promessa elettorale infranta, finendo per incidere in maniera negativa sul partito che aveva assunto l’impegno di rinnovare la politica artica. Dall’altra, anche una visibilità ostentata avrebbe potuto a sua volta essere oggetto di critica e strumentalizzata proprio in funzione della campagna elettorale.

Indipendentemente dall’esito delle urne, che ha finito per premiare di nuovo i liberali, il lavoro avviato a livello comunicativo come nuovo approccio ai temi del Nord si potrebbe leggere come una sorta di messa in sicurezza del programma, come un’eredità da trasmettere a chiunque avrebbe avuto il compito di guidare il Paese in futuro. Ma come si è arrivati all’Arctic and Northern Policy Framework?

Artico, clima e  diritti dei popoli indigeni

Come osservato, durante la campagna elettorale del 2015 e ancora nel 2019 peraltro, le questioni riguardanti l’Artico erano rimaste in secondo piano, salvo poi presentarsi quando è cresciuta l’attenzione sulla difesa dell’ambiente ma anche sulla riconciliazione con i popoli indigeni.

Questa circostanza costituiva già una premessa sulle modalità attraverso le quali ci si sarebbe posti in merito alle questioni del Nord. Unarelazionebasata sul riconoscimento dei diritti sul rispetto, sulla cooperazione e la partnership. Trudeau ha dichiarato:

No relationship is more important to me and to Canada that the one with indigenous people.

inuit
Img Source – Attribution: Ansgar Walk / CC BY-SA

Questi concetti sono stati espressi nelle lettere di mandato ai vari Ministri e ribaditi in questa modalità a Dicembre 2019[4] .

Sulla stessa linea, a maggio 2016 il Primo Ministro ha annunciato il sostegno alla Dichiarazione sui diritti dei popoli indigeni[5], sulla quale il Governo conservatore ha mostrato esitazioni in relazione alla possibilità di accettare un free prior and informed consent da parte delle popolazioni indigene sulle questioni che li riguardano.

In merito all’agenda artica, quindi, le prime mosse del PM hanno rivelato una predilezione a considerare le questioni interne, dirigendo l’attenzione sulla resilienza delle comunità locali, senza tralasciare gli aspetti di politica internazionale conformi ai valori e interessi canadesi.

La scelta dei liberali, anche se non assegna alle popolazioni indigene un vero veto sui singoli progetti che li riguardano, rappresenta comunque un segnale di attenzione per assicurare loro una piena partecipazione alla vita politica canadese. Canada is back è lo slogan all’insegna del quale il nuovo Governo vuole portare un cambiamento nel tono politico generale.

A ben vedere le questioni si intrecciano inesorabilmente e in maniera superiore al passato, con la presenza sempre più significativa di attori esterni all’area.

La volontà del nuovo PM è stata fin dalla sua elezione per un ritorno del Paese sulla scena internazionale in termini di sforzi per contrastare il cambiamento climatico. Trudeau ha accusato il suo predecessore di non aver intrapreso azioni in proposito e fatto prevalere gli interessi economici sulla protezione ambientale.

La partecipazione attiva all’accordo di Parigi (COP 21, 2015) è stata significativa per la definizione del cambiamento di rotta in politica estera, con l’impegno alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra da attuarsi di concerto con la comunità internazionale.

COP21
Fonte: www.britannica.com

Si è preso coscienza dei limiti dell’hard power canadese, ripudiando gli schemi di impronta neoconservatrice di una politica estera condotta al di sopra dei propri mezzi e, sul piano bilaterale, il Canada ha trovato un comune sentire nell’America di Obama.

La relazione più importante per Ottawa resta quella con gli Stati Uniti.

Sul tema del clima, un punto fermo è la Dichiarazione Congiunta USA Canada su ambiente cambiamento climatico e leadership in Artico del Marzo 2016.

Le parti hanno tracciato una strada comune per l’Artico fatta di cooperazione bilaterale. L’azione sull’Artico, visto come la linea del fronte del cambiamento climatico, si articola in quattro obiettivi fondamentali:

  1. Conservazione della biodiversità attraverso un processo decisionale fondato sui dati scientifici.
  2. Collaborazione con i governi dei territori dell’Artico.
  3. Edificazione di un’economia sostenibile basata su dati scientifici. Le attività commerciali dovranno essere portate avanti assicurando i più alti standard di sicurezza ambientale, inclusi gli obiettivi globali sul cambiamento climatico e rispetto dei diritti e accordi con le popolazioni indigene. Le vie di navigazione istituite dovranno essere a basso impatto ambientale e la cooperazione tra le guardie costiere accresciuta. Si ritiene inoltre fondamentale il perseguimento di un accordo internazionale per impedire la pesca non regolata nell’oceano Artico[7].
  4. Sostegno alle comunità dell’Artico per accrescerne resilienza e benessere, rispettare diritti e territori dei popoli indigeni la cui presenza è fondamentale per sostenere le rivendicazioni territoriali.

In sostanza entrambi i Paesi intendono portare avanti una partnership al fine di sostenere e realizzare le potenzialità sociali culturali ed economiche delle comunità del Nord. In linea con gli obiettivi della Dichiarazione e con una certa alternanza delle azioni in politica estera e interna che sono tipici delle modalità di far progredire la politica artica, a novembre 2016 è stato posto un altrettanto importante tassello con il Piano per la protezione degli oceani[8].

Questo strumento è volto a migliorare il sistema di sicurezza marittima con investimenti atti a rendere le operazioni di rifornimento più veloci, sicure e efficienti per le comunità remote con un investimento di 1,5 miliardi di dollari.

Il governo si impegna ad espandere il numero delle unità ausiliari della guardia costiera canadese per aumentare la capacità di risposta alle emergenze e agli incidenti, ed una dilatazione della stagione di intervento operativo della Guardia Costiera nell’Artico.

sam ford fjord
Fonte: www.canadac3.ca

Il piano si armonizza con un più ampio approccio governativo alla sicurezza della navigazione e allo sviluppo economico. Anche in questo documento l’enfasi è sulla costruzione di una partnership con le popolazioni indigene, in particolare con le comunità abitanti sulle coste.

Questa partnership con le comunità locali rappresenta una sorta di modello per i partner territoriali e federali per investimenti economici e miglioramento delle condizioni di sicurezza in generale.

Nel dicembre 2016, una Dichiarazione Congiunta Trudeau Obama[9] ha cercato di portare avanti il discorso iniziato a marzo con un accento sulla soft security, ovvero questioni di sicurezza umana, protezione ambientale, utilizzo di cultura e scienza indigene.

In questa circostanza tuttavia i due leader, annunciando una moratoria sulle attività offshore di estrazione energetica, avevano omesso di consultare in proposito i governi locali che avevano reagito a loro volta con una certa indignazione, specie nei territori del nord ovest.

Questo “incidente di percorso” è significativo anche delle numerose contraddizioni che riguardano l’economia del Nord. Il dilemma è tra coloro che plaudono alle possibilità di espansione dell’economia tradizionale e coloro che cercano di arrestare le emissioni nocive per frenare il cambiamento climatico di cui l’Artico è non solo barometro mondiale ma soprattutto vittima.

Mentre il Canada continuava la moratoria sullo sviluppo di petrolio e gas in Artico, la presidenza Trump ha fatto il possibile per cambiare rotta su questi temi rispetto alle politiche della precedente amministrazione.

Sulla scia dell’interazione tra dichiarazioni e impegni in un contesto bilaterale e intenti di politica interna, a dicembre 2016, Trudeau ha annunciato l’intenzione di sviluppare un nuovo quadro politico per l’Artico in collaborazione con il Nord.

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Prime Minister Trudeau announces new protections for the High Arctic to boost climate change resiliency and create opportunities for Inuit ( August 1, 2019 – Iqaluit, Nunavut – Photo by Adam Scotti)

La collaborazione si giovava anche della nomina fatta a luglio della leader Inuit Mary Simons come rappresentante speciale del Ministro delle relazioni tra gli indigeni e la Corona Carolyn Bennet.

Simonsfigura già nota per la sua attenzione alla causa dei diritti degli Inuit, aveva il ruolo di esplorare la visione degli abitanti del Nord e fornire al Governo federale il loro punto di vista in merito alla preservazione dell’ambiente e agli obiettivi dello sviluppo sostenibile.

Il suo percorso di critica alla visione “militaristica” di Harper ha condotto nell’ottobre 2016 a un Documento incentrato su ambiente e sicurezza umana e un rapporto ad interim e poi ad un documento nel Marzo 2017 che identificava nelle sfide culturali politiche e socioeconomiche la questione di maggior urgenza ovvero la necessità di ovviare al divario tra l’Artico ed il resto del Paese[10]. La chiusura di questo scarto in termini di qualità della vita se realizzato potrebbe costituire una strada accelerata verso la riconciliazione.

Infine, prodromico alla nuova strategia artica è la PanTerritorial Vision, un documento del 2017 proveniente dai governi territoriali dove si riaffermano come priorità lo sviluppo delle risorse dell’innovazione, dell’infrastruttura per la costruzione di economie regionali forti.

In sintesi, questo è il processo politico e le premesse concettuali che hanno portato alla stesura di un nuovo capitolo nella partnership tra Ottawa e la popolazione indigena e, più di recente, all’emanazione dell’Arctic and Northern Policy Framework (ANPF).

I contenuti dell’Arctic and Northern Policy Framework (ANPF)

Negli ultimi cinquant’anni nessuna regione del Paese ha subito uno sviluppo politico di grandezza e rapidità paragonabili a quello che è avvenuto in Artico (M.Simons, 2017).

In tal senso il termine Framework sottolinea le molteplici sfide e questioni che gli abitanti del Nord sono chiamati ad affrontare come:

  • gli impatti del cambiamento climatico;
  • la povertà, la carenza di alloggi e le disuguaglianze;
  • la salute e la sicurezza alimentare.

Il nuovo testo è originale anche nella forma: non è una Strategia propriamente detta, ma un quadro per la politica del Nord e dell’Artico canadese, i cui obiettivi permetteranno di orientare gli investimenti e le attività del governo federale nella regione fino al 2030.

Si è proceduto verso un profondo cambiamento nell’approccio all’Artico dando luogo ad un processo collaborativo che ha visto la partecipazione attiva dei popoli dell’area. Si parte dalla constatazione per cui ad oggi le politiche provenienti da Ottawa non hanno sortito risultati efficaci.

canadian flag
A Canadian flag in Eureka, in the eastern Arctic territory of Nunavut in 2007. Canada’s Arctic Policy Framework was released in 2019 and covered everything from geopolitics and international law to security. But the policy raised eyebrows among many Arctic experts over its lack of details for moving forward on key issues. (Jeff McIntosh/The Canadian Press)

Pertanto, si passa dalla consultazione ad un’attiva collaborazione, ovvero dovranno essere i residenti dell’Artico a delineare il futuro della regione. Questa iniziativa ha quindi tra i fini di far progredire il processo di riconciliazione.

In tal senso, elemento cruciale è costituito dalla redazione di capitoli ad opera delle popolazioni autoctone tramite i quali essi stessi si rivolgono ai canadesi e al resto del mondo. Il livello di collaborazione tra le popolazioni e il governo federale è stato innovato.

Il testo è il risultato di ben 16 rounds di consultazioni attraverso il Canada e il contributo di 25 organizzazioni autoctone rappresentanti degli Inuit, First Nations Mètis e tre Governi provinciali (Manitoba, Quebec e Terra Nuova Labrador).

Il governo si è avvalso molto anche di attori sub nazionali, che hanno contribuito con la loro visione, producendo documenti: ad esempio da parte dei governi del Nunavut e dei territori del Nord ovest. Un capitolo scritto da 3 governi territoriali e uno proveniente dalla maggiore organizzazione Inuit, l’Inuit Tapiriit Kanatami.

L’enfasi sulla governance collaborativa parte dalla costatazione che le problematiche del Nord sono state individuate da Ottawa con poca partecipazione da parte delle popolazioni locali. Ciò ha portato spesso alla definizione dei problemi nella maniera non corretta oppure a evidenziare priorità errate e risposte non efficaci alle numerose sfide che presenta la regione.

Scorrendo il lungo primo capitolo si ritrovano le tematiche e problematiche poste all’attenzione del Paese da coloro che in vari modi si sono approcciati all’Artico negli ultimi anni.

  • Si indicano sfide e opportunità degli impatti dei cambiamenti climatici su società, economia, cultura e benessere delle popolazioni. Popolazioni verso le quali il governo si è già mosso nel corso degli anni con alcune iniziative, richiamate nel corso di tutto il Framework, come a collegare concettualmente i progetti già intrapresi in proposito con le azioni politiche future.
  • Come affrontare tutte le questioni in collaborazione attiva con i partner locali è il fil rouge che attraversa tutto il documento, che risente fortemente del lavoro preparatorio cominciato dal 2015 che si è fin qui menzionato.
  • Infrastrutture, economie forti, diversificate e sostenibili, protezione dell’ambiente e preservazione della biodiversità, la necessità di adottare misure più robuste per fronteggiare il cambiamento climatico non solo da parte del Canada ma anche a livello internazionale.
  • Nel complesso e competitivo contesto mondiale si deve salvaguardare l’Artico come area di pace e di cooperazione che ha il suo perno nel Consiglio Artico, luogo privilegiato per la soluzione dei problemi rispondendo alla necessità di concentrarsi in modo che la voce degli autoctoni sia rafforzata sull’Artico.
  • Per i temi di sicurezza e difesa, con il ruolo trasformatore dei cambiamenti climatici, si prospettano accresciute esigenze di protezione ambientale e di ricerca e soccorso. Anche in questa circostanza è sottolineata la necessità di un approccio pan governativo. In questo senso, una presenza militare accresciuta è considerata una misura essenziale e in particolare i RangersI Ranger sono gli “occhi e orecchie” delle FFAA, costituiscono un’importante presenza nella regione e rappresentano uno strumento “flessibile poco oneroso e culturalmente inclusivo per mostrare la bandiera” (P.Whitney Lackenbauer 2015). Pertanto, si auspica un miglioramento delle loro formazione ed efficacia.

Date queste premesse, il Framework passa ad enumerare alcuni obiettivi da raggiungere nel prossimo decennio.

Clicca sull’immagine per scoprire l’infografica relativa!

 

 

 

 

 

 

 

Popoli indigeni dell’Artico e del Nord canadesi resilienti e in salute

Tra i motivi del divario rispetto al resto del Paese, si evidenziano:

  •  la penuria di alloggi
  • un basso livello di scolarità
  • un tasso elevato di incarcerazione e disoccupazione
  • la speranza di vita inferiore rispetto al resto del Paese di 4/ 5 volte
  • le donne maggiormente vittime di violenza o di morte violenta rispetto a quanto non accade a Sud come ha rivelato il rapporto finale dell’Inchiesta nazionale 2019. Particolare di rilievo non secondario per i liberali, che hanno fatto della promozione della parità di genere uno dei pilastri del loro programma già dal 2015.

Ci si impegna tra l’altro a eliminare la povertà e sradicare la carenza di cibo, ridurre i suicidi chiudere il divario educativo, combattere le forme di violenza verso le donne autoctone adottare approcci appropriati alla giustizia, ma, evidentemente, il raggiungimento di questo obiettivo è in relazione agli altri scopi più generali ossia lo sviluppo economico, la sicurezza, la riconciliazione.

 

Economie locali e regionali forti, sostenibili e diversificate

Le questioni sono complicate dalla circostanza che ovunque in Artico, date le condizioni climatiche estreme, ogni investimento richiede un elevato livello tecnologico e consistenti investimenti.

Lo sviluppo economico nella regione è rallentato dai costi maggiormente elevati a causa delle difficili condizioni climatiche, della scarsa popolazione e delle limitate infrastrutture.

La partecipazione dei locali nella gestione delle risorse è un elemento chiave, ma è fondamentale anche stimolare la crescita di altri settori per una valida diversificazione economica, puntando ad al potenziale enorme di turismo, pesca e cultura.

Tutte possibilità economiche soggette ad ulteriori trasformazioni e potenzialità, nella misura in cui i cambiamenti climatici modificheranno l’ambiente del Nord.

Questo contribuirà anche alla crescita della classe media, uno degli obiettivi fondamentali dell’agenda liberale per l’intero Paese.

Source: Canadian Northern Economic Development Agency

Rafforzare le infrastrutture per avvicinare le regioni

Il rafforzamento delle infrastrutture è ritenuto indispensabile e in particolare ci si pone come obiettivi:

  • colmare il deficit in termini di trasporti e connettività e corridoi per il trasporto energetico
  • accrescere infrastrutture e operazioni di trasporto multimodale per collegare le comunità alle opportunità economiche canadesi e internazionali
  • miglioramento dell’accesso ai servizi essenziali, il rafforzamento dell’infrastruttura cioè a livello di comunità anche nel senso di infrastruttura sociale.

Il Governo evidenzia un finanziamento di 190 milioni di dollari per l’espansione dell’infrastruttura locale marittima e aerea.

Infatti, tramite il National Trade Corridors Fund sono stati concepiti progetti importanti per il Nunavut, come il Grays Bay Port and Road project[11] che, se completato potrebbe costituire una sorta di game changer per il territorio che sarebbe in tal modo collegato al resto del Paese.

Tra le strategie ritenute essenziali emergono dunque:

  • stabilire quali progetti avranno la priorità. Nel corso del processo di mobilizzazione, le comunità hanno espresso non solo la necessità di finanziamenti maggiori da parte del Governo Federale, ma anche il desiderio di creazione di partenariati, al fine di poter giocare un ruolo maggiormente attivo negli investimenti e nelle infrastrutture.
  • Ogni nuova infrastruttura dovrebbe essere accompagnata dal rafforzamento delle capacità locali a mantenerla, stimolando così la prosperità economica a livello locale.

La regione artica è di grande importanza dal punto di vista scientifico in particolare per quello che riguarda la questione del cambiamento climatico. L’obiettivo cioè è fare in modo che tanto il patrimonio di conoscenza indigena che la scienza orientino le decisioni in Artico.

Anche le scienze sociali sono di rilievo per rispondere alle esigenze pressanti delle comunità e, su scala internazionale, è necessario facilitare una collaborazione più solida tra gli Stati in materia di ricerca e scienza polare con inclusione del sapere autoctono.

An infographic showing framework partners, goals, key milestones and next phase.

Ecosistemi dell’Artico e del Nord canadesi sani e resilienti

La temperatura media nell’artico canadese è aumentata 2/3 volte più velocemente rispetto alla media mondiale. Questo cambiamento ha determinato una pressione immensa su comunità, ecosistemi e infrastrutture dell’artico del Nord.

Evidentemente le misure prese a livello nazionale non sono sufficienti, perché le cause dei fenomeni, di natura antropica, provengono da altre regioni e la loro portata mondiale ha nondimeno una incidenza enorme sugli abitanti del Canada del nord.

Sono numerose le misure da adottare sia di adattamento che di mitigazione volte a facilitare ad esempio una navigazione sicura e responsabile.

  • Ridurre le emissioni di gas ad effetto serra;
  • mantenere e ristabilire ecosistemi sostenibili;
  • adottare un approccio olistico ed integrato per la pianificazione, la gestione e lo sviluppo dell’ambiente;
  • rafforzare la prevenzione e attenuazione dell’inquinamento sul piano regionale, nazionale e internazionale.

Un ordine internazionale fondato sulle norme

La regione è nota per un elevato livello di cooperazione internazionale e negli ultimi decenni ha attirato l’attenzione e gli interessi di Stati anche non artici.

Infatti, l’ordine (o piuttosto il disordine) internazionale non è statico, ma subisce come rilevato evoluzioni rapide anche in funzione di cambiamenti climatici e geopolitici.

In questa evoluzione, la legislazione interna e internazionale giocherà un ruolo chiave per risolvere le questioni delle frontiere, dinamizzare la leadership canadese, aumentare la partecipazione dei canadesi nelle tribune internazionali di riferimento, rafforzare la collaborazione con attori artici e non solo.

La riconciliazione sostiene l’autodeterminazione e alimenta relazioni reciprocamente rispettose tra popoli autoctoni e non autoctoni. In tal senso la Commissione di conciliazione ritiene che il processo consista nel mantenere una relazione di rispetto reciproco tra i popoli autoctoni e non autoctoni, prendere coscienza del passato, riconoscere gli errori, i torti causati, cambiare i comportamenti.

Il governo si impegna dunque ad adottare nuove misure per migliorare e rinnovare le relazioni con i popoli autoctoni e farà del rispetto dei loro diritti il fondamento della propria azione, trovando anche nuove modalità con Prime Nazioni, Metis e Inuit, tramite meccanismi bilaterali permanenti di partenariato per far progredire le priorità comuni.

Per colmare il divario socio-economico, la collaborazione tra tutti i soggetti, governi, organizzazioni autonome, Territori, Province si baserà sulla messa in atto delle azioni suggerite dalla Commissione di verità e riconciliazione del Canada, sulla Dichiarazione delle Nazioni Unite, sui diritti dei popoli autoctoni e su quanto elaborato nel Framework.

Infine, si farà in modo che questi popoli abbiano capacità di concludere trattati e accordi con la Corona, gettando le basi di relazioni permanenti. La governance e l’autodeterminazione favoriranno la riconciliazione contribuendo alla costituzione di comunità più forti.

Una roadmap alla prova

Alcune perplessità sul questo Documento per la politica dell’Artico e del Nord sono state avanzate dagli esperti. La critica più frequente che è quella relativa alla mancanza di specificità e di dettagli sulla modalità di finanziamento ed implementazione che è caratteristica di tutto il Framework.

L’utilità dell’enunciazione di una roadmap decennale “non assolve” da una chiara mancanza di direzione in merito alla messa in pratica. Il testo non ha la pretesa di essere una Strategia di per sé e indica espressamente che si tratta di una fase preliminare a cui seguirà, come prossima tappa, l’elaborazione congiunta della messa in atto vera e propria di investimenti e di governance con lo scopo di adottare approcci maggiormente integrati al livello federale, territoriale e provinciale.

regioni canadaAnche in questo senso andranno considerati i capitoli dei vari partner con lo scopo di migliorare nei fatti le condizioni di vita delle popolazioni autoctone. Evidentemente il testo è frutto del complesso processo che lo ha generato, l’elaborazione congiunta di una varietà di politiche attraverso una vasta regione.

Prova delle difficoltà incontrate sia il fatto che le parti ed il governo centrale hanno ammesso che non sempre è stato possibile raggiungere un’uniformità di vedute. Un tema critico per il Nord, ma anche per il resto del Paese è, ad esempio, come mettere in ordine differenti iniziative e priorità in particolar modo quando le questioni sono fondamentali, come infrastrutture e risorse, sfruttamento delle risorse energetiche poco compatibili con la lotta contro il cambiamento climatico.

Altro tema è come superare i disaccordi e trovare il consenso anche in linea con il ruolo di primo piano dato alle popolazioni locali. Il Framework resta comunque un documento ambizioso al punto che, se la roadmap dovesse trasformarsi in azione concreta nel prossimo decennio, potrebbe significare un passo significativo nella direzione di un Artico più forte.

La Strategia di Harper, un decennio fa, aveva posto minore enfasi sul cambiamento climatico e maggiore attenzione all’aspetto di hard security. Il Framework accentua il focus sul cambiamento climatico e attenua la narrativa conflittuale.

Come aveva fatto nel 2015 il ministro degli Esteri Stéphane Dion[12], il Framework riapre inoltre un dialogo con la Russia in Artico, malgrado la degradazione altrove dei rapporti di Mosca con l’Occidente, per un dialogo bilaterale su aree chiave come i popoli indigeni, la cooperazione scientifica la protezione ambientale e S&R (search and rescue).

Sul tema difesa, a cui è stavolta dedicato un capitolo nel complesso documento[13], si ripetono molti elementi della Strategia di difesa emanata nel 2017 Strong Secure engaged, in cui si sottolinea l’importanza della presenza militare nella regione nonché la collaborazione con i partner internazionali.

Al momento in cui si scrive, è in corso l’esercitazione NA NU 2020 (24 Febbraio- 27 Marzo), con la partecipazione internazionale di Stati Uniti (86ma Brigata di Fanteria) Belgio, Finlandia e Francia “with a renewed focus on our operational capabilities and effectiveness in the High Arctic” (Brigadier-General Patrick Carpentier, Commander, Joint Task Force North).

Nel 2009, quattro erano stati i fondamenti della strategia del Governo Harper:

  1. esercitare la sovranità nell’Artico;
  2. promuovere lo sviluppo economico e sociale;
  3. proteggere ambiente e patrimonio;
  4. decentrare e migliorare la governance del Nord.

Non può dirsi che la caratterizzazione della politica artica canadese che emerge dal confronto con il testo del 2019 sia troppo distante.

Gli aspetti in comune che si possono rintracciare sono:

  • la visione del Canada come attore fondamentale nella regione;
  • la consapevolezza di una economia artica in crescita;
  •  il riconoscimento di carenze nella governance artica;
  • il focus e il ruolo degli abitanti del Nord nella risoluzione delle problematiche dell’area.

E anche per quanto riguarda l’assenza nel nuovo testo di dettagli sui programmi di spesa, lo stesso a grandi linee potrebbe dirsi della Strategia 2009. Si è sempre registrato un certo divario tra la narrativa costruita attorno all’importanza identitaria dell’Artico per il Canada come nazione nordica e le risorse messe in campo per ovviare a questa disparità, per trasformare la narrativa in azione.

Il Framework ha cambiato l’approccio che potrebbe superare questa dicotomia.

Nel momento in cui i cambiamenti climatici e i nuovi imperativi geo strategici incidono significativamente sul mondo circumpolare, un nuovo approccio di governance collaborativa incentrato su sviluppo, diplomazia e difesa potrebbe rendere il Nord, e dunque il Canada, più forte.

Laura Borzi, Centro Studi Italia-Canada 

[1]https://pm.gc.ca/en/news/speeches/2020/02/14/prime-ministers-remarks-munich-security-conference

[2] OECD Economic Outlook, Interim Report March 2020.

[3]https://www.rcaanc-cirnac.gc.ca/eng/1560523306861/1560523330587

[4]https://sencanada.ca/content/sen/committee/421/ARCT/Briefs/2018-10-01_NRC_e.pdf

[5]https://www.un.org/esa/socdev/unpfii/documents/DRIPS_en.pdf

[6]https://pm.gc.ca/en/news/statements/2016/03/10/us-canada-joint-statement-climate-energy-and-arctic-leadership

[7]L’accordo internazionale che impedisce la pesca non regolamentata nelle acque di altura è stato firmato il 3 Ottobre 2018 da parte dei 5 Stati costieri Arctic Five oltreché da Cina UE, Islanda Giappone e Corea del Sud. Commercial fishing banned across much of the Arctic, The Guardian, 3 october ,2018 | Link

[8]https://www.tc.gc.ca/en/campaigns/protecting-coasts.html

[9]https://pm.gc.ca/en/news/statements/2016/12/20/united-states-canada-joint-arctic-leaders-statement

[10] https://www.rcaanc-cirnac.gc.ca/fra/1492708558500/1537886544718

[11]https://sencanada.ca/content/sen/committee/421/ARCT/Briefs/2018-10-01_NRC_e.pdf

[12]https://ottawacitizen.com/news/politics/canada-ready-to-re-engage-with-russia-iran-despite-differences-dion-says

[13]https://www.rcaanc-cirnac.gc.ca/eng/1562939617400/1562939658000

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Laura Borzi
the authorLaura Borzi
Laura Borzi è analista presso il Centro Studi Italia Canada con focus su Artico canadese e la politica estera di Ottawa. Laureata in Scienze politiche e Relazioni Internazionali (Università di Siena ) si è occupata di disarmo e arms control presso Ce.Mi.S.S ( Centro Militare Studi Strategici,Ministero della Difesa ) e ha successivamente conseguito un master in Sviluppo sostenibile Geopolitica delle Risorse e Studi Artici ( SIOI- Roma). Aree di interesse: geopolitica dell'Artico, sicurezza e difesa.

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